"Dai fondi di caffè ricaviamo energia ed antiossidanti". A dirlo (e a farlo) sono Roberto Lavecchia e Antonio Zuorro del Dipartimento di Ingegneria Chimica della Sapienza.


Warning: Use of undefined constant wp_hl_message_license_content - assumed 'wp_hl_message_license_content' (this will throw an Error in a future version of PHP) in D:\inetpub\webs\inambienteit\wp-content\plugins\wp-hl-message\wp-hl-message.php on line 43

InAmbienTe è un portale nato da una semplicissima idea: la condivisione. Ho iniziato condividendo i miei appunti e, nel tempo, molti di voi utenti si sono uniti. Ecco perché ti chiedo, se ne hai la voglia o la possibilità, di condividere il tuo materiale didattico: anche un solo file, una sola pagina o un solo pensiero.

Manda i tuoi appunti ad condivisione(chiocciola)inambiente.it

Grazie mille.

Per scaricare gli appunti non è più necessaria la registrazione.

chiudi

Quando un dipartimento di chimica universitario mette a punto un procedimento utile e funzionale non possiamo che essere felici. E mai come questa volta lo siamo visto che a farlo è stata una coppia di ricercatori italiani che operano in una univerità italiana.

Fondi di caffè - Foto FlickrRoberto Lavecchia e Antonio Zuorro, fanno i ricercatori alla Sapienza di Roma, svolgono la loro attività di ricerca al dipartimento di Ingegneria Chimica ed hanno trovato un modo di rendere utile i fondi di caffè. In pratica, tramite un procedimento semplice ma innovativo, riescono ad estrarre dai residui del caffè, un potente antiossidante. Quello che fanno è molto semplice: da una miscela di acqua ed etanolo (alcool presente nel vino ed in altre bevande naturali) riescono ad assorbire i polifenoli presenti nei fondi del caffè.

I polifenoli sono sostanze naturali con spiccate caratteristiche antiossidanti (molto pù alta di numerose sostanze sintetiche), molto utilizzati nella cosmetica (antinvecchiamento) e nelle diete alimentari. Il processo prevede anche il recupero sia dell’acqua che dell’etanolo che vengono poi ricircolati all’interno del procedimento in modo da ridurre al minimo i consumi e gli scarti da smaltire. Quello che resta, un residuo solido può essere utilizzato come letto adsorbente per la rimozione di metalli pensati dall’acqua come Cadmio, Mercurio, Cromo, ecc. Oppure, avendo un potere calorifico molto elevato (superiore anche al legno), può essere facilemente trasformato in pellets o bricchette per alimentare stufe, caldaie o caminetti.

Insomma, un procedimento che prevede l’utilizzazione di sostanze naturali quali acqua ed etanolo per etrarre ancora una sostanza naturale, i polifenoli, e per fornire un utile supporto alla rimozione di sostanze pericolose come i metalli pesanti o, in alternativa, per fornire un ottimo combustibile per il riscaldamento urbano. Oserei dire un processo autosostenibile, non trovate?

Lascia un commento