Aspetti normativi ed operativi nella realizzazione di un impianto di termovalorizzazione, prima parte.


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Alla base di una scelta forte, come quella della realizzazione di un impianto di termovalorizzazione, ci deve essere un’attenta analisi. Bisogna tener conto di una serie di realtà che possono condizionare il progetto e vanificarlo nei casi pù estremi. Tra i principali punti condizionanti ci sono le relazioni esistenti tra la salute umana e l’ambiente (principale preoccupazione della comunità pù prossima all’impianto), le conoscenze di chi dovrà operare a livello locale e i tempi di consapevolezza del rischio e quindi i tempi necessari a prendere una decisione certa e sicura. Come si può notare, questi aspetti non sono marginali e di poco conto e, per avere un metodo decisionale ideale ed oggettivamente giusto c’è bisogno di una chiara indicazione normativa che ci permetta di valutare quale sarà l’impatto ambientale dell’opera sotto tutti i punti di vista: comunità, operatori e decisori.

Ciminiera di un termovalorizzatore

In questo ci aiuta la normativa in materia ambientale, anche se in Italia c’è una forte confusione in merito. Infatti, lo strumento che avrebbe dovuto mettere ordine in questo senso (in Testo Unico, ovvero il DL 152/06) ha, di fatti, creato maggiore confusione. Comunque, le linee generali che la normativa prevede nel momento in cui si ha l’intenzione di realizzare un progetto come quello di un impianto di termovalorizzazione sono sostanzialmente:

  1. VAS: Valutazione Ambientale Strategica, che è un processo sistematico che valuta le conseguenze, sul piano ambientale, delle azioni proposte nell’ambito di iniziative nazionali, regionali o locali. L’obbiettivo è di considerare tutti gli aspetti formali sin dalle prime fasi (strategiche). La valutazione prevede anche consultazioni transfrontaliere nel caso in cui il progetto potrà avere conseguenze anche su paese terzi.
  2. VIA: Valutazione di Impatto Ambientale, che descrive gli effetti diretti ed indiretti di un progetto e delle sue principali alternative. Interessante aspetto della VIA è quello di considerare anche “l’alternativa zero”, cioè il caso in cui l’opera non viene realizzata. Gli effetti da valutare sono sull’uomo, sulla fauna, sul suolo, sulle acque di superficie e sotterranee, sull’aria, sul clima, sul paesaggio e sull’interazione tra detti fattori. Altri fattori importanti su cui valutare l’impatto sono i beni materiali, il patrimonio colturale, sociale ed ambientale.
  3. IPPC: Autorizzazione Integrata Ambientale, indica che l’azione deve essere incentrata su un approccio integrato per la prevenzione e la riduzione dell’inquinamento proveniente dai settori produttivi individuati in allegati alla normativa. Ci deve essere un coordinamento delle autorità sia in relazione alle autorizzazioni per la costruzione degli impianti, sia nel controllo delle emissioni nell’ambiente considerato come un “unicum” da proteggere.

Caratterizzazione ante-operam.

Alla luce delle considerazioni normative, è importante, prima di relizzare l’opera, avere una chiara visione della situazione ambientale della zona nella quale si inserirà l’impianto e sulla quale l’impianto avrà un impatto. Sarà opportuno fare uno screening del terrotorio ed analizzare la condizione ambientale di acqua, suolo ed aria.

Acqua. Si andrà ad analizzare lo stato dei corpi idrici superficiali misurando le caratteristiche fisico-chimiche: pH, T, durezza, conducibilità, ossigeno disciolto, Solidi Sospesi, COD, BOD, per poi passare ad una caratterizzazione in termini di qualità dei corpi idrici tramite dei bioindicatori. Per i corpi idrici sotterranei si procederà alla caratterizzazione delle falde ed alla loro potenziale potabilizzazione, inoltre si provvederà a monitorare le variazioni spaziali e temporali in un determinato intervallo di tempo. Altro fattore da monitorare riguarda l’azione antropica sui corpi idrici e la determinazione di tutti i composti che per effetto dell’attività umana sono presenti nelle acque: metalli pesanti, sali inorganici come cloruri e solfati, comporti organici come fenoli, PCDD (poli-cloro-dibenzo-diossani) e PCDF (poli-cloro-dibenzo-furani).

Suolo. come per l’acqua è necessario avere una chiara visione delle situazione geolitologica e geostrutturale del territorio nel quali insisterà l’impianto. Aspetto molto importante è la situazione idrogeologica del territorio soprattutto in termini di permeabilità e di circolazione delle acque nel sottosuolo, questo per verificare gli effetti di eventuali emissioni sottoforma di liquami. Altri aspetti riguardano l’uso sociale del territorio in termini di elementi e composti naturali presenti nel territorio utili alla comunità. Anche per il suolo si terrà conto dell’azione antropica esercitata.

Aria. Ci si riferisce al D.M. 261/02 che prevede una caratterizzazione della qualità dell’aria in relazione alle caratteristiche dell’impianto, la sua localizzazione geografica e le condizioni ambientali locali (vento, piovosità, eccetera). Per tener conto di ciò è necessario conoscere la climatologia della zona con dati meteorologici su base oraria, giornaliera, mensile ed annuale. È importante, quindi, conoscere i regimi termporali e spaziali delle precipitazioni e delle temperature, gli eventuali legami tra questi fattori e la circolazione atmosferica. Non in ultimo è importante valutare gli eventi intensi di precipitazioni e di vento ed il loto tempo medio di ritorno. In questo ci aiutano molto i sistemi GIS (Geographic Information Systems), che ci consentono di avere una chiara visione di tutte le caratteristiche del territorio.

Caratterizzazione post-operam.

In seguito alla realizzazione dell’opera è importantissimo monitorare l’ambiente in modo da verificare se gli effetti reali siano in linea con quanto previsto, fase terminale della VIA. Si dovranno monitorare: l’aria, l’ambiente idrico, suolo e sottosuolo, il rumore e le vibrazioni, la vegetazione, la fauna e ecosistemi.

Aria. Si provvederanno a monitorare gli effetti delle emissioni al camino, gli effetti delle concentrazioni in atmosfera e gli effetti delle ricadute al suolo. Dovremo tener conto sia dei macroinquinanti che sono in grado di generare effetti acuti per brevi tempi di esposizioni a concentrazioni che superano determinati livelli di soglia (CO, SO2), sia dei microinquinanti che sono responsabili di danni alla salute e all’ambiente per esposizioni prolungate anche a concentrazioni molto basse (diossine, furani, IPA, metalli pesanti). Per i macroinquinanti ho sistemi di campionatura automatici, di solito in corrispendenza delle fonti (ad esempio il camino), per i microinquinanti ho procedure di campionatura spesso indirette con procedimenti analitici complessi.

Biomonitoraggio. Si utilizzeranno dei biosensori che dovranno essere sensibili, ubiquitari, stazionari e longevi. Si dividono in: bioaccumulatori, che trattengono la sostanza inquinante all’interno di tessuti che verranno poi analizzati; bioindicatori, che manifestano la presenza di un inquinante attraverso l’alterazione della morfologia strutturale (macchie sulle foglie, deperimento, eccetera).

3 pensieri su “Aspetti normativi ed operativi nella realizzazione di un impianto di termovalorizzazione, prima parte.

  1. Pingback:   Aspetti normativi ed operativi nella realizzazione di un impianto di termovalorizzazione, seconda parte. by InBlog

  2. Edoardo

    Dalla sintesi fatta da Domenico si può ben capire come norme e tecnologia siano in avanti in questo settore, il vero problema almeno in Campania è la scarsa attenzione ai temi ambientali.Ci si accorge di avere un sistema obsoleto di smaltimento dei rifiuti solo quando la “monnezza” arriva al 2° piano degli edifici .

  3. domdin

    Beh… si! Edoardo ha perfettamente ragione. La tecnologia e le motodologie, in tema di gestione dei rifiuti, sono all’avanguardia. Se si pensa che in tutto il mondo siamo circa 6 miliardi di persone e se si considera che una persona in media (volendo fare cifra tonda) produce 1kg di rifiuto, facendo due conti, nel mondo si producono 6 milioni di t di rifiuti al giorno… se non ci fossero adeguati sistemi di smaltimento, con questa mole di rifiuti, la terra sarebbe già tutta bella piena di diossina, furani, percolato nelle falde, niente acqua da bere, puzza a 360°… eccetera… eccetera…. eccetera…

    Il problema della Campania è “politico” anche se da politico, per la gioia delle ecomafie (anch’esse molto politiche) oramai sta diventando sociale ed è questo che mi fa più paura…

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