"L'aria che respiriamo non è né di destra né di sinistra", con queste parole inizia l'interessante dibattito promosso dall'IISE.


Warning: Use of undefined constant wp_hl_message_license_content - assumed 'wp_hl_message_license_content' (this will throw an Error in a future version of PHP) in D:\inetpub\webs\inambienteit\wp-content\plugins\wp-hl-message\wp-hl-message.php on line 43

InAmbienTe è un portale nato da una semplicissima idea: la condivisione. Ho iniziato condividendo i miei appunti e, nel tempo, molti di voi utenti si sono uniti. Ecco perché ti chiedo, se ne hai la voglia o la possibilità, di condividere il tuo materiale didattico: anche un solo file, una sola pagina o un solo pensiero.

Manda i tuoi appunti ad condivisione(chiocciola)inambiente.it

Grazie mille.

Per scaricare gli appunti non è più necessaria la registrazione.

chiudi

Si comincia con una breve introduzione richiamando un evento che quattro anni fa, proprio nel Palazzo Palumbo di Giugliano (sede del convegno e sede dell’iise), vide per la prima volta la presentazione di uno studio sugli effetti che i rifiuti hanno sulla salute umana. Quattro anni sono passati senza che ci sia stata chiarezza su questi aspetti. “L’aria che respiriamo non è né di destra né di sinistra” conclude il relatore prima di introdurre il video di Pino Faiello, il riferimento è alla classe politica che troppo spesso si tira indietro davanti a responsabilità oggettive e sacrosante.

Il video di Faiello è significativo ma non manifesta nulla di nuovo. Ci si ritrova, come sempre ultimamente, a vedere le immagini della nostra terra, le nostre discariche abbandonate, la nostra valle delle Piramidi. Fa effetto, comunque, ascoltare la voce dei contadini, delle persone che nascendo in quella terra hanno assaporato la natura e la fertilità di quei luoghi per poi viverne l’insensato annientamento. Si potano gli alberi a pochi metri dalle “balle”, si guardano le piante secche e non ci si crede. Come può una terra che era il polmone di Napoli, diventarela pattumiera d’Italia. “L’acqua di questa terra l’abbiamo sempre bevuta senza paura – urla un contadino con le mani consumate dalla fatica, ed aggiunge – questa che vedete è una vera bomba atomica”. Il video, pieno di effetti psichedelici e di luci contrastanti, viene accompagnato da strani suoni, una scelta del giovane regista che vuole sicuramente accompagnare l’assurdità ed il contrasto che vive la nostra terra in questa lunga odissea chiamata “emergenza rifiuti”.

Il primo a parlare (e l’unico che riusciamo a sentire, visti i tempi lunghissimi del convegno) è il colonnello Gianpiero Angeli, ex ufficiale dell’esercito e ora parte dell’assise di Palazzo Marigliano. Il suo non è un contributo tecnico, né tantomeno istituzionale. Angeli è semplicemente un cittadino che per questioni personali ha iniziato un percorso informativo che, grazie ad internet, l’ha portato ad essere uno dei maggiori esperti della nostra emergenza e dei suoi lati bui.

Si parte dall’attuale disposizione delle discariche sul nostro territorio e la prima cosa che ci balza alla vista è che la maggiorparte dei siti di conferimento dei rifiuti, abusivi e non, si trovano in corrispondenza delle zone agricole di Napoli e Caserta, mentra il salernitano viene lasciato quasi completamente libero. Come a voler sottolineare dei confini territoriali e lo stretto legame che c’è tra alcuni contadini e le attivita ecomafiose. Basti pensare che nel 2001, Napoli e Caserta erano già sature. Un’altro aspetto molto interessante è l’assenza assoluta di qualsiasi bonifica. L’opera dello stato e delle istituzioni direttamente interessate, quando le cose vanno bene, si ferma alla semplice messa in sicurezza. In pratica, si recinta la zone (alla men peggio) per poi lasciarla abbandonata a se stessa in attesa di chissà quale miracolo.

Segnaliamo che nella sala è presenta anche una giornalista di Bruxelles venuta per intervistare Raffaele Del Giudice e la signora Bruna Gambardella, una delle persone intossicate dalla diossina.

Uno dei mali maggiori di tutta questa vicenda, afferma il colonnello, è che ci sono persone che ancora oggi affermano che chi vive in questa terra, a contatto perenne con le discariche abusive, non ha nessun problema di salute. Non c’è nessuna correlazione tra la pessima e criminale gestione dei rifiuti e le malattie tumorali delle quali ci si ammala frequentemente. All’intervento del colonnello, si aggiunge anche quello dell’oncologo Marfella che reputa criminale la volotà di chiudere le bocche alle persone che vogliono denunciare la propria malattia. Come è criminale non dare eco a notizie molto significative, come la notizia che l’Asl Ce2 ha bloccato la produzione di latte perché contaminato, riportata in sole tre righe da Repubblica.

Si fa anche riferimento al caso emblematico delle pecore del signor Canavacciulo, che ha visto l’annientamento del proprio gregge. Migliaia di pecore abbattute perché inquinate dalla diossina è lo stesso allevatore è malato di tumore. Ormai di pecore non ce ne sono pù nella zona di Acerra, dove prima c’erano numerosi pascoli ora ci sono numerosi casi sospetti di tumore. “È strano – afferma il dott. Marfella – come sia possibile non raccogliere questo segnale”. E si, perché le pecore, essendo animali che oltre a mangiare l’erba mangiano anche una certa percentuale di terreno, sono i primi soggetti indicatori di quanto possa essere malsana la natura di quei pascoli. Ormai di pecore non ce ne sono pù e con esse è stato abbattuto anche uno dei maggiori strumenti di monitoraggio. “Ricompriamo le pecore agli allevatori – conclude Marfella – almeno così riusciremo a capire se la situazione peggiora o meno”.

L’analisi del colonnello Angeli, si conclude con i metalli pesanti e le PCB che, in seguito a misurazioni che ha fatto a sue spese, sono anche pù presenti delle diossine. Dalle analisi, risulta una presenza di PCB molto elevata nell’organismo di alcuni individui che vivono nelle zone interessante dal maggiore inquinamento. Pensate che la legge impone l’abbattimento degli animali che superano una valore di PCB di 1 microgrammo/kg, secondo questa logica, parte di quelle persone dovrebbe essere abbattuta.

In pratica, conclude il dott. Marfella, basterebbe fare le analisi ad un campione di almeno 200 individui e, considerando che queste analisi costano circa 1500 euro, servirebbero solo 300mila euro per dare un forte segnale alle persone che si ostinano a dire che nella nostra terra non si muore per i rifiuti.

Lascia un commento