Archivio dell'autore: Domenico Di Nardo

Moduli abitativi di legno per le emergenze post catastrofe: confortevoli, facili da montare e riutilizzabili. Da Torino a Palermo la ricerca propone sistemi per la gestione delle emergenze.

Non vogliamo occuparci della catastrofe in modo retorico, come si sta facendo a pù riprese nei vai telegiornali o nelle varie trasmissioni televisive di inchiesta, vogliamo introdurre un interessante progetto di ricerca tutto italiano che potrebbe rendere pù agevole il ritorno alla normalità in situazioni del genere.

L’obbiettivo dei ricercatori del Diset (Dipartimento di Ingegneria dei Sistemi Edilizi e Territoriali di Torino) è quello di realizzare dei prototipi di abitazioni di emergenza da utilizzare proprio in seguito ai terremoti. In pratica si punta alla realizzazione di moduli abitativi di legno facili da trasportare e da installare e molto pù confortevoli delle tende. L’utilità di queste casette lignee è molteplice a partire dal miglior confort abitativo a finire ad una pù sostenibile risposta psicologica della popolazione. Oltre alla facilità del trasporto sarà semplice anche il montaggio, infatti i moduli verranno forniti di manuale di emergenza e cd-rom con immagini in 3D.

“Stiamo studiando sistemi costruttivi stratificati a secco, in una settimana si possono costruire moduli da 25 a 40 mq – dice il Professor Carlo Ostoreto, del DISET– il tutto partendo dal principio che per una comunità traumatizzata sia molto importante da un punto di vista psicologico essere subito coinvolta nel processo partecipativo di ricostruzione delle proprie abitazioni”.

L’unico deterrente nell’utilizzo di questi moduli abitativi è il prezzo, infatti una casetta di legno di questo tipo costa circa 20mila euro, molto di pù di una tenda ma di sicuro è una soluzione pù a lungo termine.

“Sei mesi è il tempo di permanenza ideale in un alloggio temporaneo ma sappiamo che per ricostruire una città ci vogliono tempi pù lunghi, a seconda anche di come è stata colpita l’area (nel caso dell’Abruzzo in modo molto grave) – ha spiegato Alberto Giacardi ricercatore del DISET alla redazion di wired italia – questa è un’abitazione ben diversa, soprattutto se si considera che i tempi di reazione ad una emergenza abitativa sono di 5-6 anni, e stare in una tenda può dinvetare un problema”.

“Di sicuro ha costi maggiori – ammette Giacardi – ma il vantaggio è che anche quando l’emergenza abitativa finisce può essere traformata in una nuova casa permanente, addossando ad esempio strutture murarie su questo stesso modulo, che può essere facilmente inglobato in sul territorio, oppore essere smontato in modo molto pratico”.

A Palermo, l’architetto Natale Salamone, sta sviluppando un sistema molto simile al modulo abitativo ligneo del Diset, ma con il vantaggio di essere smontabile e riutilizzabile fino a 100 volte. L’obbiettivo è sempre lo stesso: quello di rendere un maggior confort alle persone colpite dal terremoto.

“Teniamo conto anche della “sostenibilità psicologica” degli abitanti, dice Giacardi che ha sviluppato il CD rom multimedia per costruire queste abitazioni prefabbricate. Questo strumento, ci dice lui, potrebbe magari essere usato dalla protezione civile per migliorare l’organizzazione dell’emergenza abitativa. Si tratta in pratica di un software che si può far girare anche su un netbook (economico e facile da usare) per vedere modelli tridimensionali della soluzione abitativa che potrebbe essere pù consona (considerati nuclei fino a 12 persone) con tutti i dettagli in 3D su come montare il modulo.

“Lasciare le persone su una branda non è il modo migliore per aiutarli, – conclude Giacardi – la chiave per superare le situazioni di emergenza è creare spirito di gruppo e coinvolgere le persone attivamente nel processo di ricostruzione”.

Fonte: wired.it

La speranza del nuovo presidente che vuole riposizionare al suo posto la scienza. Sarà fatto?

Quando improvvisamente vieni spinto su di un nuovo binario, beh…, l’equilibrio è difficile da raggiungere, soprattutto se eventi imprevedibili condizionano il tuo locomotore. Ma, nonostante tutto, bisogna pure trovare il tempo per le vecchie e consilidate passioni… ed eccomi qua!

Mentre io provo a ripartire con questo mio bel sito, dall’altra parte del mondo, il primo presidente americano di colore comincia un’avventura che ha già cambiato ognuno di noi. Capisco che il parallelo è un po’ forzato ma va a pennello con l’argomento di questo nuovo post: l’economia, l’ambiente e le fonti rinnovabili.

Che i presidenti americani siano bravi oratori, su questo non ci piove (se solo i nostri politici avessero anche solo il 10% delle capacità di comunicazione dei politici americani, saremmo sicuramente un paese pù civile), ma quanto i discorsi servano a convincere la gente e basta, questo non ci è dato sapere. È facile e fa tendenza parlare di ambiente, di energie rinnovabili, di solate e di tutto quello che è buono e che fa bene alla collettività, ma il difficile è rendere reale ciò che la propaganda promette. Proprio su questi temi voglio sensibilizzare i miei cari amici e lettori.

«Ci servirà riposizionare la scienza al suo giusto posto, e dobbiamo chiedere alla tecnologica di lavorare per aumentare la qualità dell´assistenza sanitaria e abbassare i costi. Noi sfrutteremo il sole e il vento e il suolo per nutrire le nostre macchine e far funzionare le nostre fabbriche. E noi trasformeremo le nostre scuole e college e le università per soddisfare le esigenze di una nuova era. Tutto questo lo possiamo fare. E tutto questo lo faremo».

Queste le semplici parole di Obama, che se andiamo ad analizzare sarebbero da tatuare sulla schiena di ogni essere umano. Basta partire dalla prima proposizione: ci servirà riposizionare la scienza al suo giusto posto. Detta da un cittadino che vive nella patria della ricerca e dello sviluppo in ambito scientifico ci fa capire quanto il nostro paese, se non l’Europa intera, sia indietro. Sia chiaro, io non sono filo-americano, spesso il loro modo di fare non mi piace e non lo condivido, ma come nazione e come popolo c’è molto da imparare da loro. Mettere la scienza al giusto posto è cosa buona è giusta, basti pensare che si era pù legati alla scienza nel rinascimento o nell’illuminismo che oggi, ed è paradossale visto che l’unico obbiettivo sembra quello di avere il cellulare pù tecnologico invece che pù efficiente per noi e per l’ambiente.

Quello che Obama dice nella seconda proposizione, e cioè che dobbiamo chiedere alla tecnologica di lavorare per aumentare la qualità dell´assistenza sanitaria e abbassare i costi, forse ha dell’icredibile, almeno lo ha per me. Avere una visione così aperta dello sviluppo e non pensare alla tecnologia come sola espressione del progresso è davvero l’inizio di un nuovo percorso sociale. In pratica, vuole dire: tecnologia migliore uguale cittadini meglio assistiti. Lavorare per migliorare la vita e non per vendere pù cellulari o pocket-pc o chissà cos’altro.

Noi sfrutteremo il sole e il vento e il suolo per nutrire le nostre macchine e far funzionare le nostre fabbriche, questa, la terza proposizione, è forse la pù banale e la pù inflazionata ma è, senza dubbio, la formula futura della sopravvivenza. Sfruttare la natura per rendere naturale il processo evolutivo. Il sole è una fonte prorompente di energia e disperderlo è davvero stupido, così come il vento e le innumerevoli proprietà energetiche della terra. Catturare l’energia che invece andrebbe persa per convertirla in utilità e sviluppo è l’equazione cardine della società eco-sostenibile.

La quarta proposizione è quella che ho gradito di pù: noi trasformeremo le nostre scuole e college e le università per soddisfare le esigenze di una nuova era. Le nostre università stanno combattendo per la sopravvivenza, per restare a galla, le università pù antiche del mondo vivono l’agonia della distruzione mentre Obama si impegna a trasformale le sue in strumenti efficiente per la nuova era. Avere un sistema di istruzione efficiente e funzionale, che tenga conto di quanto il mondo e chi ci vive siano cambiati è l’unico modo per avere, domani, scienziati e cittadini pronti a vivere il presente. E credo proprio che da noi, questo, non lo hanno capito.

Tutto questo lo possiamo fare. E non è l’unico a pensarlo, perché sono convinto che anche da noi tutte queste semplici proposizioni possano essere messe in pratica con profitti molto superiori a quelli degli americani, ma, come sappiamo, siamo inadeguati al cambiamento, così come lo sono i nostri politici.

E tutto questo lo faremo. Questo è l’unico punto che mi preoccupa. Infatti, ritornando alla frase di apertura di questo mio post, saper orare è un conto ma mettere in pratica ciò che si è detto è tutt’altra cosa. Almeno la speranza e lo slancio delle belle parole ci sono ma c’è anche il dovere e l’impegno di rendere reale un sogno che può davvero cambiare il mondo. Lo sviluppo è, per definizione, crescita, e quando si cresce bisogna anche imparare nuove cose… beh… Obama ce ne ha insegnata qualcuna, ma ora bisogna imparare a… fare.

P.s. Ringrazio Edoardo per lo slancio che mi ha dato nel ripartire.

Il Premio Nobel per la Fisica snobba clamorosamente l'Italia. Cabibbo nemmeno menzionato.

La notizia lascia davvero l’amaro in bocca, e la ragione è molto semplice: il fisico italiano che ha dato origine alla ricerca che ha vinto il prestigioso premio non viene nemmeno mensionato dal comitato che ha assegnato il Nobel. A vincere è stata la Matrice Cabibbo-Kobayachi-Maskawa (Ckm), la cui prima formulazione, nel 1963, si deve allo scienziato italiano Nicola Cabibbo. Ad essere premiati, invece, sono stati solo i due prosecutori della ricerca, gli Giapponesi Makoto Kobayashi e Toshihide Maskawa.

Nicola CabibboGli effetti che la matrice sta avendo sulla fisica moderna sono molto importanti, questo perché descrive il modo in cui i mattoni della materia, i quark, si mescolano per andare a formare le particelle. In pratica la matrice Ckm è stata ed è ancora il riferimento per comprendere anche l’esistenza dell’asimmetria, ossia la cosiddetta violazione di simmetria Cp (la violazione di una simmetria quasi esatta delle leggi di natura sotto l’effetto dello scambio tra particelle e le corrispondenti antiparticelle). Grazie a queste ricerche è anche stato possibile studiare una delle quattro forze fondamentali della natura, l’interazione debole. Capire quest’ultima significa poter studiare un fenomeno importante come la reazione di fusione nucleare che avviene all’interno del Sole e delle altre stelle, o le reazioni che avvengono all’interno delle centrali nucleari.

La notizia ha sconcertato numerosi fisici italiani, tra i quali Roberto Petronzio, presidente dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn). “Sono lieto che il premio Nobel sia stato attribuito a questo settore della fisica che sta avendo sempre pù attenzione da tutto il mondo e dal quale ci aspettiamo fondamentali scoperte che aumenteranno la nostra comprensione sull’Universo – ha affermato Petronzio -. Tuttavia, non posso nascondere che questa particolare attribuzione mi riempie di amarezza: Kobayashi e Mascawa hanno come unico merito la generalizzazione, per altro semplice, di un’idea centrale la cui paternità è da attribuire al fisico italiano Nicola Cabibbo che, in modo autonomo e pionieristico, ha compreso il meccanismo del fenomeno del mescolamento dei quark, poi facilmente generalizzato dai due fisici premiati».

Affermazioni altrettanto forti arrivano da Giorgio Parisi, docente di Fisica Teoretica all’Università di Roma “La Sapienza”, il quale ha espressamente definito “un errore” l’assegnazione del Nobel ai due fisici giapponesi. “La cosa naturale – ha aggiunto – sarebbe stato darlo a Nambu per aver proposto la “carica di colore” nella cromodinamica quantistica e a Nicola Cabibbo perché il lavoro di Kobayashi e Maskawa è una generalizzazione abbastanza semplice dell’idea assolutamente nuova del 1963 di Cabibbo nella quale descriveva per la prima volta le forze nucleari che sono alla base delle interazioni deboli».

In prarica quella formula nasce da Cabibbo, successivamente, prima Iliopoulos, Glashow e Maiani e poi Kobayashi e Maskawa hanno aggiunto qualcosa, una formula, quindi, che ha visto molto edizioni ma che ha un padre indiscusso: Cabibbo. È davvero assurdo che ad essere premiato non sia stato il creatore ma solo due degli sviluppatori. Come ha aggiunto Parisi, “Il Nobel andava diviso anche con Cabibbo o, addirittura, andava assegnato solo a Cabibbo”.

E cosa dice il nostro geniale e gentile fisico? ufficialmente ha detto di non voler rilasciare dichiarazioni, ma le persone che lo conoscono dicono che è profondamente amareggiato, e come non esserlo! Già lo scorso anno, a pochi giorni dall’assegnazione del Nobel per la fisica 2007, circolavano con insistenza nell’ambiente scientifico fra Tokyo e Chicago voci che davano per sicuro il Nobel a Cabibbo, Kobayashi e Maskawa. Tutti, insomma, erano convinti non soltanto che le ricerche inaugurate da Cabibbo sarebbero state premiate, ma che il premio Nobel sarebbe stato condiviso dai tre ricercatori. È poi accaduto che il Nobel 2007 è stato assegnato a ricerche di tipo sperimentale e applicativo. Quest’anno sarebbe quindi stata la volta della fisica teorica. Il campo di ricerca premiato è quello atteso, a detta di molti manca però uno dei protagonisti.

Fonte: Corriere.it

Catturiamo l'anidride carbonica direttamente dall'aria, ora si può!

Facciamo rimbalzare un articolo segnalatoci nel forum da un nostro utente che vede un nuovo sistema per la lotta all’effetto serra: la cattura della CO2. L’impianto, per ora un prototipo, è stato progettato e realizzato nell’università di Calgary dal prof. David Keith, il suo funzionamento è semplice ed efficacie (almeno così sembra). L’aria, aspirata attraverso una turbina, viene bombardata da particelle di idrossido di sodio (NaOH) che cattura la CO2 permettendone lo smaltimento.  In pratica si utilizza un letto di NaOH o di Ca(OH)2 che cattura l’anidride formando composti tipo Na2CO3 che poi vengono rigenerati, in questo modo si recupera la CO<sub>2</sub> che può essere compressa in serbatoi e utilizzata in diversi modi.

L’impianto sembra interessante e, se la ricerca va a buon fine, permetterebbe la realizzazione di piccole torri cattura CO2 da installare sui tetti delle nostre abitazioni. Comuqnue, mi sorgono non pochi dubbi sull’utilizzo di un tale impianti, in primo luogo sull’effettiva capacità di rimozione dell’anidride dall’aria dove, sappiamo benissimo avere una concentrazione bassissima e, quindi, difficile da catturare; in secondo luogo mi chiedo quanto vantaggioso possa essere sottrarre una componente dall’aria in modo così diffuso (sui tetti delle case o, comunque, all’aperto). Come si fa a definire la giusta soglia di rimozione, il livello ottimale, vista la difficoltà di monitoraggio? Inoltre, e questo mi rende ancora pù perplesso, questo tipo di impianti potrebbe invogliare ancora di pù nel puntare sull’energia non rinnovabile di origine fossile e rallentare, quindi, lo sviluppo delle rinnovabili.

Insomma, a me non viene molto da cantare vittoria, e a voi? Per maggiori informazioni vi rimando alla pubblicazione disponibile on line.

Microparticelle e Nanoparticelle al centro della puntata di Superquark. Prezioso il lavoro degli studenti di Ingegneria di Napoli.

Frequentare un laboratorio di chimica e fare ricerca è un’esperienza bella, che consiglio a chiunque mi chiede della tesi e di cosa fare. È stato un piacere, quindi, vedere che nella puntata di Superquark del 28 Agosto scorso sia stato fatto un servizio proprio nel Laboratorio di Chimica della Facoltà di Ingegneria partenopea. Al centro del srvizio una ricerca del professor D’Anna sull’efficienza della combustione e sui lati nascosti relativi alle emissioni di micro e nano particelle.

Vi invito a dare un’occhiata al filmato (che trovate sul sito della Rai a questo indirizzo). La ricerca e le immegini del filmato sono molto interessanti e molto significative, visto il periodo incerto e di transizione che stiamo vivendo in Campania riguardante il dibatti sugli inceneritori e sugli effetti negativi della combustione. In pratica, dagli studi fatti dal Prof. D’Anna, tutto è funzione delle condizioni in cui si sviluppa il processo di combustione. Un esempio molto interessante è osservare il colore della fiamma che, quando ci si trova in condizioni ideali (quantità di ossigeno a sufficienza e combustione completa) è azzurro, quando invece ci si trova in carenza di ossigeno la fiamma si colore di arancione. Ciò sta ad indicare una cattiva rezione di combustione con formazione di particelle che vengono rilasciate nell’ambiente circostanze. Si pensi all’effetto negativo che si può avere all’interno di una cucina.

Nella seconda parte del servizio, ci si sposta al centro motori del c.n.r. sempre di Napoli.

Buona visione.