La notizia lascia davvero l’amaro in bocca, e la ragione è molto semplice: il fisico italiano che ha dato origine alla ricerca che ha vinto il prestigioso premio non viene nemmeno mensionato dal comitato che ha assegnato il Nobel. A vincere è stata la Matrice Cabibbo-Kobayachi-Maskawa (Ckm), la cui prima formulazione, nel 1963, si deve allo scienziato italiano Nicola Cabibbo. Ad essere premiati, invece, sono stati solo i due prosecutori della ricerca, gli Giapponesi Makoto Kobayashi e Toshihide Maskawa.
Gli effetti che la matrice sta avendo sulla fisica moderna sono molto importanti, questo perché descrive il modo in cui i mattoni della materia, i quark, si mescolano per andare a formare le particelle. In pratica la matrice Ckm è stata ed è ancora il riferimento per comprendere anche l’esistenza dell’asimmetria, ossia la cosiddetta violazione di simmetria Cp (la violazione di una simmetria quasi esatta delle leggi di natura sotto l’effetto dello scambio tra particelle e le corrispondenti antiparticelle). Grazie a queste ricerche è anche stato possibile studiare una delle quattro forze fondamentali della natura, l’interazione debole. Capire quest’ultima significa poter studiare un fenomeno importante come la reazione di fusione nucleare che avviene all’interno del Sole e delle altre stelle, o le reazioni che avvengono all’interno delle centrali nucleari.
La notizia ha sconcertato numerosi fisici italiani, tra i quali Roberto Petronzio, presidente dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn). “Sono lieto che il premio Nobel sia stato attribuito a questo settore della fisica che sta avendo sempre pù attenzione da tutto il mondo e dal quale ci aspettiamo fondamentali scoperte che aumenteranno la nostra comprensione sull’Universo – ha affermato Petronzio -. Tuttavia, non posso nascondere che questa particolare attribuzione mi riempie di amarezza: Kobayashi e Mascawa hanno come unico merito la generalizzazione, per altro semplice, di un’idea centrale la cui paternità è da attribuire al fisico italiano Nicola Cabibbo che, in modo autonomo e pionieristico, ha compreso il meccanismo del fenomeno del mescolamento dei quark, poi facilmente generalizzato dai due fisici premiati».
Affermazioni altrettanto forti arrivano da Giorgio Parisi, docente di Fisica Teoretica all’Università di Roma “La Sapienza”, il quale ha espressamente definito “un errore” l’assegnazione del Nobel ai due fisici giapponesi. “La cosa naturale – ha aggiunto – sarebbe stato darlo a Nambu per aver proposto la “carica di colore” nella cromodinamica quantistica e a Nicola Cabibbo perché il lavoro di Kobayashi e Maskawa è una generalizzazione abbastanza semplice dell’idea assolutamente nuova del 1963 di Cabibbo nella quale descriveva per la prima volta le forze nucleari che sono alla base delle interazioni deboli».
In prarica quella formula nasce da Cabibbo, successivamente, prima Iliopoulos, Glashow e Maiani e poi Kobayashi e Maskawa hanno aggiunto qualcosa, una formula, quindi, che ha visto molto edizioni ma che ha un padre indiscusso: Cabibbo. È davvero assurdo che ad essere premiato non sia stato il creatore ma solo due degli sviluppatori. Come ha aggiunto Parisi, “Il Nobel andava diviso anche con Cabibbo o, addirittura, andava assegnato solo a Cabibbo”.
E cosa dice il nostro geniale e gentile fisico? ufficialmente ha detto di non voler rilasciare dichiarazioni, ma le persone che lo conoscono dicono che è profondamente amareggiato, e come non esserlo! Già lo scorso anno, a pochi giorni dall’assegnazione del Nobel per la fisica 2007, circolavano con insistenza nell’ambiente scientifico fra Tokyo e Chicago voci che davano per sicuro il Nobel a Cabibbo, Kobayashi e Maskawa. Tutti, insomma, erano convinti non soltanto che le ricerche inaugurate da Cabibbo sarebbero state premiate, ma che il premio Nobel sarebbe stato condiviso dai tre ricercatori. È poi accaduto che il Nobel 2007 è stato assegnato a ricerche di tipo sperimentale e applicativo. Quest’anno sarebbe quindi stata la volta della fisica teorica. Il campo di ricerca premiato è quello atteso, a detta di molti manca però uno dei protagonisti.
Fonte: Corriere.it