Montezemolo a Napoli: meno anniversari e più futuro, solo così il nostro paese può vincere. Bassolino replica: siamo andati avanti.

«Cosa è cambiato in dieci anni in Campania e nel Sud? Nulla, siamo fermi al 1997, il che significa andare indietro». È questa la risposta del presidente nazionale di Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo, intervistato dal direttore del Corriere della Sera, Paolo Mieli, in occasione dei dieci anni di vita del Corriere del Mezzogiorno. La domanda l’aveva posta il giorno prima il direttore Marco Demarco nel suo editoriale di auguri. La lunga «chiacchierata » tra Mieli e Montezemolo parte da un ricordo proprio del direttore del Corriere della Sera. «L’avventura di questo giornale — dice Mieli — è stata ben voluta sin dall’inizio dall’avvocato Agnelli. Il Corriere del Mezzogiorno era appena nato e lui venne a Napoli per una garbata benedizione.

Ora a Montezemolo voglio chiedere il suo ricordo della Napoli di dieci anni fa». E il leader di Confindustria risponde: «Ho madre bolognese e padre piemontese, ma devo avere sangue meridionale perché ogni volta che vengo a Napoli sono di buon umore. Ricordo che dieci anni fa venni con l’Avvocato a Napoli e andai a cena da Mimì alla Ferrovia; Agnelli si innamorò di quel posto e mi chiedeva di tornarci ogni volta. Nel ’97 eravamo in un momento di speranza, per il Nord e il Sud. Purtroppo ora il Pil procapite del Sud è pari al 56 per cento di quello del Nord, pù o meno come quello del ’95. Vuol dire che siamo rimasti fermi e nel mondo che va veloce questo vuol dire andare indietro». Mieli cita, appunto, quell’editoriale, in cui «Demarco ricordava che quando noi sbarcammo a Napoli la situazione era simile a quella dell’Irlanda che oggi ha fatto un salto gigantesco. Ma Napoli no. Perché?». Per un momento tentenna, poi Montezemolo dice: «Devo stare attento perché in queste ore chi tocca la politica è immediatamente accusato di fare antipolitica. È il contrario. Chi fa il proprio mestiere con impegno, passione, senso etico, come cittadino e come imprenditore ha il diritto e il dovere di stimolare la politica. Il divario tra paese reale e la politica non è mai stato così elevato. La politica vive in un mondo autoreferenziale, lontano dai problemi. Invece serve una politica forte, perché il malcontento è molto pù ampio di quanto non appaia. Qui stanno venendo al pettine quindici o venti anni di non decisione. Il Sud non può essere tema di attenzione solo durante le campagne elettorali, e siccome ne abbiamo tante solo nelle campagne elettorali, dopodicché a livello di decisioni cala il silenzio.

Ho sempre considerato il Sud del Paese una grande opportunità. Nel 2004 durante il mio primo discorso dissi che il Mezzogiorno era la frontiera dell’Italia. Il Nord ha pochi spazi, è molto industrializzato. Credo che mai come oggi dobbiamo lanciare un appello: serve un impegno straordinario di maggioranza e opposizione. Questo impegno oggi non c’è. Ci si divide molto in questo Paese sui temi da affrontare, ma c’è una difficoltà a passare dal tema allo svolgimento». E affronta i nodi cruciali nel Mezzogiorno: «Noi possiamo lavorare al meglio, investire, ma ancora nel 2007, al Sud, c’è una presenza asfissiante del pubblico nell’economia che ci porta in coda a tutte le classifiche internazionali. Solo in Campania ci sono 37 società miste, pù oltre 50 organismi pubblici: le uniche aziende che si sviluppano sono pubbliche. Senza contare una pubblica amministrazione inefficiente. Diciamocelo, questo Paese deve avere un sogno: il merito. Premiare i migliori. Nella pubblica amministrazione chi è capace dovrebbe essere premiato, non chi sta là per clientela. Perché se la pubblica amministrazione non è efficiente per avere i permessi si va dall’amico dell’amico, e si sa come finiscono queste cose.

Altro dato: nel Sud la pubblica amministrazione costa pù dei servizi che eroga. I cittadini pagano tasse non si capisce in cambio di cosa. Non vorrei essere tacciato di qualunquismo, ma un cittadino a chi deve chiedere che queste cose funzionino? Se la politica è debole occupa spazi non suoi. Una politica forte, invece, guarda avanti e soprattutto fa delle scelte. Oggi abbiamo un vuoto tra quanto viene chiesto dai cittadini e le risposte della politica. Rimpallo di responsabilità, sindromi da complotto. In questi dieci anni non sono mancate le risorse e persone straordinarie, università, centri di ricerca e imprenditori come Cristiana Coppola e Gianni Lettieri che fanno da stimolo».

Dopo le critiche, le proposte del leader degli industriali: «Dobbiamo avere il coraggio di tagliare costi inutili per fare investimenti e pagare meno tasse. Confindustria ha voluto agire come imprenditore di beni collettivi. Una Confindustria che parla di meritocrazia, concorrenza, riforma, scuola, sanità vuol dire che fa uno sforzo di proposta, vuol dire mettere il bene comune al centro. Ma ognuno deve essere giudicato non solo per quello che fa, ma per come lo fa, non esistono caste fuori da ogni giudizio ».[…]

Per i giovani, il leader di Confindustria, rilancia il tema della meritocrazia. «Qui si va avanti per cooptazione. Lo dico anche ai miei associati: se avete un figlio mettetelo in azienda solo se lo merita. In Campania dobbiamo riprendere ad attirare investimenti, ma dobbiamo avere un territorio che funzioni, altrimenti chi viene qui? E il rischio è che i ragazzi se ne vadano. Paradossalmente perderemmo la linfa vitale del Mezzogiorno. Credo che abbiamo un’opportunità. L’ho detto a Maranello questa mattina: dopo tre gare perse non va bene, bisogna spingere. Un Paese come questo che ha tutto deve rendersi conto che la missione di tutti è crescere, creare ricchezza, pensare al futuro dei nostri giovani. Dove sta scritto che dobbiamo essere ultimi per attrazione di investimenti, di turisti, non abbiamo capacità di attrarre neanche studenti? La stessa selezione sui giovani la dobbiamo pretendere sugli insegnanti. Premiamo le università che lavorano di pù. Se diamo gli stessi denari a tutti gli atenei non creiamo meritocrazia. Sono un ragazzo degli anni ’60, leggevo Kennedy e Martin Luther King, la mia generazione ha avuto tanto, è venuto il momento di ridarlo indietro. Angela Merkel ha detto che la grande sfida è vincere la competizione delle idee. Il Sud ha un’opportunità straordinaria, allora evitiamo incentivi, con l’intermediazione della politica, tipo la 488. Meno incentivi, ma anche meno tasse. Un imprenditore con meno tasse può investire, assumere, crescere».

Ma Montezemolo allora è ottimista oppure no? Per lui il Paese e anche Napoli ce la possono fare? «La risposta è sì, ma a due condizioni. Vedo giovani con pù coscienza del bene comune, una borghesia pù cosciente e noi imprenditori pù attivi. Ci siamo rimboccati le maniche abbiamo rischiato, ma questo paese non ce la fa se non affronta con coraggio una grande riforma istituzionale, che elimini enti, che sono vere e proprie discariche per politici trombati. Non è pù possibile andare avanti così». […]

E poi conclude: «Abbiamo bisogno di guardare avanti: meno anniversari e pù futuro. Quattro o cinque riforme serie e basta ideologismi. Questo è un paese straordinario che sa affrontare le sfide, bisogna solo dargliele». (dal Corriere del Mezzogiorno di Mercoledi 20 giugno 2007). Fonte: CasertaSette. 

Non si è fatta attendere la risposta del Governatore Bassolino.
“Penso che in generale le cose – ha detto Bassolino nel corso della stessa intervista commentando quanto dichiarato ieri a Napoli dal presidente Montezemolo – non restano mai ferme.” Il presidente di Confindustria aveva sostenuto che il sud è rimasto al palo, che il reddito nel Mezzogiorno è ancora fermo al 56% di quello del nord.

“Anzi semmai – ha aggiunto Bassolino – abbiamo fatto qualche passo indietro sotto certi aspetti, per esempio nel campo dei rifiuti, e abbiamo fatto passi avanti in altri settori. Per esempio nei trasporti e nelle infrastrutture. Vengo da Bruxelles dove siamo stati a presentare il grande progetto in corso di realizzazione a Napoli e in Campania – 40 cantieri aperti -nel campo della metropolitana e del trasporto pubblico su ferro, siamo andati a fare una sorta di rendiconto a dire “vedete come oggi spendiamo le risorse europee”. E la commissaria europea ci ha detto che in questo campo rappresentiamo una situazione di eccellenza. E, infatti, noi stiamo investendo 27 miliardi di euro, in lire una cifra gigantesca, nella metropolitana, nell’alta velocità, prima sul tratto Roma-Napoli, ora su quello Napoli-Salerno, per l’avvio della Napoli-Bari, per i porti, per i collegamenti ferroviari e autostradali dei porti con gli interporti di Nola e di quelli in costruzione a Battipaglia e a Marcianise. Un lavoro enorme. Quindi come nel campo rifiuti abbiamo difficoltà, nel campo dei trasporti siamo davanti a tante altre regioni e città, davanti alla Lombardia e a Milano o a Torino e di tante altre città italiane. Le cose si muovono. In qualche caso siamo andati indietro, in altri avanti. Ora bisogna spingere avanti la situazione nel suo complesso” (red)

Alcune consigerazioni personali.
Credo che Montezemolo sia stato davvero un signore, almeno questa volta. Non ha condannato Napoli ad una morte certa e ci sta dando una speranza. Sono daccordo su molti temi: la meroticrazia, i costi elevati delle amministrazioni, la pochezza dei servizi, ecc. Solo con una “società pù sociale” e pù votata verso la collettività si può davvero uscire da questa emergenza che non è solo rifiuti (come afferma Bassolino).

Il Governatore dice che siamo andati insietro, sui rifiuti, e siamo andati avanti, sui trasporti. Io direi che siamo collassati nei rifiuti, siamo stati distrutti dai rifiuti, siamo stati annientatati e lo siamo ogni giorno dai rifiuti. Definire lo sfacelo ambientale in Campania un passo indietro è pura follia. Del resto sul tema trasporti sono concorde solo in parte. Napoli sta crescendo sal punto di vista dei servizi su ferro, ma la provincia? Chi da Villaricca vuole raggiungere Napoli in poco tempo (si fa per dire) può fare una sola cosa: usare la macchina. Non ci sono mezzi alternativi e non ci saranno almeno per qualche decennio.

 Conclusione: tanti miliardi spesi per fare metropolitane, per poi portare turisti e cittadini a spasso nell’immondizia. Fortuna che il Napoli è andato in serie A, altrimenti non ci restava nulla per cui gioire.

Ce lo hanno segnalato: Il "trucco" dell'Inceneritore di Acerra.

Un nostro utente, spazzatour, ci ha segnalato questa lettera (scritta da Antonio Marfella, Oncologo e membro dei Medici per l’Ambiente). Anche se a parlare è un medico e non un Ingegnere o un Chimico, riteniamo che sia, comunque, un contributo valido al dibatto sul tema della termovalorizzazione dei rifiuti, ormai centrale nella gestione degli stessi in Campania.

Il “trucco” dell’Inceneritore di Acerra.

Uno dei principali argomenti ripetutamente proposti dai fautori degli inceneritori, e ribaditi in questi giorni dal Governatore Bassolino, è costituito dall’assunto che il ciclo integrato, pur se virtuoso, non può prescindere a valle da un impianto terminale di incenerimento, dal momento che sarebbe di fatto impossibile riciclare tutto.In questi giorni abbiamo sentito ribadire dal Governatore la necessità non solo di fare partire l’ormai famosissimo inceneritore di Acerra, ma anche di avviare i lavori per il “gemello” di S. Maria La Fossa e infine, sotto la petulante spinta del sindaco di Salerno, aprirne anche un terzo a Salerno.Tali tecnologie sono  obsolete ormai in tutta l’Europa, che si è data indirizzi di legge precisi volti a rispettare il protocollo di Kyoto e quindi ad eliminare qualunque tipo di impianto pù o meno inquinante come gli inceneritori,  che in ogni caso aumentano anziché diminuire la produzione di CO2, oltre che cancerogene diossine e pericolosissime nanoparticelle.

Enzo Giustino, nel riportare sul Corriere del Mezzogiorno di oggi 16 giugno 2007 la portata media annua degli inceneritori/termovalorizzatori necessari (200.000 tonnellate/anno) si chiede invece : di quanti ne avremmo bisogno in Campania? Proviamo allora a dargli una risposta matematica sulla base della conosciuta produzione di rifiuti giornaliera in Campania, che è di 6500 tonnellate al giorno. Togliendo il minimo del 40% di raccolta differenziata ed il 30% di umido destinato al compostaggio ne consegue che, in una regione Campania con un minimo di corretto ciclo integrato di rifiuti, ne dovrebbero essere smaltiti (con inceneritori o Trattamento meccanico biologico BMT) circa 1500 tonnellate al giorno per una valore di circa 500.000 tonnellate all’anno. La risposta matematica quindi all’interrogativo di Enzo Giustino è che correttamente in Campania dovrebbe funzionare da solo e al massimo a due terzi della sua capacità solo l’inceneritore di Acerra! L’inceneritore di Acerra è infatti costruito per smaltire oltre 2000 tonnellate al giorno per circa 750.000 tonnellate all’anno!

Perchè in Campania invece gli inceneritori ancora da costruire, anziché da smantellare, sembrano l’unica ed indispensabile “soluzione finale”, di triste reminiscenza nazista anche come proposta verbale? Dove è il trucco?

In un autentico gioco da “zecchinetta”, degno degli operatori assunti dai politici per la raccolta differenziata porta a porta ma che non debbono lavorare, come testimoniato dal Commissario Catenacci. A “zecchinetta” per vincere tutto il denaro del banco occorre entrare in possesso della carta pù alta. A “NapoLeonia” (dal “Profeta” Italo Calvino) vince tutto e “sbanca” il banco, incassando gli infiniti miliardi pubblici, non chi fa l’impianto migliore, destinato come in tutta Europa alla “soluzione finale” dei soli materiali post-consumo impossibili da riciclare bruciando un contenuto proporzionato al bisogno dopo avere sottratto il materiale riciclato, ma chi lo fa pù grande, al preciso scopo di bruciare tutto il contenuto indifferenziato, e quindi tossico, dei nostri sacchetti!

La Campania intera produce circa 6500 tonnellate di rifiuti al giorno che per un anno significa circa 2.250.000 tonnellate. A pensare male, diceva Andreotti, si fa peccato ma molto spesso ci si azzecca. Se facciamo quindi tre mega-inceneritori della portata di quello in via di ultimazione ad Acerra (circa 750.000 tonnellate/anno) fanno giusto 2.250.000 tonnellate all’anno. Il gioco sembrerebbe fatto!

E senza perdite di tempo e di risorse nel recupero e riciclo, evitando di fare lavorare gli “amici” assunti per giocare a zecchinetta (quella vera?), lasciando le discariche senza controllo ai soli rifiuti tossici del Nord, e incassando un mare di denaro pubblico proporzionale alla quantità di rifiuti bruciati : cioè tutti! E’ un pensiero cattivo senza fondamento?

E allora perché in Italia tutti gli inceneritori già in funzione hanno una portata media di circa 90.000 tonnellate/anno, quindi circa otto volte pù piccoli di quello proposto ad Acerra, con la sola esclusione dell’inceneritore di Brescia che deve poi inviare migliaia di tonnellate di ceneri tossiche in Germania comunque?

E perché in Europa la portata media annua di tutti gli inceneritori censiti al 2002 è pari a circa 150.000 tonnellate/anno, cioè circa 5 volte meno di Acerra?

Perché i citatissimi inceneritori di Vienna sommati tutti e tre (compreso quello ancora in costruzione) non fanno tutti insieme la portata del solo inceneritore di Acerra?

Perché gli inceneritori tedeschi, dove non vogliono pù bruciare le nostre false ecoballe, piene di rifiuti umidi tal quale, non superano le 240.000 tonnellate/anno, cioè in ogni caso non pù di un terzo di quello di Acerra?

Non è vero, a mio parere, che ci sia mai stata significativa opposizione popolare alla apertura dell’inceneritore  “a griglia” di Acerra, progettato quindi per bruciare non certo materiale CDR (Combustibile per rifiuti),  ma tutti i rifiuti tal quale.

L’impianto non funziona ancora per i problemi tecnici che si sono venuti a creare per la scellerata decisione di volere a tutti i costi uno degli inceneritori pù grandi di Europa in un luogo sbagliato (già colpito a disastro ambientale da rifiuti tossici), in un tempo sbagliato (tecnologie del tutto superate nel mondo), per bruciare i rifiuti sbagliati (false “ecoballe” di rifiuti tal quale)!

A Modena, nei giorni scorsi, l’Ordine dei Medici ha presentato un esposto alla Magistratura penale per contestare l’ampliamento della portata annua del piccolo inceneritore di Coriano (Forlì) da 60.000 a circa 72.000 tonnellata/anno, avendo dimostrato, con studi epidemiologici promossi dalla Comunità Europea, che tali impianti risultano provocare uno statisticamente significativo aumento di varie patologie, e soprattutto di tumori, nei residenti entro un raggio di circa 5 km dall’impianto.

Ad Acerra, se partisse in quella terra già devastata dal cancro e dalle malformazioni congenite provocate dai rifiuti tossici della Camorra e delle Industrie del Nord, il ciclopico impianto da 750.000 tonnellate/anno di incenerimento di pseudo-“ecoballe” di tal quale, cosa dovrebbe fare l’Ordine dei Medici di Napoli? Chiedere la riapertura del Processo di Norimberga?

La organizzazione e la cultura della indispensabile raccolta differenziata a non meno del 40% del totale, la gestione complessiva dei rifiuti ed in particolare il compostaggio dell’umido, l’efficace controllo del tipo e della movimentazione dei rifiuti tossici, non devono pù essere oggetto di interventi straordinari per essere attuati in tempi rapidi e con correttezza: devono diventare ordinario e quotidiano patrimonio del vivere civile di ogni cittadino campano, ognuno per la propria competenza!

A noi cattolici basta osservare la volta della Cappella Sistina e il Giudizio Universale di Michelangelo per renderci conto di cosa significa un equilibrato ed integrato “ciclo dei rifiuti”(anime post-consumo corpi), molto diverso da quello progettato e ancora pervicacemente proposto in Campania oggi.

Se ci fate caso, non pù del 5%-10% del totale delle anime dipinte nell’affresco finisce senza possibilità di recupero nell’Inceneritore di Belzebù. Il “background” teologico dell’affresco di Michelangelo Buonarroti era attentamente controllato: in Controriforma nasceva quell’enorme impianto di “compostaggio” del Purgatorio.

E qualche teologo (non certo Paul Connett) ha motivo di ritenere che persino Giuda potrebbe essere stato “compostato” e riciclato dalla infinita Misericordia di un Dio a chiara opzione “Rifiuti  Zero”!

Napoli li 16 giugno 2007,

Antonio Marfella
Tossicologo Oncologo
ISDE NAPOLI (Medici per l’Ambiente)
Difensore Civico Assise di Palazzo Marigliano

La puzza delle ecoballe arriva fino in Giappone. La NTV giapponese viene a Giugliano per vedere come si vive nella città del degrado. Fonte InterNapoli.

Dal sito www.internapoli.it  

GIUGLIANO. Una troupe televisiva della Nippon TV ha visitato ieri mattina il sito di stoccaggio di ecoballe a Taverna del Re (guarda il video), a confine tra Giugliano e Villa Literno e le discariche di “Tre Ponti” in località Giugliano, nell’ambito di un servizio relativo alla situazione dei rifiuti nel Napoletano. La redazione di InterNapoli.it è stata contattata mercoledì scorso da un giornalista della sede europea Parigina del network nipponico, che ha chiesto informazioni sul tema dell’emergenza rifiuti e in seguito li abbiamo invitati a venire sul posto, in modo da rendersi conto e “toccare con mano” ciò che accade in questo territorio da 14 anni. Ebbene, abbiamo stimolato la loro curiosità e ieri mattina, due giornalisti nipponici e un interprete italo-francese, sono venuti a Giugliano per effettuare le riprese di un servizio che andrà in onda nelle prossime settimane sul network pù importante del Giappone, la Nippon Television Corporation che ha sede a Tokyo e in Europa è presente, oltre che a Parigi, anche a Londra. Su loro richiesta li abbiamo condotti presso una delle pù grandi piattaforme di stoccaggio di ecoballe presenti in Europa, con una superficie di oltre 2 milioni di metri quadri e circa 10 milioni di metri cubi di rifiuti impacchettati in “confezione regalo”, che molto probabilmente, viste le recenti dichiarazione dello stesso commissariato dei rifiuti non potranno mai essere bruciate negli inceneritori, considerato che “non sono a norma”.
I colleghi nipponici hanno filmato tutto, anche le pessime condizioni delle ecoballe, che in una buona parte sono ancora scoperte, molte delle quali “squarciate”, a diretto contatto con l’aria e la pioggia, che all’occorrenza trascina con se oltre la piattaforma di cemento, le sostanze presenti all’interno, ma i due giornalisti hanno anche dato sfogo alla loro curiosità, facendo domande e imparando nuovi termini della lingua italiana, dopo “O’ Sole mio”, “Santa Lucia”, Vesuvio e la pizza, hanno conosciuto anche la parola “ecomafia”, che per tutta la mattinata hanno ripetuto sorridendo, quasi come a recitare uno scioglilingua divertente; ma hanno sicuramente approfondito ciò che per loro, fino a ieri l’altro, era solo un fenomeno quasi surreale: quello di città invase dai rifiuti che non riescono a trovare una soluzione ad un problema, che in tutte le società civili occidentali praticamente non esiste.
Per suggellare l’incontro, quasi a testimonianza della loro visita, abbiamo realizzato un piccolo filmato, disponibile su INMedia, pochi minuti di ripresa, senza commento come è nostra consuetudine (le immagini parlano da sole), dove potete ascoltare brevi dialoghi in lingua giapponese e inglese e vedere i posti che hanno voluto visitare, infatti, dopo essersi ampiamente documentati, hanno scelto i luoghi in totale autonomia, e avendo a disposizione solo poche ore, hanno deciso di visitare anche le discariche di “Tre Ponti” a pochi chilometri dal sito di Taverna del Re, 14 discariche, secondo Legambiente, immerse in un paesaggio agricolo pieno di frutteti di primissima qualità, destinati a subire inevitabilmente, le conseguenze di uno scempio ambientale di enormi dimensioni.

Un Decreto del Ministero dell'Ambiente detta le linee guida per individuare le migliori tecnologie nel trattamento dei rifiuti.

Il Ministero dell’Ambiente ha emanato un decreto che detta le linee guida per l’utilizzazione delle migliori tecniche disponibili in materia di gestione dei rifiuti, per le attività elencate nell’allegato I del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59.

Nel Supplemento Ordinario della Gazzetta Ufficiale n. 130 del 07/06/2007 sono state pubblicate le Linee guida recanti i criteri specifici per l’individuazione e l’utilizzazione delle migliori tecniche disponibili in materia di gestione dei rifiuti. Le linee guida, in vigore dal 08/06/2007, si riferiscono in particolare alle seguenti categorie impiantistiche:
Impianti per l’eliminazione o il recupero di rifiuti pericolosi;
Impianti di incenerimento dei rifiuti urbani, compresi quelli con capacità superiore a 3 t/h;
Impianti per l’eliminazione dei rifiuti non pericolosi con capacità superiore a 50 t/g.

Fote: Gazzetta Ufficiale

Scarica il Decreto del Ministero.

"Le vie infinite dei rifiuti" fa tappa alla Feltrinelli di Napoli.

Dal Blog di Alessandro Iacuelli: 

Venerdì 15 giugno ore 18.00, presso la Libreria Feltrinelli di Napoli, via S. Tommaso D’Aquino 70/76, si presenta il libro “Le vie infinite dei rifiuti”.
Inutile ovviamente dire qui di che libro si tratta, perchè oramai lo sapete bene.
¼br> Qui c’è la mappa se qualcuno non è pratico del centro di Napoli, ma non credo.
Ne discutono:
Francesco BassiniFraba – un blogger attento ai problemi della città.
Antonio Risi – urbanista, esperto di questioni ambientali.
Sabina Laddaga – Rete campana salute e ambiente.
Alessandro Iacuelli – che ve lo dico a ffa’.
Marco Rossi Doria – Associazione Decidiamo Insieme.
Massimo Mendia – Operatore del settore.

(Già so chi sono i due relatori che litigheranno tra di loro)
L’invito a partecipare è stato esteso anche ad altre persone, ma siamo ancora in attesa di conferme.
Personalmente, mi auguro che l’invito sia accettato da Luca Rossomando, di cui ho già parlato nel mio vecchio post sulla voragine di Secondigliano.
Naturalmente, per quanto riguarda gli altri partecipanti, seguiranno aggiornamenti.
Cari napoletani e non, veniteci. Qui c’è anche la locandina (in PDF).

Tratto da "le mille e più avventure che avvengono nella città partenopea…"

Un amico mi ha segnalato questo “scritto”, io l’ho trovato davvero geniale. È firmato Adriano Cozzolino, non lo conosco, ma dopo aver letto questo suo racconto vorrei tanto compensare questa mia grave mancanza.

Non so bene se sia stato sogno o realtà, so soltanto che la giornata di ieri ha rappresentato per me ciò che -credo- per un famoso Sommo Poeta antico sia stata presumibilmente la sua discesa agli inferi.
Voglio cominciare queta storia vera con la frase di un film: “la strada è entrata in casa”.
Ebbene mai frase è stata pù appropriata per descrivere ciò che di fatto è successo a metà pomeriggio di ieri nel paese in cui vivo, Arzano.
Un rombo assordante è esploso d’improvviso squarciando il silenzio della domenica ed io, spaventato, mi sono precipitato sul balcone di casa, assistendo ad una scena che era un misto tra assurdo e paradossale: due giovani ballavano su un pullman circondati da circa duecento persone che urlavano frasi perlopù incomprensibili, a loro volta circondati da un numero impressionante di moto e motorini praticamente impazziti che sfrecciavano suonando il clacson per finire la loro corsa o contro altre auto e moto o nel cuore della folla urlante.
Vista quindi la piega orgiastico-falloforico-sovversiva che stava prendendo il festeggiamento decido di chiudermi in casa ad aspettare la morte finchè un amico -Virgilio- mi citofona e mi invita a scendere per unirmi ai bagordi. Dopo un tentativo anche abbastanza deciso di resistenza vengo di peso trascinato nell’auto.
E duqnue lo incontrai: “or sei tu quel Virgilio e quella fonte che spandi di parlar largo fiume? rispuosi io lui con vergognosa fronte.”
e Lui, ineffabile e saggio, rispose: “Ja strunz saglie”

Prima tappa: Fuorigrotta.
Arriviamo dopo circa mezz’ora causa traffico (ma questa non è una novità). Mi viene spiegato che Fuorigrotta rappresenta in pratica la mecca, il tempio, la chiesa, la moschea, il muro del pianto, la casa bianca per tutti o quasi i partenopei colpiti da febbre tifoidea -forse, ho pensato, andranno lì per curarsi-. Ci addentriamo quindi nei meandri del quartiere collinare accompagnati costantemente da immagini simili a scenari post-bellici, con cassonetti dati alle fiamme, centinaia e centinaia di oggetti sparsi al suolo e il famigerato tempio eretto come il pù rigoglioso dei membri virili nel cuore nevralgico della zona descritta, il quale sulla sua sommità recava incise tali parole:
“Per me si va nella città dolente, per me si va nell’etterno dolore, per me si va tra la perduta gente”.
Mentre quindi eravamo immersi in alti pensieri e in apocalittiche visioni un’inquietante monito ci arrivò da un tanto solitario quanto scosso abitante di quell’inferno: scappate o vi distruggono la macchina
In un primo momento non comprendiamo quello che stava succedendo. Un’istante dopo il terrore ci assale: un nugulo di uomini di età indistinta e tutti rigorosamente mezzi nudi si aggrappano al portapacchi di una statio-wagon che in tutta fretta fa retromarcia uccidendone un paio e scappando -so che in genere è un uomo che tenta di scappare se inseguito da un’auto ma lì era imperante la legge del contrappasso- a gran velocità in uno spiazzale per poi perdersi in quell’ orizzonte post-bellico.
Il gruppo di siouxes allora allarmato per la perdita della preda e inferocito per l’onta subita decide di assaltare quello che è il bottino pù ambito, l’elefante della strada: un pullman che si trovava a passare di lì.
Lo circondano,l’annusano,cominciano a tirare pietre per indebolirlo. La tensione cresce fino a che cinque o sei del branco particolarmente feroci non decidono di arrampicarcisi sopra e decretare la loro supremazia. Dell’autista non si sa la fine, i pù pensano che sia stato sbranato o che sia stato impalato e portato in trionfo.
Ma torniamo a noi. Il nostro Caronte, spaventato per le già precarie condizioni della sua auto, decide in tutta fretta di fare retromarcia e scappare per una via meno conosciuta e sottrarsi quindi al branco inferocito.
L’unica via percorribile era quella che ci portava al mare, ma non sapevamo ancora che quella sarebbe stata la tappa pù difficile.

Seconda tappa: Mergellina.
“Così l’animo mio, ch’ancor fuggiva, si volse a retro a rimirar lo passo, che non lasciò già mai persona viva”.
Scossi, prostrati e spaventati usciamo quindi dal primo girone.
Ci dirigiamo verso piedigrotta, zona nota per il famoso festival di canzoncelle napoletane. Pensavo di trovarvi pace e ristoro, ma ancora una volta mi sbagliavo.
Allora “m’apparecchiai a sostener la guerra sì del cammino e sì della pietate, che ritrarrà la mente che non erra. O muse, o alto ingegno, or m’aiutate: o mente che scrivesti ciò ch’io vidi, qui si parrà la tua nobilitate”.
E proprio in tema di nobiltà avvenne il primo incontro: una tredicenne pù o meno dalle fattezze balenifere ci ferma e comincia a gorgheggiare.
Allora io chiedo all’esimio Virgilio cosa quella madamigiana volesse, e lui mi rispose: “Ascolta bene e non farti ingannare”.
Impegnato tesi l’orecchio e ascoltai “Gurghoeaoakaa, sfulnrtraojasdopj, buarpp” … era ancora difficile, ma con la forza d’animo trasmessami da Virgilio finalmente capii: “Guagliuo tenit na’ cann?”
Infine era una canna che voleva, ma noi che non disdegnamo la dolce marja a quel tempo ne eravamo spovvisti, e dovemmo quindi sfuggire all’ira funesta dell’erinni che ci inseguiva assieme ai rotoli in bella mostra che la costeggiavano e ballonzolavano contenti.
Contuinuammo, quindi.
Il traffico era come palude. Immobili, attendevamo trepidanti le mosse della pupulaziona partenopeica la quale non smetteva mai di stupirci: milioni e milioni erano gli autoctoni riversatisi per la strada, tutti stringendo bandiere e urlando le frasi che antecedono la battaglia. Migliaia i motorini con a bordo numeri imprecisati di passeggieri, anch’essi sputandoci frasi gutturali di chissà quale idioma.
Promiscquamente si stringevano uomini e donne eccitando i loro sensi alla vista della carne e accoppiandosi in ogni anfratto come simpatici ricci.
Sparite le regole, capovolti gli ordini, sovvertito il Diritto: ecco il contrappasso che Virgilio mi aveva vagheggiato.
Ma mentre ci perdevamo in pensieri legati allo Stato e alla follia di quelle genti, incontrammo una feroce immagine:
“Cerbero, fiera crudele e diversa, con tre gole caninamente latra sopra la gente che quivi è sommersa”. Il sentimento provato dal Sommo Poeta può in qualche modo rimandare a quello non meno stuoefacente che provai io.
Davanti ai nostri occhi infatti – sopraelevati dal suolo- un gruppo di persone latravano come il Cerbero su descritto e si univano tra loro nudi, tenuti saldi soltanto dal loro sudore. Il grande camion che li teneva assieme come “aristoi” separandoli dalla folla in tripudio emetteva acutissimi stridori e cacciava denso fumo nero che ammantava di mistero e tumore quell’idillio. Donne strabordanti testimonianza vivente della dieta mediterranea si ergevano come matrone e dispensavano latte dalle enormi mammelle, uomini primitivi mettevano in bella mostra i petti unti e depilati ma non per questo meno maschi, anzi maschi al punto tale che nell’aria si percepiva la forza di quell’ orgasmo universale e dello sperma che abbondante veniva esploso da enormi membri eretti.
Storditi da quella promiscquità e dal sesso dispensato come ostia consacrata, fuggimmo.

Terza tappa: viaggio di ritorno.
Rotonda Diaz, via Partenpe, via Caracciolo, molo Beverello, Maschio Angioino, Via Foria, Piazza Carlo III… queste alcune tappe del viaggio di ritorno. E tra disagi e difficoltà, nello sconforto gli dissi: “Ma io perchè venirvi? o chi ‘l concede? Io non Enea, non Paulo sono: me degno a ciò nè io nè altri crede”.Ma la divina ombra mantovana: “S’i ho ben la tua parola intesa, rispuose del magnanimo quell’ombra, l’anima tua è da viltate offesa; la qual molte fiate l’omo ingombra, si che d’onorata impresa lo rivolve, come falso veder bestia quand’ombra”.
E furon proprio queste parole a darmi la spinta necessaria per continuare in quel girone tanto duro quanto difficile a sostenersi per la mia vista prostrata.
Lasciato quindi Virgilio a Piazza Carlo III dov’egli tutt’oggi dimora e decisi assieme a Caronte di scegliere la strada meno sgombra di mortali pericoli.
Decidemmo allora per Calata Capodichino, che nonostante bruciasse ancora come bruciava la Roma di Nerone ci sembrava da percorrere meno ardua rispetto ad altri siti.
E, col cuore colmo di speranza che il supplizzio stesse per finire uscimmo fisicamente sani dal Ventre di Napoli (la signora Serao mi scuserà per questa ardua definizione). Insomma, come dire… ” salimmo su, el primo ed io secondo, tanto ch’io vidi delle cose belle che porta ‘l ciel, per un pertugio tondo; e uscimmo a riveder le stelle”.
Salivamo quindi verso l’alto, verso quel territorio che speravamo fosse rimasto esente da scontri e riti orgiastici.
Le strade stesse ci sembravano meno danneggiate, i drappeggi pù radi, neno fitti che nel resto della città dolente. Esseri dalle sembianze semi-umane ci venivano incontro ma questa volta non cercavano di attaccarci o ucciderci, volevano semplicemente manifestare -in modo primitivo s’intende- la loro strana goia…
Non sapevo che ora era, sapevo soltanto che da qualche tempo era calata la notte, forse era addirittura il nuovo giorno. Anzi, Caronte mi disse che era proprio passata la mezza notte quando avvenne il miracolo.
Ora la mano mi trema, le parole si strozzano in gola. Non riesco ad esprimere ciò che vidi, poichè la Ultima e Altissima Visione mi tolse letteralmente il fiato, mi attanagliò il cuore, mi gelò il sangue nelle vene. Il mio amico fidato Caronte piangeva dalla gioia e assunse posa simile ai musulmani in preghiera, pregando per il sommo Dio Calcio, divinità che riconobbi per la prima volta lì, presso l’aeroporto che collegava Calciopoli in Campania con il resto del mondo.
Apoteosi struggente, immensa bellezza che acceca e lascia senza fiato: ecco l’estasi che provarono gli abitanti della strana città alla visione divina che rubò loro l’anima.
I miei occhi, anche se per un breve secondo, riuscirono a penetrare il fascio di luce che ammantava ciò che oggi è sacra reliquia: il City Site Seeing, prescelto dalla infinita saggezza del club uscito vincitore dalla tenzone e decretato dagli stessi fedeli adoranti il pù grande al mondo.
Ora, se avete ancora la pazienza di seguire questo mio racconto, voglio infine dire a voi tutti ciò che vidi su quel mirabile pullman turistico, con tutti i sensi storditi e in deliquio:
Al centro vi era Dio, assiso magnificente sul regale trono, che alcuni chiamavano “De Laurentiis”, alla sua sinistra lo Spirito Santo, che altri chiamavano il sommo “Pier Paolo Marino” e infine alla sua destra Jesù Cristo, meglio conosciuto come il tantrico “Emanuele Calaiò”; tutti e tre circondati da Santi anch’essi dispensando gloria sulla terra e a Capodichino in particolare.
Ora soltanto il Sommo Poeta può dirVi cosa noi provammo a veder cotanta immagine divina:
“Qual’è geometra che tutto s’affige per misurar lo cerchio, e non ritrova, pensando quel principio ond’ello ondige, tal era io a quella vista nova: veder volea come si convenne l’mago al cerchio e come si indova; ma non eran da ciò le proprio penne: se non che la mia mente fu percorsa da un fulgore in che sua voglia venne. All’alta fantasia qui mancò possa; ma già volgea il mio disio e ‘l velle, sì come rota ch’igualmente è mossa, l’amor che move il sole e le altre stelle”.
E poi nulla pù vidi, caddi svenuto in un profondo sonno dal quale mi ridesto soltanto ora.
Adriano Cozzolino

(ah mi sono anche accorto di essere incinto)

RDF: processi di produzione e classificazione.

La gestione di un impianto di termovalorizzazione è complessa soprattutto nella fase di selezione del rifiuto da bruciare e di ottimizzazione del processo di combustione. Questo, principalmente perché il rifiuto è fortemente disomogeneo e spesso poco adatto alla combustione. Per risolvere questi problemi i rifiuti possono essere trattati in modo da conferire ad essi proprietà in linea con le esigenze della combustione. Ciò porta alla formazione di RDF (refuse derived fuel, o CDR combustibile deriveto da rifiuti).

Per ottenere RDF si parte dal RSU, che viene trattato con processi di selezione e separazione di tipo fisico-meccanico:

  • triturazione;
  • vagliatura;
  • separazione magnetica;
  • separazione aerodinamica;

Ciò permette il recupero della frazione organica, che in seguito a stabilizzazione diventa FOS (frazione organica stabilizzata), inoltre si ha il recupero del ferro, dello stagno, del vetro, della plastica e dell’alluminio.

Il processo che permette la produzione di RDF è articolato prevede che, in seguito allo sversamento del rifiuto in una fossa di accumulo (con volume pari ad un giorno di stoccagio), tramite una benna idraulica si alimenta l’impianto di trattamento. La prima linea che si incontra è la rompisacchi automatica: è un cilindro che ruota all’interno di una parete a pettine che rompe i sacchetti dei RSU, si ha anche una riduzione della pezzatura e, tramite un sensore di sforzo, l’eliminazione di oggetti di grosse dimensioni. Il materiale che fuoriesce del rompisacchi ha una pezzatura abbastanza omogenea e viene inviato al vagliatore rotante autopulente: è un doppio cilindro inclinato a rotazione opposta di diametro di 2-3m con maglia di 10-15cm. Quest’apparecchiatura produce un sottovaglio di pezzatura omogenea ad alto contenuto organico, questo sottovaglio sarà soggetto a separazione magnetica e va depurato da pile e batterie per essere inviato alla stabilizzazione o all’impianto di compostaggio. Oltre al sottovaglio organico, la vagliatura produce un sottovaglio di pezzatura pù grande che viene anchesso deferrizzato su nastro magnetico e successivamente viene sottoposto alla classificazione aerodinamica: è un impianto che sfrutta il differente peso specifico dei diversi componenti, separa il leggero (carta, stracci, ecc.) dal pesante (inerti, vetri, metalli non ferrosi, ecc.). Il leggero viene inviato alla fase di triturazione differenziale: permette la tranciatura di carta ma non della plastica in modo che una successiva fase di separazione permetta di dividere la plastica dalla carta. Tutto il materiale non riciclabile e gli scarti vengono inviati in discarica.

La parte dei rifiuti a pù elevato potere combustibile (carta, cartoni, tessili, legno, platica, ecc.) ha un basso peso specifico (30-60 kg/m³). Per consentire il trasporto e lo stoccaggio si una una fase di riduzione delle dimensioni ed una fase di addensamento. Per far ciò si una un ciclo a basso consumo energetico:

  • triturazione si ha la riduzione delle dimensioni che porta alla produzione di “fluff“;
  • compattazione in modo da aumentare il peso specifico che porta alla produzione di “pellets”;
  • essiccazione in modo da avere un prodotto finale stabile e consistente.

Alla fine si ha un RDF con potere calorifico di 3500-5000 kcal/kg composto da carta, plastica, tessili, legno e inerti con pezzatura tra i 30-40mm e densità di 350-400 kg/m³

Curiosità: il termite RDF è stato coniato nel 1973 da Collins per una categoria della classe generica di WDF (waste dericed fuels).

L’ASTM (american society for testing and materials) ha stilato una classificazione dell’RDF:

  • RDF-1: rifiuto tal quale usato come combustibile;
  • RDF-2: rifiuto soggetto a trito-vagliatura (con o senza separazione magnetica);
  • RDF-3: combustibile da RSU triturato e trattato per rimuovere metalli, vetro e altri materiali inorganici (con dimensioni < 50mm per il 95% in peso);
  • RDF-4: combustibile da RSU trattao e ridotto in forma di polvere con dimensioni < 2mm per il 95%in peso;
  • RDF-5: combustibile da RSU addensato in forma di pellets, pezzi tondeggianti, cobetti e bricchette. Detto anche d-RDF;
  • RDF-6: combustibile da RSU trattato fino ad ottenere un combustibile liquido;
  • RDF-7: combustibile da RSU trattato fino ad ottenere un combustibile in forma gassosa;

I pù utilizzato sono l’RDF-3, RDF-4, RDF-5.

La normativa (facciamo riferimento al DMA 11-1-95) in relazione alle caratteristiche che deve avere l’RDF dice:

sia pttenuto da rifiuti solidi urbani e/o assimilabili, ad esclusione dei rifiuti tossici e nocivi e dei rifiuti ospedalieri, attraverso la raccolta differenziata e/o cicli di lavorazione che ne aumentano il potere calorifico, riducano la presenza di materiale metallizo, vetri, inerti, materiale organico putrescibile, contenuto di umidità e di inquinanti, entr i limiti riportati dalla tabella seguente e purché sia certificata la temperatura di rammollimento delle ceneri per ciascuna partita.

  • umidità: max 25%;
  • PCI sul tal quale: 12500 kJ/kg;
  • ceneri sul tal quale: max 20%;
  • Cl: max 0.7%;
  • S: max 0.5%;
  • Pb, sul secco in peso: max 200 mg/kg;
  • Cr: max 50 mg/kg;
  • Cu: max 150 mg/kg;
  • Mn: max 150 mg/kg;
  • Zn: max 500 mg/kg;
  • Ni: max 20 mg/kg;
  • As: max 10 mg/kg;
  • Cd+Hg: max 10 mg/kg;
  • Pb+Cr+Mn+Zn: max 900mg/kg;

La mia tesi, capitolo terzo: indagine sperimentale.

Quando si sceglie di fare una tesi che prevede la realizzazione di una serie di prove non può mancare la fase preventiva alle stesse: l’analisi  sperimentale. Le prove, nel mio caso specifico, sono state fatte in un contesto molto particolare che ha bisogno di un’accurata caratterizzazione.

Gli elementi essenziali della fase di sperimentazione sono stati: il carbone attivo, che è la matrice all’interno della quale si sono attivati tutti i processi tipici dell’asdsorbimento; le caratteristiche della soluzione da sperimentare (pH, T, concentrazioni, ecc). Per il carbone attivo è stato analizzato sia l’aspetto fisico che chimico, mentre dal punto di vista delle caratteristiche della sperimentazioni mi sono spinto a definire i range di pH e T all’interno del quale far vivere le soluzioni e a definire lo schema del reattore dove sarebbero state effettuate le prove.

Infine, si mostrano, senza particolari osservazioni, i risultati sperimentali, nello specifico le cosiddette “curve di breakthrough”.

Leggi in terzo capitolo.

Combustione, Incenerimento, Termovalorizzazione o Termodistruzione? Facciamo chiarezza.

È ormai consuetudine definire “incenerimento” il trattamento termico dei rifiuti, ma non sempre si può essere così approssimati nel definire un processo così articolato. Dal punto di vista puramente scientifico, per “combustione” e per “incenerimento” si indicano processi di rapida ossidazione di sostanze combustibili, spesso vengono usati indifferentemente ma è bene fare alcune precisazioni [Arena, 1992, Allegretti et al., 1995].

Combustione: processo che mira all’utilizzazione di combustibile, fossile o derivato da residui, con l’obbiettivo della massima produzione di vapore o potenza. In pratica ci si preoccupa di ottenere il massimo rendimento in termini di efficienza termica (CE, vedi D.M.A. 11/05/95):

CE (%) = 100 · Fco2 / (Fco + Fco2)

dove:
Fco2 = Concentrazione di anidride carbonica nei fumi;
Fco = Concentrazione di monossido di carbonio nei fumi;

Incenerimento: è il termine che rappresenta nello specifico lo smaltimento dei rifiuti e  mira alla distruzione termica della loro frazione organica. L’obbiettivo del trattamento è la riduzione della massa e del volume totali del rifiuto e, soprattutto, la conversione dei costituienti pù pericolosi. Con il tempo, questo termina sta perdendo sempre pù significato a favore di due nuove terminologie:

  1. Termodistruzione, che ha come unico obbiettivo la distruzione del rifiuto, ad esempio se molto pericoloso. Di norma avviene in forni rotativi;
  2. Termovalorizzazione, che ha in pratica gli stessi obbiettivi che prima abbiamo definito per l’incenerimento.

Tale distinzione in termini di nomenclatura verrà chiarita in seguito, per ora antcipiamo che in un impianto il rifiuto non viene incenerito, semplicemente perché le ceneri entrano ed escono senza subire particolari processi.

In un processo di termovalorizzazione ci si preoccupa di ottenere la massima efficienza di distruzione e rimozione (DRE), per ogni componente organico pericoloso (POHC):

DRE(%) = 100 · (Fwi – Fwe) / Fwi [= 99,99%]

dove:
Fwi = portata del componente POHC in ingresso;
Fwe = portata del componente POHC in uscita;

La normativa vigente in materia di rifiuti (D.L. 152/2006 parte IV) definisce il rifiuto come: qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie riportate nell’allegato A alla parte quarta del presente decreto e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi. Il decreto definisce anche una serie di sostanze spesso figlie del rifiuto o comunque ad esso collegare come la materia prima secondaria che sembra un gioco di parole ma che invece ha un significato ben preciso (definito dall’articolo 181). La materia prima secondaria o Mps, è frutto del processo di riciclaggio dei rifiuti con il recupero di materiale che può essere assimilato a materia prima (ad esempio l’Mps di polietilene). Oltre all’Mps, nel DL 152/2006 è definito anche il combustibile derivato dai rifiuti o CDR: combustibile classificabile, sulla base delle norme UNI 9903-1 e successive modifiche ed integrazioni, come RDF (refuse deridev fuel – combustibile derivato da ridiuti) di qualità normale che è recuperato dai rifiuti urbani e speciali non pericolosi mediante trattamenti finalizzati a garantire un potere calorifico adeguato al suo utilizzo, nonché a ridurre e controllare:

  1. il rischio ambientale e sanitario;
  2. la presenza di materiale metallico, vetri, inerti, materiale putrescibile ed il contenuto d’acqua;
  3. la presenza di sostanze pericolose ai fini della combustione;

Completiamo il quadro delle definizioni accennando al combustibile da ridiuti di elevata qualità o CDR-Q.

Per i RSU, il processo di trattamento termico è la termovalorizzazione, per il CDR, visto che non si tratta pù di rifiuto ma di residuo combustibile, il processo termico non è pù la termodistruzione ma è un semplice ciclo di combustione volto al recupero di energia.

L'"Oasi Naturalistica" di Cava Riconta.

Domenica scorsa (27 Maggio) c’è stata un’assemblea fuori i cancelli dell’ormai “chiusa” discarica di Villaricca: Cava Riconta. InBlog, InAmbienTe ed InterNapoli erano presenti ed abbiamo assistito a quella che può essere definita una tragedia classica napoletana.

Assemblea Striscione 1strisione 2

Striscione 3 Strizione 4

L’assemblea, voluta dai gruppi di Attac e @cat, alla quale hanno partecipato anche i sindaci di Qualiano, Villaricca e Giugliano ed il Senatore Nello Palumbo, poteva portare aria buona tra i miasmi ormai spenti di Cava Riconta, ma grazie alla miopia ed all’inettitudine di pochi scellerati stava per trasformarsi in una mega rissa senza precedenti. Infatti, a pochi minuti dall’inizio, quando la parola è stata passata ai sindaci e al senatore, il “comitato civico” di Villaricca 2 (capeggiato da un esponente politico canditato all’opposizione…), invece di ascoltare e di cercare un punto di incontro ha cominciato a “disturbare” l’assemblea con slogan e cori contro le istituzioni.

Sindaco Insulti al sindaco

Ma è stato quando il sindaco di Qualiano, Pasquale Galdiero, ha preso la parola che si è arrivati al peggio. Galdiero ha accusato il comitato civico Villaricca 2 di aver stretto un accordo con il Commissario di Governo, il quale (ci sono i documenti su InterNapoli), si è impegnato a finanziare un progetto di “riqualificazione” nella zona dell'”oasi di nostra signora della speranza” in cambio del silenzio. Il comitato, forse colpito nell’orgoglio, ha cominciato ad inveire pesantemente contro il sindaco, il quale ha dovuto abbandonare l’assemblea per evitare il peggio.

Prima che tutto cominciasse, ci siamo addentrati furtivamente in un sentiero che porta alle spalle della cava e quello che abbiamo trovato ci ha colpiti: tanta natura, tanto degrado, discariche di amianto abusive, fossati pronti per l’uso ed in parte già usati per sversare copertoni abusivamente…

Insomma, le vie sono infite (come ci dice il nostro amico Alessandro Iacuelli) ma l’unica che può portare ad una soluzione è la “via del dialogo”. Speriamo che i tanti comitati lo capiscano presto.

Aspetti normativi ed operativi nella realizzazione di un impianto di termovalorizzazione, seconda parte.

Nel precedente post (Aspetti normativi ed operativi nella realizzazione di un impianto di termovalorizzazione, prima parte.) ho introdotto, molto sommariamente, alcune pratiche nessarie sia alla realizzazione di un Impianto di Termovalorizzazione, sia alla gestione dello stesso. Ho pù volte posto l’accento su quelle che sono le attività di monitoraggio per consentire al gestore dell’impianto di capire se la sua creatura sta lavorando bene o sta lavorando male. Cerchiamo di entrare pù nel dettaglio e di comprendere i meccanismi che regolano il monitoraggio.

In recente Decreto Legislativo, il DL 11/05/2005 N° 133, si regolamenta la pratica dell'”incenerimento dei rifiuti” definendo alcuni parametri essernziali. Tale DL recepisce la direttiva CEE 2000/76/CE e regolamenta tutti gli impianti che inceneriscono i rifiuti (nuovi o precedenti) e i cementifici, fissando dei limiti in termini di concentrazioni per una serie rilevante di specie inquinanti. Inoltre, specifica che gli impianti esistenti devono adeguarsi alla nuova legge.

Nell’Allegato 1-A si fissano i limiti degli inquinanti, tra i quali troviamo alcuni metalli pesanti  molto pericolosi (la campionatura deve avvenire per periodi non inferiori ad 1ora e ci si riferisce a concentrazioni medie) come il Cd (Cadmio, al limite 0.05 mg/mc), il Hg (Mercurio, al limite 0.05 mg/mc), Cr (Cromo, al limite 0.5 mg/mc). È imposto un limite anche a PCDD + PCDF (Diossine + Furani, con periodo di campionatura di 8ore, al limite 1ng/mc) . Nell’Allegato 1-B si fissano i limiti degli inquinanti nella corrente liquida in uscita dalle fasi di trattamento dell’effluente gassoso inquinato.

Il DL fissa anche il metodo da adottare per le campionature, sono previste campionature in continuo per CO, polveri totali, NOx, Temperatura ed Ossigeno nella camera di combusione; sono invece previste almeno 3 misurazioni all’anno per i metalli pesanti, le diossine-furani, e gli IPA (Idrocarburi Policiclici Aromatici).

Certificazioni delle misurazioni. Ovviamente, non basta effettuare le misurazioni con la cadenza temporale prevista dal DL, ma queste devono anche essere certificate da enti nazionali o esteri. Per ottenere la certificazione bisogna rispettare tutta una serie di pratiche per rendere la misurazione esente da errori o manipolazioni. Nella norma UNI EN 14181: 2005 sono definite tutte le pratiche utili ad ottenere corretti Sistemi di Monitoraggio delle Emissioni (SME).

Procedure per ottenera la certificazione di SME. La norma Uni EN 14181: 2005 descrive quattro procedure da seguire per poter ottenere dell misurazioni ottimali:

  1. QAL 1: prevede la verifica dell’efficienza degli strumenti di misurazione a monte dell’installazione dell’SME tramite la misura di parametri come l’incertezza.
  2. QAL 2: prevede il controllo della corretta installazione e la taratura periodica degli impianti tramite un apparecchiatura di riferimento.
  3. QAL 3: verifica che il sistema SME sia funzionante nel tempo, verificando che siano rispettate le caratteristiche relative al QAL 2.
  4. AST: è un test di sorveglianza annuale per verificare le prestazioni ed il funzionamento dello SME e la taratura.

Concludendo. È possibile dare risposta alle popolazioni che voglio conoscere il loro grado di esposizione agli inquiananti provenienti da impianti di incenerimento limitrofi grazie a pratiche di monitoraggio e misurazione costanti e certificate. Per consentire all’opera di poter funzionare senza interruzioni è opportuno che si progetti una efficace rete di monitoraggio su tutto il territorio interessato dalle emissioni dell’impianto, questa pratica è anche l’ultimo tassello della valutazione di impatto ambientale, perché permette di verificare che le emissioni sono effettivamente quelle preventivate.

Il lento risollevarsi dell'ombra del vesuvio.

Un paio di giorni fa, o forse uno, ho letto un articolo su un post che trattava della pessima situazione che vive Napoli in questo periodo (io direi da quando mi ricordo di ricordare). Nell’articolo, che non ho condiviso, si faceva apertamente e ripetutamente riferimento all’invio dell’esercito a Napoli, affermando che solo con un’azione repressiva nei confronti dei delinquenti e della popolazione che li protegge, si può arrivare a creare un sistema all’interno del quale il buon cittadino possa mostrare la testa e farsi sentire.

Seguire questa strada sarebbe come dimenticare la storia. Ci sono state numerose politiche repressive, basti fare una ricerca su google per trovare riferimenti storici a decine, e tutte con un fine comune: il fallimento. Un popolo, soprattutto quello napoletano, che ha radicato nei propri usi e nel proprio sistema sociale una forma di anarchia e di non appartenenza allo stato (tanto niscune se ne fotte!!), può essere indotto a ricredersi solo se gli si dimostra il contrario (a nuje nce ne fotte… e come!!).

Io sono napoletano, ci sono nato a Napoli, sono andato a scuola Napoli (prima al Geometra di Via Foria e poi all’università di Fuori Grotta) e se non avessi avuto un’educazione semplice come solo due genitori figli della campagna come i miei sanno dare, sentirei forte l’assenza dello stato (in quanto stato). Per non tergiversare e per non appallare chi legge (almeno spero che lettori ce ne siano) vi riporto una storiella che ho scritto due anni fa su InterNapoli, storia che ha come spunto una geniale e semplice intuizione di due crimilogi americani: “la teoria della finestra rotta” e che credo possa essere lo spunto per una pù corretta impostazione del problema e della sua soluzione (se mai se ne avesse l’intenzione di cercarla!!).

“L’ormai noto Gennaro Esposito (soggetto già di altre mie storielle, è una “brava persona “. domdin), per andare a lavoro, fa un tratto di strada che costeggia un edificio di pubblica utilità con i mattoncini rossi, osserva sempre la fila ordinata di finestre che affacciano sulla strada e prosegue verso l’ufficio.
Gennaro Mezzarecchia (soggetto di altre mie storielle, è il delinquente di turno. domdin), la mattina non ha niente da fare perché non sempre c’è la possibilità di rapinare qualcuno e, un bel giorno, si ritrova ad osservare la bella fila di finestre dell’edificio pubblico con i mattincini rossi che il signor Esposito apprezza tanto. Si avvicina furtivamente ad una di queste finestre e senza una plausibile ragione ne rompe una. La quiete cala sulla città e la notte avvolge i nostri due amici.

La mattina dopo, Gennaro Esposito si appresta a costeggiare il palazzo di pubblica utilità dai mattoncini rossi e nota, con grande stupore, che una delle finestre è rotta. Rimane negativamente colpito ma prosegue, -l’aggiusteranno- pensa ingenuamente.
Poche ore dopo, l’acerrimo nemico del Mezzarecchia, Ginino Mazzacorta, nota che una delle finestre del palazzo di pubblica utilità con i mattoncini rossi è stata rotta. Si avvicina con passo felpato e ne rompe un’altra con un bel colpo assestato proprio nel mezzo. La quiete cala sulla città e la notte avvolge i nostri tre amici.

La mattina dopo per Gennaro Esposito è di nuovo un colpo. Raggiunto l’edificio di pubblica utilità con i mattoncini rossi si accorge che non solo la finestra rotta non è stata aggiustata ma che ne è stata rotta un’altra. –Che razza di città è questa!- pensa indignato il nostro onesto cittadino prima di proseguire verso l’ufficio.
Pochi minuti dopo, Gennaro Mazzacorta ha in mano la foto di una felice famigliola che ha appena trovato in un portafogli poco prima sfilato in un autobus di linea, la contempla per un secondo e la butta nel cassonetto dell’immondizia che costeggia il palazzo dai mattoncini rossi. Osserva con stupore che le finestre rotte sono due, fa un mezzo sorriso di soddisfazione e con un calcio al cassonetto ne rovescia il contenuto per la strada. –Tanto nisciuno dice niente!- pensa il nostro odiato delinquente.
A completare la giornata ci pensa il Mazzacorta che osserva le finestre ancora rotte e l’immondizia per la strada. Raccoglie dalla tasca un fiammifero, da’ fuoco ad un pezzetto di carta, lo butta sul cumulo di sacchetti della spazzatura e torna da dove è venuto. Alle sue spalle le fiamme prendono corpo in un riverbero di luci e calore, tra i sacchetti e le bottiglie di vetro mestamente brucia la foto di una ignara e felice famigliola.

La quiete cala sulla città e un acre odore avvolge il palazzo di pubblica utilità dai mattoncini rossi… Trascorre un mese.

L’onesto cittadino Gennaro Esposito non costeggia pù il palazzo di pubblica utilità, è stato costretto a cambiare percorso. Ormai nell’edificio dai mattoncini rossi regna il degrado: tutte le finestre sono state rotte, le porte divelte, la strada è un cumulo ininterrotto di immondizia da cui si sprigiona sempre del fumo denso e nauseabondo, all’angolo Gennaro Mezzarecchia spaccia ogni tipo di stupefacente e nell’edificio hanno trovato dimora una serie di prostitute efficientemente gestite da Gigino Mazzacorta che sembra aver fatto un accordo con Mezzarecchia.
–L’aggiusteranno – aveva pensato Gennaro Esposito quando aveva visto la prima finestra rotta. –L’avessi aggiustata io! – pensa ora nel vedere cosa è successo per quel misero ed insignificante gesto.”

Ecco che da un piccolo gesto, compiuto da un singolo individuo, si scatena una serie interminabile di eventi che porta al degrado e all’isolamento. Ecco che sono proprio i piccoli gesti a consentire la comune e civile convivenza.[…].

Sarebbe un’azione lenta, che colpisce la città dalla radice, certo non ci ammazzi la camorra ma di sicuro la rendi meno forte. Credo che sarebbe la strada giusta per risvegliare l’ombra del Vesuvio… la nostra amata Napoli.