Aspetti normativi ed operativi nella realizzazione di un impianto di termovalorizzazione, prima parte.

Alla base di una scelta forte, come quella della realizzazione di un impianto di termovalorizzazione, ci deve essere un’attenta analisi. Bisogna tener conto di una serie di realtà che possono condizionare il progetto e vanificarlo nei casi pù estremi. Tra i principali punti condizionanti ci sono le relazioni esistenti tra la salute umana e l’ambiente (principale preoccupazione della comunità pù prossima all’impianto), le conoscenze di chi dovrà operare a livello locale e i tempi di consapevolezza del rischio e quindi i tempi necessari a prendere una decisione certa e sicura. Come si può notare, questi aspetti non sono marginali e di poco conto e, per avere un metodo decisionale ideale ed oggettivamente giusto c’è bisogno di una chiara indicazione normativa che ci permetta di valutare quale sarà l’impatto ambientale dell’opera sotto tutti i punti di vista: comunità, operatori e decisori.

Ciminiera di un termovalorizzatore

In questo ci aiuta la normativa in materia ambientale, anche se in Italia c’è una forte confusione in merito. Infatti, lo strumento che avrebbe dovuto mettere ordine in questo senso (in Testo Unico, ovvero il DL 152/06) ha, di fatti, creato maggiore confusione. Comunque, le linee generali che la normativa prevede nel momento in cui si ha l’intenzione di realizzare un progetto come quello di un impianto di termovalorizzazione sono sostanzialmente:

  1. VAS: Valutazione Ambientale Strategica, che è un processo sistematico che valuta le conseguenze, sul piano ambientale, delle azioni proposte nell’ambito di iniziative nazionali, regionali o locali. L’obbiettivo è di considerare tutti gli aspetti formali sin dalle prime fasi (strategiche). La valutazione prevede anche consultazioni transfrontaliere nel caso in cui il progetto potrà avere conseguenze anche su paese terzi.
  2. VIA: Valutazione di Impatto Ambientale, che descrive gli effetti diretti ed indiretti di un progetto e delle sue principali alternative. Interessante aspetto della VIA è quello di considerare anche “l’alternativa zero”, cioè il caso in cui l’opera non viene realizzata. Gli effetti da valutare sono sull’uomo, sulla fauna, sul suolo, sulle acque di superficie e sotterranee, sull’aria, sul clima, sul paesaggio e sull’interazione tra detti fattori. Altri fattori importanti su cui valutare l’impatto sono i beni materiali, il patrimonio colturale, sociale ed ambientale.
  3. IPPC: Autorizzazione Integrata Ambientale, indica che l’azione deve essere incentrata su un approccio integrato per la prevenzione e la riduzione dell’inquinamento proveniente dai settori produttivi individuati in allegati alla normativa. Ci deve essere un coordinamento delle autorità sia in relazione alle autorizzazioni per la costruzione degli impianti, sia nel controllo delle emissioni nell’ambiente considerato come un “unicum” da proteggere.

Caratterizzazione ante-operam.

Alla luce delle considerazioni normative, è importante, prima di relizzare l’opera, avere una chiara visione della situazione ambientale della zona nella quale si inserirà l’impianto e sulla quale l’impianto avrà un impatto. Sarà opportuno fare uno screening del terrotorio ed analizzare la condizione ambientale di acqua, suolo ed aria.

Acqua. Si andrà ad analizzare lo stato dei corpi idrici superficiali misurando le caratteristiche fisico-chimiche: pH, T, durezza, conducibilità, ossigeno disciolto, Solidi Sospesi, COD, BOD, per poi passare ad una caratterizzazione in termini di qualità dei corpi idrici tramite dei bioindicatori. Per i corpi idrici sotterranei si procederà alla caratterizzazione delle falde ed alla loro potenziale potabilizzazione, inoltre si provvederà a monitorare le variazioni spaziali e temporali in un determinato intervallo di tempo. Altro fattore da monitorare riguarda l’azione antropica sui corpi idrici e la determinazione di tutti i composti che per effetto dell’attività umana sono presenti nelle acque: metalli pesanti, sali inorganici come cloruri e solfati, comporti organici come fenoli, PCDD (poli-cloro-dibenzo-diossani) e PCDF (poli-cloro-dibenzo-furani).

Suolo. come per l’acqua è necessario avere una chiara visione delle situazione geolitologica e geostrutturale del territorio nel quali insisterà l’impianto. Aspetto molto importante è la situazione idrogeologica del territorio soprattutto in termini di permeabilità e di circolazione delle acque nel sottosuolo, questo per verificare gli effetti di eventuali emissioni sottoforma di liquami. Altri aspetti riguardano l’uso sociale del territorio in termini di elementi e composti naturali presenti nel territorio utili alla comunità. Anche per il suolo si terrà conto dell’azione antropica esercitata.

Aria. Ci si riferisce al D.M. 261/02 che prevede una caratterizzazione della qualità dell’aria in relazione alle caratteristiche dell’impianto, la sua localizzazione geografica e le condizioni ambientali locali (vento, piovosità, eccetera). Per tener conto di ciò è necessario conoscere la climatologia della zona con dati meteorologici su base oraria, giornaliera, mensile ed annuale. È importante, quindi, conoscere i regimi termporali e spaziali delle precipitazioni e delle temperature, gli eventuali legami tra questi fattori e la circolazione atmosferica. Non in ultimo è importante valutare gli eventi intensi di precipitazioni e di vento ed il loto tempo medio di ritorno. In questo ci aiutano molto i sistemi GIS (Geographic Information Systems), che ci consentono di avere una chiara visione di tutte le caratteristiche del territorio.

Caratterizzazione post-operam.

In seguito alla realizzazione dell’opera è importantissimo monitorare l’ambiente in modo da verificare se gli effetti reali siano in linea con quanto previsto, fase terminale della VIA. Si dovranno monitorare: l’aria, l’ambiente idrico, suolo e sottosuolo, il rumore e le vibrazioni, la vegetazione, la fauna e ecosistemi.

Aria. Si provvederanno a monitorare gli effetti delle emissioni al camino, gli effetti delle concentrazioni in atmosfera e gli effetti delle ricadute al suolo. Dovremo tener conto sia dei macroinquinanti che sono in grado di generare effetti acuti per brevi tempi di esposizioni a concentrazioni che superano determinati livelli di soglia (CO, SO2), sia dei microinquinanti che sono responsabili di danni alla salute e all’ambiente per esposizioni prolungate anche a concentrazioni molto basse (diossine, furani, IPA, metalli pesanti). Per i macroinquinanti ho sistemi di campionatura automatici, di solito in corrispendenza delle fonti (ad esempio il camino), per i microinquinanti ho procedure di campionatura spesso indirette con procedimenti analitici complessi.

Biomonitoraggio. Si utilizzeranno dei biosensori che dovranno essere sensibili, ubiquitari, stazionari e longevi. Si dividono in: bioaccumulatori, che trattengono la sostanza inquinante all’interno di tessuti che verranno poi analizzati; bioindicatori, che manifestano la presenza di un inquinante attraverso l’alterazione della morfologia strutturale (macchie sulle foglie, deperimento, eccetera).

Aspetti generali del trattamento termico dei rifiuti. A confronto le tre principali tecnoligie: termodistruzione, gassificazione e pirolisi.

Le regole del progresso, figlie dell’enorme evoluzione culturale e tecnologica arrivata dagli Stati Uniti, hanno influenzato il modo di vivere di quasi tutta la popolazione mondiale. Si è indotti, a partire dagli spot pubblicitari, a soddisfare i nostri bisogni con beni che hanno volutamente vita breve. Per dare qualche numero, si pensi al pungente bisogno di chi è allergico: soffiarsi il naso. Fino a qualche anno fa, io lo ricordo benissimo, mia mamma ogni mattina mi preparava il fazzoletto pulito, era di stoffa, con le mie iniziali sopra. Li ho ancora quei fazzoletti, dopo venti anni li trovo ancora piegati e stirati nei miei cassetti. Le cose oggi sono leggermente cambiate, si va al Centro Commerciale e con 3 euro si coprano 30 pacchetti di fazzolettini di carta, di quelli “usa e getta”: soffia e butta via. Quando ero piccolo e mia mamma mi preparava il fazzoletto non avevo l’allergia, oggi sono allergico e quando mi va male consumo anche 4 pacchetti al giorno e se un pacchetto pesa 30g, produco 120g di rifiuto inutile e se consideriamo che il 25% degli italiani soffre di allergia ci sono 15mln di persone che nei periodi peggiori producono 1.800.000kg di rifiuto inutile. Ovviamente questi sono numeri dati quasi a caso, ma che numeri! Ecco che bisogna puntare alla massima riduzione del rifiuto, sia a monte che a valle della raccolta ed uno dei processi per farlo è proprio la termovalorizzazione.

La ciminiera di un termodistruttore.

Oggi, le tecnologie di termovalorizzazione del rifiuto sono sostanzialmente due:

  1. incenerire i rifiuti tal-quali o dopo un minimo di pretrattamento in un forno tecnologicamente avnzato
  2. trattare i RSU in modo da produrre materiale reinseribile nel ciclo produttivo e materiale residuo da bruciare

Il trattamento termico. Si hanno tre processi termici utili al trattamento dei RSU:

  1. Termodistruzione. In una relazione di un noto professore napoletano ho trovato questa definizione: “la termodistruzione è l’opzione di smaltimento finale che prevede di sottoporre i rifiuti ad un processo ossidante ad alta temperatura che porti all’eliminazione dei componenti pù pericolosi, trasformandoli in componenti pù semplici, trattabili con altre tecniche”.
  2. Gassificazione: dove ho una combustione parziale dei rifiuti in presenza di un difetto di ossigeno. Ciò permette solo ad una parte del rifiuto di bruciare producendo il calore necessario a decomporre termicamente la parte che non riesce a bruciare.
  3. Pirolisi: dove non ha luogo nessuna forma di combustione né tantomeno di ossidazione, piuttosto si una degradazione termica del materiale in totale assenza di ossigeno attraverso la cessione indiretta di calore.

Soffermiamoci, per ora, sulla prima tecnica ed analizziamone la definizione. Si possono fare alcune semplici considerazioni:  

  1. è un processo di smaltimento finale, anche se su questo non sono daccordo, infatti la stessa definizione alla fine si smentisce; 
  2. è una ossidazione, proprio ciò che naturalmente farebbe il rifiuto se lasciato a se stesso, ovviamente grazie all’elevata temperatura i processi sono molto diversi e con cinetiche molto diverse;
  3. tale ossiodazione porta all’eliminazione dei componenti pù pericolosi trasformandoli in composti pù semplici, anche su questo non sono daccordo, perché anche se la combustione tende sempre a produrre H2O e CO2, si hanno comunque una serie di composti pericolosi, anzi se non si fa attenzione se ne possono formare di estremamente pericolsi (vedi diossina);
  4. alla fine dobbiamo comunque intervenire con altri trattamenti per poter ridurre, dall’effluente gassoso (i fumi) l’ammasso di prodotti della combustione.

Obbiettivo. L’obbiettivo comune dei tre trattamenti sommariamente analizzati è di garantire una riduzione in peso ed in volume del rifiuto di partenza. La riduzione in peso vede la produzione di un residuo finale tecnicamente stabile conferibile in discarica.

L’energia di rifiuto. Ci sono alcune differenze sostanziali tra le varie tecniche in temini di conversione dell’energia di rifiuto: la termodistruzione permette un recupero di energia termica per la produzione di energia elettrica in situ, mentre la gassificazione e la pirolisi producono un gas a medio e basso potere calorifico che può essere trasportato anche a distanza. Trasformano l’energia di rifiuto in un “vettore energetico immagazzinabile e trasportabile”.

Venti anni di paradiso nella città dei rifiuti.

InAmbienTe. Si era nel lontano 1994, quando in Campania si cominciò a sentire puzza di ecomafia. Oggi siamo nel 2007 e la puzza è raddoppiata, da una parte la camorra e dall’altra il rifiuto.Fino al 1998, i rifiuti erano sversati in discarica senza nessun accorgimento preliminare, in pratica il rifiuto veniva prodotto dalla comunità e veniva sversato tal-quale nella discarica. Solo dopo l’approvazione del Decreto Ronchi (n° 22/1997) si impose il divieto di conferire il rifiuto tal-quale direttamente in discarica. Ad essere precisi, il D.L. 22/97 creò una vera rivoluzione nella gestione dei rifiuti in Italia, introducendo per la prima volta il concetto di Raccolta Differenziata e imponendo la riduzione della produzione alla fonte. Basti considerare che circa il 70% dei rifiuti è composto da imballaggi. Qualche anno dopo, con la legge che regolamenta l’uso delle discariche (36/03) si fece un passo indietro, fu re-introdotta la pratica dello smaltimenti tal-quale dei rifiuti (anche se la regione Campania non si adeguò) ponendo dei limiti sulla frazione organica a: 173 kg (di organico) per abitante ad anno fino al 2008, per arrivare a 81 kg per abitante anno nel 2018.

Discarica

Prima di iniziare a fare due conti è bene fissare l’attenzione su alcuni parametri importanti.

  1. Il limite imposto dalla normativa in tema di Raccolta Differenziata era a scalare, ed entro il 2003 era previsto un tetto minimo del 35%. Oggi, in Campania si stima (non so con quale criterio) il 12% di differenziata, ben al di sotto del limite normativo.
  2. Un abitante della Campania, in media produce 1,3 kg di rifiuto al giorno.
  3. Il 35% in volume di rifiuto è composto da organico.
  4. La legge permette di sversare il rifiuto tal-quale se ha apporto in materia di organico per abitante all’anno inferiore a 173 kg.
  5. Gli abitanti della provincia di Napoli sono circa 3000000.
  6. Gli abitanti del nostro comprensorio arrivano a circa 200000.
  7. La densità media di un rifiuto in un autocompattatore è di 0.3 tonnellate a metro cubo.
  8. In un impianto di trattamento si produce circa il 30% di organico che stabilizzandosi perde il 20%in volume.
  9. Circa il 20% sono sovvalli.
  10. Dalle ecoballe si ha il 15% di ceneri.
  11. Il volume medio di una Discarica come quella di Villaricca dovrebbe essere intorno ai 2000000 di mc (parametro stimato).

Veniamo ai nostri conti. Supponiamo di trovarci nella situazione attuale, dove dagli impianti esce rifiuto trito-vagliato che non subisce riduzione in volume:

  1. Produzione giornaliera di rifiuto della provincia di Napoli: 1.3 * 3000000 = 3900000 kg / giorno (3900 t/d).
  2. Volume di rifiuto al giorno: 3900 / 0.3 = 13000 mc / d di rifiuti che ogni giorno vanno in discarica.
  3. Giorni utili per il riempimento della discarica: 2000000 / 13000 = 153 (poco pù di cinque mesi).

Quindi ci rendiamo conto che, nel caso in cui tutta la provincia di Napoli sversi in un unico bacino di 2mln di mc un rifiuto senza che preventivamente ci sia stata una riduzione di massa, il sito si satura in un tempo di circa 5 mesi. Da considerare che nella gestione di una discarica controllata, per rientrare dei costi, si dovrebbe avere un tempo di attività almeno di 5 anni.

E se a sversare in quel bacino fosse solo il nostro comprensorio, cosa accadrebbe?

  1. Produzione giornaliera di rifiuto nel nostro comprensorio: 1.3 * 200000 = 260000 kg / giorno (260 t/d).
  2. Volume di rifiuto al giorno: 260 / 0.3 = 866 mc / d di rifiuti che ogni giorno vanno in discarica.
  3. Giorni utili per il riempimento della discarica: 2000000 / 866 = 2309 (circa sei anni e mezzo).

Direi che, alla luce dei due conti appena fatti, non sarebbe poi tanto male. Si smaltirebbero i nostri rifiuti, in quantità assai minori, con tempi per la gestione assi pù lunghi e possibilità quindi di maggiore attenzione nelle modalità di abbancamento e di conferimento.

Ma spingiamoci ancora oltre. Se nei lunghi anni di commissariamento si fosse arrivati alla piena realizzazione del ciclo integrato dei rifiuti, oggi ci sarebbero sette impianti di trattamento perfettamente funzionanti, tre impianti di termovalorizzazione e alcune discariche per il conferimento di FOS, sovvalli e ceneri. Inoltre, in Campania la Raccolta Differenziata si troverebbe al 35%. Cerchiamo di tirare fuori qualche cifra:

  1. Produzione giornaliera di rifiuto nel nostro comprensorio: 1.3 * 200000 = 260000 kg / giorno (260 t/d).
  2. Volume di rifiuto al giorno: 260 / 0.3 = 866 mc / d di rifiuti.
  3. Il 35% viene differenziato alla fonte: 866 * 0.35 = 303 mc di rifiuto differenziato, che esce dal ciclo. Restano 563 mc.
  4. Circa il 30% va nella frazione organica da stabilizzare: 563 * 0.30 = 167 mc, nella fase di stabilizzazione si perde circa il 20% in volume: 167 * 0.8 = 135 mc di FOS da conferire in discarica.
  5. Circa 20% sono i sovvalli: 563 * 0.2 = 113mc da conferire in discarica.
  6. Il 50% va a comporre le ecoballe: 563 * 0.5 = 282 mc.
  7. Dall’impianto di termovalorizzazione si produce il 15% di ceneri: 282 * 0.15 = 43 mc da conferire in discarica.
  8. Sommando la quantità di rifiuto da conferire in discarica (i numeri in grassetto) si ha: 135 + 113 + 43 = 291 mc.
  9. Giorni utili per il riempimento della discarica: 2000000 / 291 = 6872 (circa venti anni). Decisamente una situazione niente male.

Ricapitolando, se tutta la provincia di Napoli conferisce rifiuto tal-quale in un unico catino dalle dimensioni medie di 2mln di mc, nel giro di 5 mesi ci si ritrova nella situazione di partenza: trovare una discarica in cui conferire la produzione giornaliera di rifiuto.

Se a conferire il rifiuto tal-quale fosse solo un’area, quindi se si prevedono pù catini per l’intera provincia, la discarica si riempirebbe nel giro di cinque anni, con un vantaggio in termini di gestione, e quindi di qualità della vita dei centri abitati limitrofi, decisamente elevato.

Nell’ipotesi, oggi quasi fantascientifica, in cui il ciclo integrato dei rifiuti fosse attivo, a partire dalla raccolta differenziata fino alla termovalorizzazione delle ecoballe, si avrebbe uno scenario da paradiso terrestre, con la durata della discarica intorno ai 20 anni, all’interno della quale sarebbero conferiti la Frazione Organica Stabilizzata, quindi niente puzza e pochissimo percolato, i sovvalli degli impianti di trattamento (praticamente degli inerti) e le ceneri degli impianti di termovalorizzazione (inerti anch’esse).

Io opterei per il terzo scenario. E voi?

le vie infinite dei rifiuti

E’ bello sapere che ci siano ancora campani così legati alla propria terra, e Alessandro è un vero esempio per tutti. Il suo libro inizia con una introduzione sui rapporti tra criminalità e rifiuti, in particolare voglio riportare una citazione contenuta nel libro a riguardo questi rapporti : “ La Campania sembra essersi trasformata nel vero e proprio laboratorio nazionale degli accordi corruttivo- collusivi e delle connivenze perverse tra politica , affari e criminalità” . Il libro prosegue con una attenta analisi della situazione sviscerando la problematica comune per comune ,frazione per frazione, in particolare concentrandosi sui comuni pù colpiti come Pomigliano, Marigliano, Giugliano,Villaricca,e tanti altri toccando in pratica tutta la regione. Una notevole parte è dedicata alle diossine e al confronto tra Severo e Acerra , per poi arrivare alla conclusione che uno dei motivi maggiori della presenza di diossina così elevata è la diffusa pratica della combustione di pneumatici in aperta campagna, in concomitanza con lo smaltimento abusivo di fluff (rifiuto derivante dalla rottamazione di autoveicoli).Comincia poi la parte dedicata ai termovalorizzatori , impianti che Alessandro critica apertamente perché reputa pù idonee soluzioni tipo : pirolisi,celle a combustibile, gassificatori, riduzione degli imballaggi, come è stato fatto in città come Monaco di Baviera dove la differenziata è al 75% (sull’argomento non sono del tutto concorde con l’autore, ma vi ricordo che abbiamo già abbondantemente discusso in passato sul sito e quindi vi rimando agli articoli e alle discussioni pubblicate ).Una parte che invece mi ha molto colpito è quella in cui si mette in risalto l’amore di Alessandro per la sua “Campania Infelix” , questo amore si trasforma in rabbia in alcune frasi come questa “ La Campania è una delle popolazioni europee che si ribella di meno,è quella che alza di meno la voce, si rifugia nel gioco del lotto, e se proprio ci si ammala di cancro si fa un pellegrinaggio a Lourdes”,oppure “ I campani sono troppo campanilisti e quindi poco uniti”. Il libro andrebbe letto da tutti , in verità in alcune parti potrebbe risultare pesante e noioso per i non addetti ai lavori ma è proprio su questo disinteresse che si basa tutto , almeno chi ha un minimo di sensibilità ambientale dovrebbe darselo questo pizzicotto sulla pancia e informarsi su quello che certi signori stanno facendo, ovvero ,per riportare le parole di Alessandro, “Un furto di futuro”. Concludo con una frase significativa che da sola vale l’intero “sacrificio” della lettura ( per me è stato puro piacere); alla provocazione di alcuni suoi colleghi che gli dicevano “ Emigrate , andatevene tutti prima che sia troppo tardi” Alessandro risponde dicendo “Perché dovremmo emigrare ? Potrebbero magari sloggiare gli altri , quelli che hanno ucciso la Campania , ma si sa che sono un idealista “………forse caro Alessandro è vero che sei un idealista , ma non sei il solo.

Edoardo Farina

Le valvole termostatiche

Nella tecnologia degli impianti di riscaldamento, sono stati compiuti molti sforzi nella direzione del contenimento e della razionalizzazione dei consumi. Ma si può fare di pù. Si può regolare la temperatura di ogni singolo ambiente per sfruttare anche gli apporti gratuiti di energia, quelli dovuti, ad esempio, alla presenza di molte persone nei locali, ai raggi del sole che filtrano attraverso le finestre, agli elettrodomestici.
In ciascun radiatore, in sostituzione della valvola manuale, è possibile installare valvole termostatiche che regolino automaticamente l’afflusso di acqua calda in base alla temperatura scelta ed impostata su una apposita manopola graduata. La valvola si chiude mano a mano che la temperatura ambiente, misurata da un sensore, si avvicina a quella desiderata, consentendo di “deviare”il restante flusso di acqua calda verso gli altri radiatori ancora aperti.
In questo modo, si consuma meno energia nelle giornate pù serene, quando il sole è sufficiente a riscaldare alcune stanze e quando si può, ad esempio, impostare una temperatura pù bassa nelle stanze da letto e una pù alta in bagno o anche lasciare i radiatori aperti al minimo quando si esce di casa.
Le valvole termostatiche installate negli impianti centralizzati hanno anche una buona influenza sull’equilibrio termico delle diverse zone dell’edificio. Quando i piani pù caldi arrivano a 20°C, le valvole chiudono i radiatori, favorendo un maggiore afflusso di acqua calda ai piani freddi.
Il risparmio di energia indotto dall’uso delle valvole termostatiche può arrivare fino al 20%. Proprio per questa ragione, salvo poche eccezioni, ne è fatta obbligatoria l’installazione negli edifici di nuova costruzione e nelle ristrutturazioni.
Nei modelli pù recenti di radiatori, la valvola è già predisposta per ricevere una “testa” termostatica. In questo caso l’installazione è pù semplice e costa circa 25,00€ per ogni radiatore. Se invece è necessario sostituire l’intera valvola, il costo si aggira sui 60,00€, mano d’opera compresa.

Amianto nei pressi di Cava Riconta, ecco le foto ed il video delle condizioni della discarica.

Da internapoli: Una discarica di amianto a cielo aperto è stata scoperta e denunciata ieri mattina da Legambiente a pochissimi metri dai cancelli della discarica di Cava Riconta. Il consigliere nazionale dell’associazione ambientalista, Raffaele Del Giudice, ci ha guidati a pochi passi dal piazzale della discarica e ci ha indicato un deposito di Ethernit, famigerato prodotto realizzato con amianto e utilizzato in passato come materiale di copertura risultato poi da studi medici, un prodotto altamente cancerogeno. E’ scattata immediatamente la denuncia ai Carabinieri, sul posto sono giunti i militari della compagnia di Giugliano diretti dal Capitano Gaetano de Biase che hanno posto sotto sequestro l’intera area, una siepe che costeggia il vallone a ridosso della cava di Via Ripuaria, una zona dove la vegetazione è tra le pù ricche dell’intero territorio: piante rare e uccelli migratori hanno vissuto per secoli indisturbati, ma ora sono minacciati dai crimini ambientali perpetrati dall’uomo.

La mia tesi, capitolo secondo: adsorbimento di metalli pesanti.

Con il secondo capitolo già si comincia a fare sul serio. Nel mio caso ho introdotto il fenomeno principale che caratterizza l’argomento della tesi: l’adsorbimento dei metalli pesanti. In prima battuta ho fatto un’analisi generalizzata del fenomento partendo dagli aspetti termodinamici, descrivendone, senza particolari approfondimenti, le varie tipologie facendo la classica distinzione tra “adsorbimento chimico” (chemioadsorbimento) ed “adsorbimento fisico”, introducendo il concetto di “isoterma” e definendo le varie forme di quest’ultima.

Come è sempre consigliabile, si passa allo specifico, in particolare è utile particolarizzare quello che in prima battuta è stato detto in modo generico. Ho definito l’adsorbimento in soluzioni acquose, ponendo l’attenzione sulle diverse manifestazioni al variare del pH della soluzioe ed al variare delle sostanze presenti. C’è da dire che, vista la grande varietà di composti presenti, in soluzioni acquose il fenomeno dell’adsorbimento risulta essere particolarmente complesso.

Infine, vista la specificità della tesi, ho dovuto introdurre gli aspetti cinetici, introducendo le equazioni di bilancio di massa e di scambio di energia, vero cuore dell’analisi interpretativa dei dati. Infatti, saranno proprio queste equazioni che, discretizzate, porteranno ad una soluzione accettabile del problema.

Insomma, un’interessante analisi del mondo dell’adsorbimento, fenomo importantissimo nell’ambito della depurazione di reflui (liquidi e gassosi) da sostanze molto perisolose come i metalli pesanti. Vi lascio alla lettura del file: Adsorbimento di metalli pesanti.

Le Bugie degli Anti Ecologisti.

Ho trovato quest’articolo su http://www.aclibergamo.it/ e lo trovo interessante e provocatorio.

 Ora che il rapporto di 2500 scienziati dell’Onu ha documentato che sono in corso vasti cambiamenti climatici, dovuti a un aumento generale della temperatura provocato dalle attività dell’uomo, dalla iperproduzione, dalle colossali emissioni di gas che vengono dalle industrie e dai loro prodotti, e che se non si cambierà registro si va incontro oltre ai danni già in atto, a varie catastrofi a piacere, dalla riduzione dei ghiacciai, all’innalzamento dei mari, alla sommersione delle terre, alla desertificazione di altre, nessuno, credo, può pù negare che il problema esiste e che l’«effetto serra» è un’invenzione dei soliti apocalittici.

E infatti, di fronte all’evidenza, nessuno pù lo nega. Ma i rimedi proposti sono i soliti: «fonti di energia pulite, «rinnovabili», tecnologie ancor pù sofisticate per poter avere uno «sviluppo sostenibile».Non esiste nessun «Sviluppo sostenibile». Lo sviluppo è già insostenibile. E ogni suo ulteriore incremento comunque ottenuto, al posto della decrescita, porta ancor pù velocemente alla catastrofe ecologica. È illusorio pensare di salvare capra e cavoli, lo Sviluppo e l’ambiente, con il ricorso a fonti di energia «alternative». Qualsiasi fonte di energia usata in modo massivo è inquinante. Se al posto del petrolio e dei combustibili fossili si userà l’idrogeno, tanto caro al tecnologica Sonn Rifkin, si alleggerirà l’ecosistema in un punto ma lo si appesantirà in qualche altro. Senza contare che la conversione di un fonte di energia in un’altra vuole tutta una serie di adattamenti sistemici che non possono esser ottenuti che usando altra energia. Cosicché se nel particolare si ottiene, poniamo, la riduzione dell’inquinamento da due a uno, a livello sistemico lo si quadruplica. E invece di risolvere il problema lo si aggrava. «La tecnologia» mi ha detto una volta il filosofo della Scienza Paolo Rossi «per ogni problema che risolve ne apre altri dieci ancor pù complessi con un effetto moltiplicatore».Questi si sono semplicemente dimenticati dell’entropia, della seconda legge della termodinamica che Carnot enuncia nel 1824 a proposito dei flussi di calore delle macchine a vapore e che nel 1860 il fisico tedesco Clausius estese alla produzione di tutte le forme di energia.Tutto ciò perché in Occidente non ci si vuole, o non si può, rassegnare a una società in cui lo sviluppo, la produzione di beni, il consumo, l’economia, il Pil non siano in costante crescita. E invece l’unica soluzione, se non vogliamo uccidere l’ecosistema che ci ha dato e ci dà la vita, è la decrescita: della produzione, dei consumi, dell’economia. Noi dobbiamo ridurre drasticamente i nostri livelli di vita, anche perché il cosiddetto benessere – andando qui oltre la questione dell’inquinamento che è la pù evidente, la pù immediatamente percepibile da chiunque, ma non è nemmeno la pù importante – si è rivelato uno straordinario malessere esistenziale. Ovunque. In Cina da quando è iniziato il «boom» economico il suicidio è diventato la prima causa di morte fra i giovani e la terza fra gli adulti. In Europa i suicidi sono decuplicati dall’era preindustriale a oggi. Vorrà pur dir qualcosa. O no?

Il presidente della Banca Mondiale Paul Wolfowitz (davvero un bel soggettino, uno dei teocon pù scatenati che ha fortissimamente voluto la guerra all’Iraq, commentando il rapporto degli scienziati Onu lamenta: «È triste constatare che oltre un milione di persone in varie parti del mondo sopravvivono a fatica, con un reddito inferiore a un dollaro al giorno.
Ancor pù numerosi sono gli esseri umani che non hanno accesso all’elettricità nelle zone rurali dei Paesi «in via di sviluppo». A parte il fatto che nelle economie di sussistenza, cioè di autoproduzione e di autoconsumo, si può fare a mano anche di un dollaro, al giorno o all’anno, Wolfowitz non sembra rendersi conto della contraddizione: se in quei luoghi arrivasse l’elettricità, se arrivassero i dollari, se i «Paesi in via di Sviluppo» si sviluppassero come noi il pianeta crollerebbe sotto il suo proprio peso. Se ottocento milioni di cretini industrializzati hanno mezzo a rischio l’ecosistema, sei miliardi lo distruggerebbero all’istante.Bisogna che gli abitanti dei Paesi industrializzati riducano i loro livelli di vita, abbassino la cresta e le loro folli pretese di crescita infinita su cui è basato il modello economico e sociale occidentale (le crescite esponenziali esistono in matematica, non in natura), solo allora, forse, potranno convincere i Paesi che chiamiamo del Terzo Mondo a fermarsi al punto in cui sono o, meglio, ancora, a ritornare ai loro modi di esistenza tradizionali in cui vivevano pù serenamente e umanamente, prima che noi li trasformassimo in «Paesi in via di Sviluppo» (espressione che assume oggi connotati pù sinistri che mai) perché, per alimentare la nostra crescita, abbiamo un assoluto e assassino bisogno, oltre che delle loro fonti di energia, dei loro mercati.Non so chi abbia messo in testa all’uomo occidentale (dimentico di tutto, della sua cultura di base, quella greca, di Eraclito e persino della fisica moderna) che la crescita sia un bene in sè.
Anche il tumore è una crescita. Di cellule impazzite. Qui a far la parte delle «cellule impazzite» è l’uomo che è diventato il tumore della Terra e di se stesso.

Massimo Fini.

La mia tesi, capitolo primo: introduzione.

L’introduzione della tesi è, di solito, la parte pù noiosa ma al tempo stesso pù semplice. Nella maggiorparte dei casi si tratta di fare un’analisi dettagliata di quello che è il cuore dello scritto, nel mio caso il Mercurio (Hg). Sono partito da un’analisi chimica del componente, fino ad arrivare ad aspetti meno tecnici, come le fonti naturali ed antropiche, sorgenti di emissione industriali, concentrazioni tipiche in acque dolci e marine, fino ad arrivare alla tossicologia e agli effetti sull’uomo. Inoltre, oltre agli aspetti oggettivi del mercurio, ho trattato alcuni aspetti normativi, e le metodologie di trattamento dei reflui contenenti Hg.

L’introduzione si chiude con una breve indicazione dello “scopo del lavoro”.

Per ovvie ragioni di formattazione del testo e per agevolare la lettura e la diffusione della tesi ho deciso di pubblicarla in formato pdf: Introduzione alla mia tesi.

Lancio un ulteriore segnale verso la condivisione: pubblico la mia tesi… senza nulla a pretendere!!

Appena laureato, volevo inserire dei riferimenti alla mia tesi su uno dei maggiori portali a pagamento utili allo scopo, ma poi decisi di rifletterci su. Oggi, quasi improvvisamente, ho preso la mia decisione: pubblico la tesi con Licenza Creative Commons. In pratica potete farci quello che volete, anche riutilizzarla e modificarla, evitando di farne un uso commerciale e lasciando inalterata la licenza.

Ovviamente, questa mia decisione è frutto di una linearità con il mio modo di vedere l’informazioni oggi: libera e gratuita. Del resto, InAmbienTe è un portale che ha come unico scopo la condivisione di materiale didattico, senza costi e senza scopi di lucro, come vedete non ci sono banner pubblicitari.

Prima di entrare nel merito di questa mia iniziativa, vorrei fare una breve introduzione, cercando di indirizzare i lettori a quello che è il mondo che vive un tesista (o meglio, che viveva un tesista del vecchio ordinamento). Vi racconto come ho scelto la mia tesi.

Per chi ha seguito, o segue, il corso di Ingegneria per l’Ambiente ed il Territorio a Napoli,  questo nome sarà familiare: Amedeo Lancia. Lancia è un professore (il professore) che insegna alla facoltà di Ingegneria, che io sappia fa corsi sia a Chimica che ad Ambiente e Territorio. Io l’ho conosciuto per la prima volta nel 2000 (credo), al corso di “Ingegneria Chimica Ambientale” e la prima impressione è stata: “sei un grande… Lancia!!”. Ho seguito il corso per intero, la pù bella esperienza didattica della mia vita, e, dopo aver studiato tanto, ho fatto l’esame nel mese di Luglio… la pù brutta esperienza della mia vita. Risultato finale… 21/30 ed un commento lapidario del prof: “Se ne laurano 100… se ne laureano pure 101”.

Solo dopo qualche anno ho capito il senso di quella frase, che in prima battuta ho reputato offensiva e di basso livello. Prima di darci il voto (eravamo in due a fare l’esame) il prof. ci spingeva a rifiutare, a ritornare e a dimostrare il nostro vero valore, ma la voglia di un esame in meno ha spinto me ed il mio collega ad accettare il tozzo di pane… questo spinse Lancia al commento lapidario e poco edificante… questo ha spinto me a crescere e migliorare esame dopo esame.

Dopo quella esperienza, quasi per caso, ho re-incontrato Lancia al corso di “Impianti di Trattamento degli Effluenti Inquinanti”, gestito in collaborazione con il prof. Arena. Questa, come allora, è stata un’altra magnifica esperienza didattica. Lancia ed Arena hanno saputo stuzzicare il mio interesse nella materia, ma il fattore determinante è stato uno: Alessando Erto, mio brillante collega laureatosi prima di me con grande profitto.

Ho incontrato Alessabdro al laboratorio di Lancia, con il quale si è laureato e con il quale fa il Dottorato, mi ha parlato della sua tesi… e mi ha convinto. Credetemi, ragazzi, andare da Lancia e chiedergli di fare la tesi ha superato, come esperienza universitaria e di vita, le due precedenti esperienza con il prof. Mi ha parlato come si parlerebbe ad un quasi ingegnere, con rispetto e comprensione, mi ha fatto fare un giro nel laboratorio, indicandomi i vari progetti di ricerca, dandomi la possibilità di scegliere e di conoscere le varie realtà in gioco. Alla fine, sempre grazie ad Alessandro e con l’aiuto del geniale Francesco Di Natale, ho scelto per una tesi sulla “Rimozione di Mercurio da soluzioni acquose mediante Adsorbimento su Carbone Attivo”. È stato come fare il ricercatore… per un anno… un’esperienza che reputo unica ed irripetibile.

Ho sentito di amici che, con tesi di qualche mese, scrivendo quattro capitoli e non capendo nulla hanno avuto il massimo dei punti; io, con una tesi formativa, che è durata un anno, e che mi ha permesso di conoscere un mondo tutto nuovo, ho avuto il massimo dei punti e la possibilità di vivere un’esperienza con tante persone che reputo amici e con i quali ho condiviso bei momenti.

Ecco perché vi consiglio di scegliere con attenzione l’argomento della vostra tesi: sarà l’occasione pù grande che avrete per dimostrare ad una platea di professori… quanto realmente valete.

Per ora comincio dall’inizio… ma proprio inizio… pubblicando il frontespizio, il resto verrà un passo per volta. Continua a leggere

Piroliziamoci!

E’ stato elaborato un progetto, descritto nel file in PDF che ho allegato (Descrizione_processo_pirolitico), che propone la costruzione e la gestione di un sistema completo di smaltimento di CDR e di combustibili
alternativi compatibili sfruttando la Pirolisi. L’impianto risulta inoltre adatto al trattamento di rifiuti solidi organici in genere.

La pirolisi non è una tecnologia nuova ma è stata ripresa poichè ha molti vantaggi rispetto alla semplice combustione dei rifiuti solidi (CDR).

In pratica si tratta di portare a temperature di circa 500°C i rifiuti organici in assenza di ossigeno, i quali a tali temperature si decompongono in una frazione liquida e una gassosa (principalmente metano). Il vantaggio è che non esiste la produzione di Diossine e si abbatte nontevolmente la produzione di ceneri volatili contenenti metalli pesanti.

Vi invito a dare uno sguardo all’ allegato in pdf di una società, la www.eko-technology.com, che ovviamente magnifica l’impianto screditando la combustione diretta del rifiuto! resta però un fondo di verità che non va sottovalutato! leggete e fatemi sapere il vostro parere!

27 motivi per preoccuparsi

Nel seguente articolo vi propongo una serie di anomalie climatiche avvenute nel 2006 , forse le catastrofi e le anomalie prese singolarmente non fanno un grande effetto ma viste nell’insieme fanno pensare:

1) Europa centrale e occidentale : autunno eccezionalmente caldo.
2) Europa occidentale : luglio con caldo record.
3) Algeria : piogge e alluvioni in febbraio,50 mila persone colpite.
4) Etiopia : alluvioni tra agosto e ottobre,600 vittime.
5) Russia : Mosca con le temperature pù basse degli ultimi 30 anni.
6) Malawi : alluvioni in marzo,le pù intense degli ultimi 30 anni.
7 Russia centrale : temperature inferiori alla media di 2-3°.
8 Afghanistan : 2,5 milioni di persone colpite dalla siccità all’inizio dell’estate
9) India/Bangladesh : 300 morti per freddo tra dicembre e gennaio.
10) Ciclone tropicale Mala : in aprile colpisce la Cina con venti fino a 213 km/h.
11) Tifone Durian : in novembre colpisce le Filippine con venti a 230 km/h.
12) Cina : siccità nel mese di Maggio.
13) Tifone Sagomai : in agosto colpisce la Cina con venti fino a 260 km/h.
14) Ciclone tropicale Monica : venti fino a 288 km/h.
15) Ciclone tropicale Larry : venti a 185 km/h in Australia.
16) Buco nell’ozono : picco a settembre.
17) Copertura nevosa emisfero nord : livello della neve pù basso dall’81.
18) Canada : temperature 2-4° sopra la media.
19) Nord Usa : nevicate record ed estate secca.
20) Uragano Ernesto: categoria 1 nelle Hawaii.
21) Uragano Sergio : venti fino a 176 km/h.
22) Brasile meridionale : 11% di perdite nei raccolti agricoli a causa della siccità.
23) Oceano Pacifico : eventi fuori della media ( 19 tempeste,11 uragani).
24) Bolivia : 17500 persone senza tetto a causa delle inondazioni.
25) Suriname : 25000 km2 di terre inondate dalle alluvioni.
26) Mar glaciale artico . estensione minima di sempre.
27) USA : 140 morti per caldo in California.

Edoardo Farina