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Quate volte ci siamo trovati dinanzi a questo dilemma: ma questo bicchiere (o bottiglia, o piatto, o quello che è) è differenziabile o meno? Non sempre la risposta è affermativa e non sempre è immediata, ma da ora la domanda potrà essere formulata diversamente. Infatti, è già da qualche anno che si sente parlare di plastica biodegradabile: la PLA (plastica derivata da mais), che è ottenuto da zuccheri fermentati derivati dal mais. La PLA è compostabile al 100% e premette uno smaltimento completo e senza residui.
In pratica, possiamo prima bere dal nostro bicchiere di plastica e poi compostarlo in modo da ottenere ammendante per l’agricoltura. Ormai sono diffusi anche sistemi di packaging in PLA in modo da poter smaltire allo stesso modo anche gli involucri in plastica dei prodotti acquistati. L’Italia è una delle nazioni che maggiormente si sta impegnando nello sviluppo di queste plastiche biodegradabili e vanta la prima bottiglia di acque minerali interamente compostabile.
Il PLA è anche definito ecosostenibile perché prodotto da risorse rinnovabili, attraverso processi di fermentazione del mais, separazione e polimerizzazione (con produzione di acido polilattico) e si degrada nel terreno in circa 12 settimane. Il problema, però, è che per consentire questa degradazione si devono instaurare particolari condizioni ambierntali. In pratica, se buttiamo un bicchiere di PLA in una discarica, non otteniamo nessun recupero: il PLA va’ compostato! Altro problema che si ha, è nel confronto con il PET (polietilene tereftalato), che oggi viene agevolmente riciclato. Se il PLA entra nel circuito di riciclaggio del PET, si può avere un’inquinamento del materiale da riciclare e che può ridurre notevolmente la resa del riciclato. Inoltre, non è semplice per la popolazione distinguere le bottiglie per poterle smaltire in modo differente.
C’è un altro fattore che porrebbe il PLA in condizioni svantaggiose nei confronti del PET ed è proprio la sua principale caratteristica: la rapida degradazione. Questo nuovo materiale plastico si deforma facilmente già a 55°C e non può garantire la stessa sicurezza che ganantisce il PET (che comincia a defomrarsi a 75 °C). Altro fattore negativo è la bassa tenuta della CO2, che limita l’uso del Pla nell’imbottigliamento di bevande gassate. Inoltre, se tutte le bottiglie di acqua nel mondo fossero realizzate in Pla, sarebbero necessari tra i 10 e i 12 milioni tonnellate di mais. Bisogna anche considerare che per coltivare 1 chilogrammo di mais, da cui si ottengono da 22 a 28 bottiglie, ci vogliono 250 litri d’acqua.
A vantaggio del PLA ci sono numerosi fattori, primo tra tutti il non essere legato al mercato fluttuante del petrolio il ché gli permette di avere costi pù o meno costanti. Altro fattore importante è il fatto di essere composto da un polimero “greenhouse-gas-neutral“, cioè che non ha impatto sull’effetto serra (se si sfruttano fonti di energia rinnovabile per la sua produzione, ovviamente).
Insomma, un ottimo surrogato del PET ma che deve ancora fare molta strada per essere distribuito su larga scala. Staremo a vedere.