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Erano i tardi anni ‘80 quando la Laguna di Venezia si trovo a fare i conti con una vera e propria infestazione di alghe. Dietro la straordinaria proliferazione di queste specie vegetali una concomitanza di cause: da un lato la presenza nelle acque della laguna di una grande quantità di nutrienti artificiali come sali di fosforo e sali di azoto, dall’altro il perdurare di elevate temperature estive.
L’evento fu di dimensioni tali da rendere instabile l’ecosistema, e richiedere necessariamente l’intervento delle istituzioni, al fine di prevenire la deossigenzione dell’habitat lagunare e la conseguente morte degli organismi acquatici ospitati. E’ stato stimato che negli anni ‘80 la produzione annuale di biomassa di Ulva (la specie algale presente in Laguna) ammontava a circa 18 milioni di tonnellate.
Fu così che nel 1989 il Magistrato delle Acque di Venezia, in collaborazione con il Consorzio Venezia Nuova, iniziò la raccolta delle alghe e la presa in esame della possibilità di riciclare la biomassa algale, altrimenti difficile da smaltire in discarica. Nasce così, quasi per caso, la creazione di Shiro Alga Carta, brevettata e fabbricata dalla Favini srl, storica cartiera italiana.
Il progetto ebbe un successo tale nello smaltimento delle alghe, da meritare la fiducia dell’Unione Europea che lo inserì nei due programmi comunitari LIFE: nel primo, Life93, Favini rientrò come partner beneficiario di ENEA, sviluppando appunto la tecnica di produzione di carta dalle alghe provenienti dalla Laguna di Venezia, il Mar Mediterraneo (Orbetello) e l’Oceano Atlantico (Portogallo); nella seconda tranche, denominata Life95, l’azienda, unico beneficiario del progetto, fu chiamata a sviluppare tecnologie in grado di produrre carta a partire da rifiuti organici come scorze di arance e limoni, residui della lavorazione della barbabietola da zucchero e del mais, fanghi provenienti dalle cartiere e Cid gas derivati della combustione.
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