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Ho sempre creduto che diventando un Ingegnere per l’Ambiente ed il Territorio avrei potuto fare qualcosa per la mia terra martoriata, forse lo credo ancora ma nel profondo della mia coscienza so che questa mia sensazione è solo una vana speranza. E vi spiego perché.
Ho un conoscente, che chiamerò Nicola (un nome di fantasia), che lavora come ispettore per un consorzio che si occupa riciclo dei materiali plastici. Il suo lavoro consiste nell’andare presso i centri di selezione delle plastiche e di controllare che tutti i processi seguano le specifiche dettate dalla normativa. Prima di andare avanti con il discorso, voglio fare una breve premessa per introdurvi meglio nel mondo del riciclo delle plastiche.
Premessa. Il ciclo gestito dal consorzio, in generale, ha varie tappe. Il primo step è raccolta differenziata presso i comuni, che può essere monomateriale o multimateriale, in seguito i rifiuti differenziati si depositano presso gli impianti di preselezione e pressatura e da questi agli impianti di selezione e smistamento. Il tutto è gestito indirettamente dal consorzio, che sfrutta tutta una rete di impianti presenti sul territorio nazionale, il quale, per monitorare le varie fasi, invia degli ispettori che operano una serie di controlli per verificare sia le quantità che le qualità dei materiali. Nicola è uno di questi.
L’ispettore. Dal punto di vista pratico Nicola, che lavora presso l’impianto di selezione e smistamento, deve operare i vari controlli. Di solito, il primo controllo consiste nel prendere nota del peso dei camion all’entrata e del peso degli stessi all’uscita in modo da conoscere il peso esatto del materiale scaricato, successivamente deve fare un’analisi merceologica delle balle di pressato che arrivano e questo per due motivi: sia perché bisogna verificare l’effettiva consistenza delle plastiche, sia per suddividere le stesse a seconda delle loro caratteristiche (materiale, colore, forma, tipologia, ecc.), questo perché a seconda del metriale si hanno diversi prezzi. Infatti, il materiale che arriva agli impianti è di proprietà del consorzio (che è un ente pubblico) il quale ha interesse a verificarne l’effettiva consistenza per poterne valutare il reale valore. Fin qui non c’è nulla di strano, anzi direi che il tutto è funzionale e, per uno come me che queste cose le ha studiate, anche interessante. Ma, come era facile immaginare, non è proprio così semplice.
La connivenza. Vi dico immediatamente che Nicola non lavora pù presso il consorzio e forse qualcuno di voi ha già capito il perché. Il ruolo dell’ispettore è molto importante, infatti è dai suoi verbali che prendono forma i numeri ed è grazie alla sua volontà di fare bene o male che un carico passa i controlli o meno, quindi immaginate a quali pressioni è soggetto ogni giorno. “Il lavoro è buono – mi ha detto – la paga è buona, anzi se sei connivente riesci anche ad arrotondare”, ed è proprio quella connivenza che a Nicola non è andata gù. In pratica, una delle principali richieste è quella di falsare i numeri. Volendo fare un esempio, se all’impianto arrivano balle pressate con un contenuto di plastica di 1.000 kg, gli viene chiesto di certificarne 800 kg, in modo che chi gestisce l’impianto ha, effettivamente, rubato 200 kg di materiale riciclabile al consorzio, solo che questo Nicola non lo ha mai voluto fare. Inoltre, gli viene chiesto di certificare che materiale ottimo per il riciclo, sia invece scarto da smaltire, in modo da sottrarre ulteriori guadagli al consorzio.
I rifiuti speciali. “Il problema – ha continuato Nicola – non è solo quello dei numeri e dei controlli falsati, ma anche di strani processi di smaltimento di rifiuti speciali”, e su questo mi sono davvero preoccupato. In pratica, mi ha spiegato Nicola, che alcune aziende del Nord inviano ad alcuni impianti del sud i loro rifiuti speciali (come l’amianto) i quali vengono mischiati con le plastiche e, in seguito, sminuzzati. I pellets che si producono vengono poi inviati agli impianti di riutilizzo con evidenti conseguenze sia su coloro che lavorano in questi impianti sia di tutto il ciclo che viene a valle del riutilizzo. Un vero disastro sanitario. Credetemi c’è davvero da preoccuparsi.
Sogni da incosciente. Tramite alcuni amici, ho saputo che dalle nostre parti c’è un’azienda che ha basato la sua produzione escusivamente sulla plastica riciclata e che si trova in difficoltà perché non riesce a procurarsi la materia prima. Da buon sognatore avevo pensato di attivare una sorta di riciclo di bottiglie di plastica sullo stile dei vestiti usati: i volantini fuori ai cancelli, il recupero delle buste con le bottiglie, ed il rimborso dei cittadini pù efficienti. Ma la risposta di Nicola mi ha ancora una volta gelato l’entusiasmo. “Ti chiudono subito se fai una cosa del genere, gli togli il lavoro e chi lavora in questo mondo non va molto per il sottile”. Sogno bruciato, entusiasmo andato a male, voglia di partire e andare via… tanta.
Articolo pubblicato su www.internapoli.it
Che tristezza, che senso di sconforto, mi chiedo in tutto questo marasma di cose che davvero non vanno bene la politica dove sia! Non intendo con il termine politica la lode o la critica verso questo o quel partito ma da idealista che sono mi chiedo la politica come si esercitava nella polis greca che fine ha fatto? La politica intesa come servizio, per il bene della comunità , dove è andata a finire? Forse è scappata lontano, via da qua! Le parole dell’articolo non fanno altro che ribadire quanto tutti più o meno sanno, il dato forse maggiormente preoccupante è che stà scomparendo anche il senso di indigniazione verso queste cose che piano piano, complice anche la rassegnazione di fronte a situazioni che non cambiano mai, si trasformano in realtà , dati di fatto con i quali giorno dopo giorno ci si convive, diventando così parte di un sistema sempre più difficile da cambiare. Cambiare le cose questo dovrebbe essere fatto, ma non appena provi a farlo ti scontri con realtà inimmaginabili, contro le quali la politica di cui sopra non fà assolutamente nulla, venendo meno alla sua naturale ragione di essere:
” esercitare il potere per il bene della comunità ” Il mio non vuole essere un esame sociologico, non ne avrei le competenze, sono solo un quasi ingegnere per l’ambiente ed il territorio. Il mio è un semplice sfogo. A volte mi chiedo cosa farò dopo essermi laureato, parlando con colleghi già alle prese con problemi lavorativi mi rendo conto che bene o male assomigliano tutti al nostro Nicola, alcuni però non vanno via, non lottano nemmeno( a volte ci si trova a lottare contro la stessa legalità )ma diventano invece parte del sistema.