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Proprio la settimana scorsa abbiamo segnalato un valido progetto di ricerca del MIT (Massachusetts Institute of Technology) e ora ci ritroviamo a proporre un altro validissimo progetto di ricerca, sempre dell’istituto di Massachusetts e sempre sull’uso razionale delle risorse naturali. I ricercatori del MIT, stavolta, hanno dimostrato che produrre energia elettrica dagli alberi è cosa fattibile: basta mettere un elettrodo su una pianta e un altro nel terreno per ottenere una differenza di potenziale di 200 mV, scarica sufficiente ad accendere un piccolo circuito elettrico. Lo scopo sarebbe quello di sostituire i pannelli solari fotovoltaici (artificiali) con gli alberi (che sarebbero pannelli fotovoltaici naturali) ma, vista la bassa differenza di potenziale che si ottiene, la cosa è, per ora, poco conveniente. Infatti, un sistema simile, potrebbe essere utile a tenere attivo un piccolo impianto antincendio che potrebbe attivarsi automaticamente in caso di incendio. “Per quel che ne sappiamo – spiega il professor Babak Parviz, docente di ingegneria elettrica presso l’Università di Washington – è la prima volta che si riesce a produrre energia esclusivamente mettendo degli elettrodi negli alberi”.
Un progetto simile si sta portando avanti anche in Italia, precisamente dal dipartimento di Ortoflorofrutticoltura di Firenze, che studia l’elettrofisiologia radicale già da alcuni anni.”Si tratta di una scoperta interessante – spiega il professor Francesco Ferrini, direttore del dipartimento e presidente della Società Italiana di Arboricoltura – generata in realtà da un meccanismo molto semplice. E’ dalla fine degli anni ’60 che si ipotizza di ricavare energia dagli alberi, il libro The secret life of plants di Peter Tompkins e Christopher Bird ha segnato l’inizio di un nuovo modo di concepire il rapporto tra pianta e uomo. Ma purtroppo degli alberi e delle loro infinite risorse si sa ancora pochissimo”.
Le difficoltà che si hanno nella sperimentazione di simili progetti sono relativi alla durata media di vita degli esseri umani nei confronti degli alberi. Infatti, un albero può vivere anche 1.000 anni ed ha tempi di reazione molto lenti. Questo problema, i ricercatori americani, sono riusciti a superarlo facendo esperimenti sulla parte che pù velocemente si deteriora in un albero: le foglie. il professor Carlton Himes, altro membro del team che ha realizzato la scoperta, ha trascorso un’intera estate studiando le foglie d’acero, molto comuni in America, e il processo di fotosintesi clorofilliana. Il meccanismo di trasformazione della linfa grezza in linfa elaborata genera una quantità di energia che è possibile intercettare e incanalare, ed è proprio questo che i ricercatori hanno fatto, costruendo un convertitore ad hoc. Gli studiosi hanno anche inserito nel dispositivo un orologio capace di alimentarsi con l’energia prodotta dall’albero e di riattivare il circuito a scadenze prestabilite, in modo da creare un meccanismo che si autoalimenta e non si spegne mai. Proprio come il circuito vitale degli alberi. L’apparecchio nel corso dell’esperimento ha consumato circa 10 nanowatt.
“Quello che abbiamo realizzato – conclude Parviz – è molto diverso dai normali generatori di energia vegetali, ad esempio quelli ottenuti dalla patata. Abbiamo sfruttato non una reazione chimica tra sostanze diverse ma l’energia stessa dell’albero”. Una tecnologia tutta naturale che non potrà, per il momento, sostituire le centrali eoliche o quelle a energia solare, ma riuscirà magari a creare un rapporto diverso tra alberi e uomo.