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"M'illumino di meno" Per il quarto anno consecutivo da Caterpillar

Per il quarto anno consecutivo Caterpillar, il noto programma di Radio2, in onda tutti i giorni dalle 18 alle 19.30, lancia per il 15 febbraio 2008 “M’illumino di meno”, una grande giornata di mobilitazione internazionale in nome del risparmio energetico.

Dopo il successo delle passate edizioni, Cirri e Solibello, i conduttori di Caterpillar, chiederanno nuovamente ai loro ascoltatori di dimostrare come il risparmio sia una possibilità concreta e reale a cui attingere oggi stesso per superare i problemi energetici che assillano il nostro paese e gran parte delle nazioni del pianeta. L’invito rivolto a tutti è quello di spegnere le luci e tutti i dispositivi elettrici non indispensabili il 15 febbraio 2008 dalle ore 18. Semplici cittadini, scuole, aziende, musei, gruppi multinazionali, astrofili, società sportive, gruppi scout, istituzioni, associazioni di volontariato, università, cral aziendali, ristoranti, negozianti e artigiani uniti per diminuire i consumi in eccesso e mostrare all’opinione pubblica come un altro utilizzo dell’energia sia possibile.

Nelle precedenti edizioni “M’illumino di meno” ha contagiato milioni di persone impegnate in un’allegra e coinvolgente gara etica di buone pratiche ambientali. Lo scorso anno il “silenzio energetico” coinvolse simbolicamente le piazze principali di tutt’Italia: a Roma si spensero il Colosseo, il Pantheon, la Fontana di Trevi, il Palazzo del Quirinale, Montecitorio e Palazzo Madama, a Verona l’Arena, a Torino la Basilica di Superga, a Venezia Piazza San Marco, a Firenze Palazzo Vecchio, a Napoli il Maschio Angioino, a bologna Piazza Maggiore, a Milano il Duomo e Piazza della Scala, a Pisa Piazza dei Miracoli, a Siena Piazza del Campo, a Catania Piazza del Duomo, ad Agrigento la Valle dei Templi, e centinaia di altre piazze in centinaia di altri comuni grandi e piccoli, grazie al prezioso aiuto dell’ ANCI, l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani.

La campagna di “M’illumino di meno 2008” inizierà il 15 gennaio e si protrarrà per un mese fino al 15 febbraio (vigilia dell’anniversario dell’entrata in vigore del protocollo di Kyoto), dando voce al racconto delle idee pù interessanti e innovative, in Italia e all’estero, per razionalizzare i consumi d’energia e di risorse, dai piccoli gesti quotidiani agli accorgimenti tecnici che ognuno può declinare a proprio modo per tagliare gli sprechi.

Sul sito internet del programma www.caterueb.rai.it, sarà possibile segnalare la propria adesione alla campagna, precisando quali iniziative concrete si metteranno in atto nel corso della giornata, in modo che le idee pù interessanti e innovative servano da esempio e possano essere riprodotte dagli altri aderenti.
Quest’anno la campagna “M’illumino di meno” è patrocinata Ministero dell’Ambiente e dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

La redazione di Caterpillar

e-mail: caterpillar@rai.it

Imprese, politici e camorra ecco i colpevoli della peste di ROBERTO SAVIANO

Imprese, politici e camorra ecco i colpevoli della peste.
Gli ultimi dati dell’Oms parlano di un aumento vertiginoso, oltre la media nazionale, dei casi di tumore a pancreas e polmoni
di ROBERTO SAVIANO

(Roberto Saviano è l’autore di Gomorra, il best-seller che racconta un viaggio nell’impero economico e nel sogno di dominio della camorra. Qui di seguito un suo articolo).
È un territorio che non esce dalla notte. E che non troverà soluzione. Quello che sta accadendo è grave, perché divengono straordinari i diritti pù semplici: avere una strada accessibile, respirare aria non marcia, vivere con speranze di vita nella media di un paese europeo. Vivere senza dovere avere l’ossessione di emigrare o di arruolarsi.

E’ una notte cupa quella che cala su queste terre, perché morire divorati dal cancro diviene qualcosa che somiglia ad un destino condiviso e inevitabile come il nascere e il morire, perché chi amministra continua a parlare di cultura e democrazia elettorale, comete pù vane delle discussioni bizantine e chi è all’opposizione sembra divorato dal terrore di non partecipare agli affari piuttosto che interessato a modificarne i meccanismi.

Si muore di una peste silenziosa che ti nasce in corpo dove vivi e ti porta a finire nei reparti oncologici di mezza Italia. Gli ultimi dati pubblicati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità mostrano che la situazione campana è incredibile, parlano di un aumento vertiginoso delle patologie di cancro. Pancreas, polmoni, dotti biliari pù del 12% rispetto alla media nazionale. La rivista medica The Lancet Oncology già nel settembre 2004 parlava di un aumento del 24% dei tumori al fegato nei territori delle discariche e le donne sono le pù colpite. Val la pena ricordare che il dato nelle zone pù a rischio del nord Italia è un aumento del 14%.

Ma forse queste vicende avvengono in un altro paese. Perché chi governa e chi è all’opposizione, chi racconta e chi discute, vive in un altro paese. Perché se vivessero nello stesso paese sarebbe impensabile accorgersi di tutto questo solo quando le strade sono colme di rifiuti. Forse accadeva in un altro paese che il presidente della Commissione Affari Generali della Regione Campania fosse proprietario di un’impresa – l’Ecocampania – che raccoglieva rifiuti in ogni angolo della regione e oltre, e non avesse il certificato antimafia.

Eppure non avviene in un altro paese che i rifiuti sono un enorme business. Ci guadagnano tutti: è una risorsa per le imprese, per la politica, per i clan, una risorsa pagata maciullando i corpi e avvelenando le terre. Guadagnano le imprese di raccolta: oggi le imprese di raccolta rifiuti campane sono tra le migliori in Italia e addirittura capaci di entrare in relazione con i pù importanti gruppi di raccolta rifiuti del mondo. Le imprese di rifiuti napoletane infatti sono le uniche italiane a far parte della EMAS, francese, un Sistema di Gestione Ambientale, con lo scopo di prevenire e ridurre gli impatti ambientali legati alle attività che si esercitano sul territorio.

Se si va in Liguria o in Piemonte numerosissime attività che vengono gestite da società campane operano secondo tutti i criteri normativi e nel miglior modo possibile. A nord si pulisce, si raccoglie, si è in equilibrio con l’ambiente, a sud si sotterra, si lercia, si brucia. Guadagna la politica perché come dimostra l’inchiesta dei Pm Milita e Cantone, dell’antimafia di Napoli sui fratelli Orsi (imprenditori passati dal centrodestra al centrosinistra) in questo momento il meccanismo criminogeno attraverso cui si fondono tre poteri: politico imprenditoriale e camorristico – è il sistema dei consorzi.

Il Consorzio privato-pubblico rappresenta il sistema ideale per aggirare tutti i meccanismi di controllo. Nella pratica è servito a creare situazioni di monopolio sulla scelta di imprenditori spesso erano vicino alla camorra. Gli imprenditori hanno ritenuto che la società pubblica avesse diritto a fare la raccolta rifiuti in tutti i comuni della realtà consorziale, di diritto. Questo ha avuto come effetto pratico di avere situazioni di monopolio e di guadagno enorme che in passato non esistevano. Nel caso dell’inchiesta di Milite e Cantone accadde che il Consorzio acquistò per una cifra enorme e gonfiata (circa nove milioni di euro) attraverso fatturazioni false la società di raccolta ECO4. I privati tennero per se gli utili e scaricarono sul Consorzio le perdite. La politica ha tratto dal sistema dei consorzi 13.000 voti e 9 milioni di euro all’anno, mentre il fatturato dei clan è stato di 6 miliardi di euro in due anni.

Ma guadagnano cifre immense anche i proprietari delle discariche come dimostra il caso di Cipriano Chianese, un avvocato imprenditore di un paesino, Parete, il suo feudo. Aveva gestito per anni la Setri, società specializzata nel trasporto di rifiuti speciali dall’estero: da ogni parte d’Europa trasferiva rifiuti a Giugliano-Villaricca, trasporti irregolari senza aver mai avuto l’autorizzazione dalla Regione. Aveva però l’unica autorizzazione necessaria, quella della camorra.

Accusato dai pm antimafia Raffaele Marino, Alessandro Milita e Giuseppe Narducci di concorso esterno in associazione camorristica ed estorsione aggravata e continuata, è l’unico destinatario della misura cautelare firmata dal gip di Napoli. Al centro dell’inchiesta la gestione delle cave X e Z, discariche abusive di località Scafarea, a Giugliano, di proprietà della Resit ed acquisite dal Commissariato di governo durante l’emergenza rifiuti del 2003. Chianese – secondo le accuse – è uno di quegli imprenditori in grado di sfruttare l’emergenza e quindi riuscì con l’attività di smaltimento della sua Resit a fatturare al Commissariato straordinario un importo di oltre 35 milioni di euro, per il solo periodo compreso tra il 2001 e il 2003.

Gli impianti utilizzati da Chianese avrebbero dovuto essere chiusi e bonificati. Invece sono divenute miniere in tempo di emergenza. Grazie all’amicizia con alcuni esponenti del clan dei Casalesi, hanno raccontato i collaboratori di giustizia, Chianese aveva acquistato a prezzi stracciati terreni e fabbricati di valore, aveva ottenuto l’appoggio elettorale nelle politiche del 1994 (candidato nelle liste di Forza Italia, non fu eletto) e il nulla osta allo smaltimento dei rifiuti sul territorio del clan.

La Procura ha posto sotto sequestro preventivo i beni riconducibili all’avvocato-imprenditore di Parete: complessi turistici e discoteche a Formia e Gaeta oltre che di numerosi appartamenti tra Napoli e Caserta. L’emergenza di allora, la città colma di rifiuti, i cassonetti traboccanti, le proteste, i politici sotto elezione hanno trovato nella Resit con sede in località Tre Ponti, al confine tra Parete e Giugliano, la loro soluzione.

Sullo smaltimento dei rifiuti in Campania ci guadagnano le imprese del nord-est. Come ha dimostrato l’operazione Houdini del 2004, il costo di mercato per smaltire correttamente i rifiuti tossici imponeva prezzi che andavano dai 21 centesimi a 62 centesimi al chilo. I clan fornivano lo stesso servizio a 9 o 10 centesimi al chilo. I clan di camorra sono riusciti a garantire che 800 tonnellate di terre contaminate da idrocarburi, proprietà di un’azienda chimica, fossero trattate al prezzo di 25 centesimi al chilo, trasporto compreso. Un risparmio dell’80% sui prezzi ordinari.

Se i rifiuti illegali gestiti dai clan fossero accorpati diverrebbero una montagna di 14.600 metri con una base di tre ettari, sarebbe la pù grande montagna esistente ma sulla terra. Persino alla Moby Prince, il traghetto che prese fuoco e che nessuno voleva smaltire, i clan non hanno detto di no.

Secondo Legambiente è stata smaltita nelle discariche del casertano, sezionata e lasciata marcire in campagne e discariche. In questo paese bisognerebbe far conoscere Bùtiful cauntri (scritto alla napoletana) un documentario di Esmeralda Calabria, Andrea D’Ambrosio e Peppe Ruggiero: vedere il veleno che da ogni angolo d’Italia è stato intombati a sud massacrando pecore e bufale e facendo uscire puzza di acido dal cuore delle pesche e delle mele annurche. Ma forse è in un altro paese che si conoscono i volti di chi ha avvelenato questa terra.

E’ in un altro paese che i nomi dei responsabili si conoscono eppure ciò non basta a renderli colpevoli. E’ in un altro paese che la maggiore forza economica è il crimine organizzato eppure l’ossessione dell’informazione resta la politica che riempie il dibattito quotidiano di intenzioni polemiche, mentre i clan che distruggono e costruiscono il paese lo fanno senza che ci sia un reale contrasto da parte dell’informazione, troppo episodica, troppo distratta sui meccanismi.

Non è affatto la camorra ad aver innescato quest’emergenza. La camorra non ha piacere in creare emergenze, la camorra non ne ha bisogno, i suoi interessi e guadagni sui rifiuti come su tutto il resto li fa sempre, li fa comunque, col sole e con la pioggia, con l’emergenza e con l’apparente normalità, quando segue meglio i propri interessi e nessuno si interessa del suo territorio, quando il resto del paese gli affida i propri veleni per un costo imbattibile e crede di potersene lavare le mani e dormire sonni tranquilli.

Quando si getta qualcosa nell’immondizia, lì nel secchio sotto il lavandino in cucina, o si chiude il sacchetto nero bisogna pensare che non si trasformerà in concime, in compost, in materia fetosa che ingozzerà topi e gabbiani ma si trasformerà direttamente in azioni societarie, capitali, squadre di calcio, palazzi, flussi finanziari, imprese, voti. E dall’emergenza non si vuole e non si po’ uscire perché è uno dei momenti in cui si guadagna di pù.

L’emergenza non è mai creata direttamente dai clan, ma il problema è che la politica degli ultimi anni non è riuscita a chiudere il ciclo dei rifiuti. Le discariche si esauriscono. Si è finto di non capire che fino a quando sarebbe finito tutto in discarica non si poteva non arrivare ad una situazione di saturazione. In discarica dovrebbe andare pochissimo, invece quando tutto viene smaltito lì, la discarica si intasa.

Ciò che rende tragico tutto questo è che non sono questi i giorni ad essere compromessi, non sono le strade che oggi solo colpite delle “sacchette” di spazzatura a subire danno. Sono le nuove generazioni ad essere danneggiate. Il futuro stesso è compromesso. Chi nasce neanche potrà pù tentare di cambiare quello che chi li ha preceduti non è riuscito a fermare e a mutare. L’80 per cento delle malformazioni fetali in pù rispetto alla media nazionale avvengono in queste terre martoriate.

Varrebbe la pena ricordare la lezione di Beowulf, l’eroe epico che strappa le braccia all’Orco che appestava la Danimarca: “il nemico pù scaltro non è colui che ti porta via tutto, ma colui che lentamente ti abitua a non avere pù nulla”. Proprio così, abituarsi a non avere il diritto di vivere nella propria terra, di capire quello che sta accadendo, di decidere di se stessi. Abituarsi a non avere pù nulla.

(5 gennaio 2008)

L’Inceneritore di Corteolona. Una realtà lontana anni luce da quella campana.

Come alcuni di voi sapranno io torno da poco da un esperienza lavorativa Milanese, durante la quale mi sono occupato del monitoraggio degli inquinanti nei fumi di combustione. Sempre per motivi lavorativi ho visitato l’inceneritore di Corteolona e mi sono dovuto ricredere su molte cose.

Io non sono molto favorevole agli inceneritori però l’impianto di Corteolona è a mio avviso un fiore all’occhiello e quindi lasciatemi illustrare un po cosa ho visto.

Per prima cosa si può dire che attorno all’inceneritore c’è un vero e proprio polo industriale del rifiuto. C’è una discarica con Lotti ancora aperti e funzionanti e Lotti invece che sono dedicati alla produzione di Biogas. In questi ultimi viene applicata una tecnica sperimentale in cui si inietta nella discarica dell’acqua (molto probabilmente non solo quella) per attivare il processo batterico e regolarizzarlo nel tempo. Con questa tecnica si produce in 8 anni il biogas che altrimenti verrebbe prodotto in 15.

C’è poi un digestore di grandi dimensioni per la produzione di biogas dai fanghi di depurazione dei reflui civili. Questo Biogas in parte viene utilizzato per auto riscaldare il digestore (e quindi aumentare la produzione) e parte viene convogliato, insieme a quello prodotto dalla discarica, a delle turbine per la produzione di energia elettrica.

C’è poi un impianto per la produzione di compost dalle frazioni umide. Compost che poi viene rivenduto nelle campagne confinanti e non solo.

Detto questo, dopo che è stato riutilizzato quasi la totalità dei rifiuti, rimane la parte non smaltibile che viene appunto incenerita nell’impianto principale. Non voglio illustrarvi ne i sistemi di abbattimento ne l’impianto stesso dato che ho fatto una piccola ricerca su internet e potrete saperne molto di più dai link che vi allegherò al termine del post. Voglio invece spiegarvi un po’ le sensazioni che mi ha fatto l’impianto.

Per prima cosa, miracolosamente, non puzza! io sono stato anche alla discarica dismessa di Giugliano e vi posso garantire sono stato male per 2 giorni, là no! L’impianto è in costante miglioramento, nonostante abbia un buon rendimento si vuole spingere ulteriormente gli abbattimenti di certi inquinanti e per questo si cerca di fare della sperimentazione per meglio controllare la combustione. Il CDR sminuzzato brucia in un reattore letto fluido dove appunto il tutto è mantenuto in movimento e può essere più facilmente monitorato.

Il clima è comunque quello di un azienda che si scontra con le esigenze economiche, i paletti sempre più stringenti delle ARPA, la voglia di investire soldi per migliorare il processo. La cosa che mi ha colpito di più è lo spirito imprenditoriale del nord, una visione a lungo termine che fa investire soldi in previsione di limiti futuri più bassi e non quando ormai le cose sono compiute e non si può far più nulla, come spesso capita al sud. In pratica nonostante l’azienda riesca a soddisfare i limiti imposti dall’ARPA si cerca un ulteriore miglioramento e questo mi ha fatto piacere.

Detto questo non voglio entrare in merito sull’efficienza o la bontà dell’impianto, se è giusto o meno bruciare i rifiuti dico solo che effettivamente esistono degli esempi da prendere in considerazione. L’inceneritore ad Acerra al centro di tante polemiche è sempre meglio dei rifiuti bruciati in mezzo alla strada? in linea di principio direi di si! però si potrebbe, e si dovrebbe, tendere a una razionalizzazione dei rifiuti inceneriti e fare come a Corteolona dove solo una parte viene incenerita il resto degradato biologicamente.

In conclusione è sbagliato secondo me pensare all’inceneritore di Acerra come una scelta definitiva ed immutabile, dovrebbe invece essere vista come una soluzione transitoria che ci permette di tirare un po il respiro il tempo necessario a riassettare il ciclo dei rifiuti in Campania e mettere in piedi una differenziata di eccellenza.

Buon anno,
Christian

Di seguito alcuni link interessanti:

La centrale a CDR di Corteolona
Contributi impianti Ecodeco al raggiungimento del obbiettivi 1
Contributi impianti Ecodeco al raggiungimento del obbiettivi 2

La paralisi campana e l’impianto ecologico veneto (Corriere della Sera)

Inceneritori. Se Napoli copiasse Venezia. Mentre in campania è paralisi nel veneto si costruisce un impianto modello nel trattamento dei rifiuti.

Dal  Corriere della Sera

Riuscirà Babbo Natale a raggiungere tutti i bambini facendosi largo con la slitta tra montagne di spazzatura? Ecco il dubbio di tanti piccoli napoletani. I quali, oltre al gran freddo che il buon Gesù ha mandato loro a rendere meno fetida l’aria, avrebbero diritto ad avere in dono un po’ meno di ipocrisia. Cosa ci hanno raccontato, per anni e anni? Che il pattume partenopeo, ammucchiato senza uno straccio di raccolta differenziata così com’è («tale quale», in gergo) non può essere trattato, ripulito, riciclato, trasformato in combustibile e bruciato.

Falso. Succede già. A Venezia. Dove lo stesso tipo di immondizia viene smaltito senza problemi dal pù grande impianto europeo di Cdr (Combustibile Derivato dai Rifiuti) che manda in discarica solo il 6% di quello che arriva coi camion e le chiatte. E dov’è l’inceneritore? Dov’è questo mostro orrendo le cui fiamme fanno inorridire i campani che da anni, dipingendosi già avvolti dai fumi neri della morte, si ribellano all’idea di ospitarne qualcuno? A tre chilometri dalle bancarelle del mercato di Marghera. A cinque da Mestre. A otto dal campanile di San Marco. Senza che nessuno, neppure il gruppuscolo ambientalista pù duro e puro e amante delle farfalle, abbia mai fatto una manifestazione, un corteo, una marcetta, un cartellone di protesta. Prova provata, se ancora ce ne fosse bisogno, che sotto il Vesuvio sono troppi a giocare sporco.

Pare una clinica, l’impianto in riva alla laguna, ai margini di Marghera. La bolzanina «Ladurner» l’ha costruito (dal primo scavo nel terreno al fissaggio degli interruttori elettrici) in dodici mesi. Contro i millenni necessari, non per l’indolenza delle persone quanto per la rete di veti e ricatti, nella sventurata Campania che, stando ai dati Apat, rappresenta da sola il 43% del territorio italiano inquinato dallo smaltimento scriteriato, o addirittura criminale, della «munnezza». Impianto pulito. Silenzioso. Efficiente. Apparentemente quasi deserto. «Quanti dipendenti? Meno di un centinaio. Al Cdr, su tutto il ciclo, 28 persone», spiega Fiorenzo Garda, dell’azienda altoatesina. Sei in meno di quanti bivaccano al call-center napoletano del Pan (Protezione ambiente e natura) dove, stando al rapporto della commissione parlamentare, ogni centralinista riceve mediamente una telefonata a testa alla settimana.

Ventotto persone che, scivolando tra capannoni, rampe e officine, ricevono ogni giorno i rifiuti urbani di Venezia (comprese Mestre, Marghera, le isole), Chioggia e larga parte della Riviera del Brenta per un totale di 300mila persone. Meglio: per un totale equivalente a una popolazione di 300mila abitanti. La Serenissima è infatti una città speciale per almeno due motivi. Il primo è che, scesa nei decenni a 50mila residenti, accoglie ogni anno quasi 20 milioni di turisti (meglio: 20 milioni di presenze giornaliere, per una media di circa 55mila abitanti supplementari al giorno con punte di 150mila) ai quali è praticamente impossibile imporre la raccolta differenziata. Il secondo è che un conto è portar via la campana della carta e del vetro coi camion in terraferma (dove la «differenziata» sta mediamente al 45%) e un altro con le barche nei canali.

Risultato: le «scoasse» veneziane sono uguali alla «munnezza» napoletana. Con pù nero di seppia e meno pummarola, ma uguali. E infatti, caricate sulle barche a da lì trasbordate su enormi chiatte alle spalle della Giudecca, quando arrivano alle banchine di Marghera potrebbero essere perfettamente confuse con quelle che vengono scaricate dai camion nelle fosse dantesche degli impianti partenopei. È lì che i destini si dividono.

I rifiuti campani, in attesa dei termovalorizzatori (quello di Acerra che doveva essere acceso a ottobre, dopo 14 anni dalla prima dichiarazione di emergenza, è bloccato dall’inchiesta dei giudici e i lavori per quello di Santa Maria La Fossa devono ancora cominciare) vengono imballati alla meno peggio e ammassati in gigantesche piramidi su terreni comprati a prezzi sempre pù folli, con misteriosi rincari anche del 500% in dodici ore. Piramidi che ormai stoccano sette milioni di tonnellate di «ecoballe» (che «eco» non sono) le quali potrebbero, se allineate, coprire la distanza che c’è da Parigi a New York. Una situazione esplosiva. Che costringe da anni i commissari via via nominati a recuperare nuove discariche (l’ultima è a Serre, a 102 chilometri dal capoluogo campano e per farla hanno buttato gù centinaia di querce) o a riaprirne di chiuse sfidando la collera degli abitanti. Collera spesso accesa dalla camorra, che vede a rischio i suoi affari. Che si nutrono proprio dell’emergenza campana. Costata fino ad oggi almeno un miliardo e duecento milioni di euro. I rifiuti veneziani no, quelli i soldi, agli azionisti pubblici, li fanno guadagnare. Dice Gianni Teardo, responsabile tecnico degli impianti, che quest’anno il complesso di Marghera, costato 95 milioni di euro (un dodicesimo dei soldi spesi in Campania) va in attivo. Spiegare come la spazzatura venga «bollita» per una settimana in enormi cassoni («biocelle»), asciugata, sminuzzata, passata al setaccio per separare quello che può essere riciclato tra i metalli, la plastica o la carta, sarebbe lungo. Basti sapere che, mettendo insieme questo lavoro con quello a monte della raccolta differenziata e poi una seconda e una terza operazione di filtraggio, l’impianto veneziano si vanta di mandare in discarica nell’entroterra di Chioggia solo il 6% del pattume trattato. Che dovrebbe essere ridotto entro un paio di anni al 3%. «Anche se puntiamo a ridurlo ancora, fino ad azzerare il ricorso alla discarica ».

Ferri, plastiche e carta vengono venduti sul mercato. La metà del Cdr prodotto e compattato in «brichette» simili a corti bastoncini è ceduto all’Enel che lo brucia al posto del carbone per fare energia. Tutto ciò che può essere usato allo scopo diventa «compost» per fecondare i terreni troppo sfruttati e in fase di desertificazione. E quel che resta, infine, viene bruciato.

Direte: oddio, vicino a Venezia! Esatto: in faccia a Venezia. Senza una protesta. Sotto il controllo dell’Arpav. Con un rapporto giornaliero sui fumi emessi. E sapete cosa salta fuori, a vedere i dati certificati dalle autorità sanitarie? Che un inceneritore di ultima generazione come quello veneziano, tra filtri e controfiltri, sta molto al di sotto dei limiti fissati, che sono da cinque a quindici volte pù rigidi rispetto a quelli delle centrali termoelettriche o dei cementifici. Ma c’è di pù. Fatti i conti, quel camino che smaltisce ciò che resta dei rifiuti di 300mila abitanti butta nell’aria ogni ora circa 60mila milligrammi di polveri. Pari a quanti ne escono, stando alle tabelle Ue, dai tubi di scappamento di quindici automobili di tipo Euro2. Per non dire di quelle pù vecchie, che inquinano infinitamente di pù. Direte: e se queste polveri fossero pù aggressive? Massì, esageriamo: ogni camino come quello di Marghera inquina come una cinquantina di auto Euro2. E sapete quante ce ne sono, in Campania, di auto così o pù vecchie e inquinanti? Oltre 2 milioni e 200mila. Pari a 44mila inceneritori come quello di Marghera.

Gian Antonio Stella
22 dicembre 2007

Pecoraro: «Abbiamo sconfitto quelli che volevano boicottare Kyoto e Bali»

BaliSi dice parzialmente soddisfato il ministro per l’Ambiente Pecoraro Scanio a conclusione della conferenza di Bali che ha visto gli Stati Uniti cedere dopo giorni di irremovibile ostruzione. Dopo un incontro durato pù del previsto il goverso americano ha accettato le condizioni post Kyoto anche se non si è riusciti a fissare gli obbiettivi già da ora. Insomma una mezza vittoria che speriamo posso concretizzarsi nella prossima occasione di incorntro di Copenaghen che si terrà nel 2009.

«Il termine del 2009 per i negoziati del post-Kyoto è una delle vittorie della Conferenza di Bali». Resta comunque il ramnmarico perché si poteva fare di pù. «È evidente che l’Italia avrebbe voluto che fossero indicati gli obiettivi di taglio delle emissioni di gas serra già adesso ma gli Stati Uniti si sono dimostrati irremovibili su questo punto. Continueremo la nostra azione perché si definiscano riduzioni del 25-40% al 2020».

Sono stati numerosi gli interventi politici e non seguiti agli accordi di bali, ci fa piacere segnalare quello del senatore Tommaso Sodano e quello del Wwf.

Sodano. È soddisfatto il presidente della commissione Ambiente del Senato Tommaso Sodano, il quale afferma che «è fondamentale che a Bali si sia arrivati a un accordo, a progettare la strada per un nuovo protocollo sulle emissioni di Co2 con la scadenza per iniziare non oltre l’aprile del 2008». «Siamo già in estremo ritardo e l’Italia in Europa lo è in modo particolare – ha spiegato il senatore di Rifondazione Comunista -. Voglio sperare che ora tutti i Paesi, compreso il nostro e certo compresi i grandi inquinatori, in particolare gli Usa, decidano di imboccare con convinzione questa strada».

Wwf. Leggermente polemico è l’intervento del Wwf, i cui portavoci affermano che l’accordo preso è un accordo «poco ambizioso». Per l’associazione «i governanti giunti a Bali avrebbero dovuto tagliare le emissioni dei paesi industrializzati del 25-40% al 2020, rispetto ai livelli del 1990». Nelle ultime «emozionanti ore dei 15 giorni cdi summit, la delegazione Usa, sotto una intensa pressione pubblica ha deciso di partecipare ai negoziati. Il prezzo della loro partecipazione è un accordo debole nella sostanza».

Staremo a vedere cosa accadrà nel 2009, tutto è ancora da decidere.

Piroliziamoci!

E’ stato elaborato un progetto, descritto nel file in PDF che ho allegato (Descrizione_processo_pirolitico), che propone la costruzione e la gestione di un sistema completo di smaltimento di CDR e di combustibili
alternativi compatibili sfruttando la Pirolisi. L’impianto risulta inoltre adatto al trattamento di rifiuti solidi organici in genere.

La pirolisi non è una tecnologia nuova ma è stata ripresa poichè ha molti vantaggi rispetto alla semplice combustione dei rifiuti solidi (CDR).

In pratica si tratta di portare a temperature di circa 500°C i rifiuti organici in assenza di ossigeno, i quali a tali temperature si decompongono in una frazione liquida e una gassosa (principalmente metano). Il vantaggio è che non esiste la produzione di Diossine e si abbatte nontevolmente la produzione di ceneri volatili contenenti metalli pesanti.

Vi invito a dare uno sguardo all’ allegato in pdf di una società, la www.eko-technology.com, che ovviamente magnifica l’impianto screditando la combustione diretta del rifiuto! resta però un fondo di verità che non va sottovalutato! leggete e fatemi sapere il vostro parere!