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Articoli e Posts del blog di InAmbienTe – Il portale degli studenti di ingegneria.

L'albero dell'energia: la produce dalla terra e dal sole con basso impatto ambientale ed elevato rendimento.

Schema geotermico albero dell'energiaNon è nostra consuetudine fare pubblicità ad un marchio, anche se molto noto, ma la notizia che abbiamo letto sul sito ufficiale della Beghelli riguardante l’albero dell’energia ci ha colpito positivamente. L’idea che l’innovativa azienda Bolognese ha messo a punto è un sistema ibrido fotovoltaico-geotermico.

In pratica, il nostro impianto è un vero albero, con tanto di radici “geotermiche” e rami “fotovoltaici” che permettono di catturare prima l’energia del suolo e poi l’energia del sole. Le sonde verticali che parnono dal tronco e che arrivano nel sottosuolo insieme alle sonde dell’impianto fotovoltaico vengono collegate all’edificio, ttramite una pompa di calore si ha la possibilità di riscaldare o di raffreddare gli ambienti.

Come si vede dalla figura a sinistra, con la componente geotermica si punta a raggiungere profondità dell’ordine dei 100m dove si ha una temperatura costante (estate-inverso) di 13 °C. Inoltre, i pannelli fotovoltaici hanno un sistema di micromovimentazione che seguono il movimento del sole il che permette di recuperare energia sempre con il massimo del rendimento.

La struttura dell’albero è in legno ad elevata restistenza che permette una perfetta integrazione in un giardino o, comunque, in un ambiente naturale. Inoltre, se installato, permette di accedere ad agevolazioni economiche previste dalla finanziaria.

"Dai fondi di caffè ricaviamo energia ed antiossidanti". A dirlo (e a farlo) sono Roberto Lavecchia e Antonio Zuorro del Dipartimento di Ingegneria Chimica della Sapienza.

Quando un dipartimento di chimica universitario mette a punto un procedimento utile e funzionale non possiamo che essere felici. E mai come questa volta lo siamo visto che a farlo è stata una coppia di ricercatori italiani che operano in una univerità italiana.

Fondi di caffè - Foto FlickrRoberto Lavecchia e Antonio Zuorro, fanno i ricercatori alla Sapienza di Roma, svolgono la loro attività di ricerca al dipartimento di Ingegneria Chimica ed hanno trovato un modo di rendere utile i fondi di caffè. In pratica, tramite un procedimento semplice ma innovativo, riescono ad estrarre dai residui del caffè, un potente antiossidante. Quello che fanno è molto semplice: da una miscela di acqua ed etanolo (alcool presente nel vino ed in altre bevande naturali) riescono ad assorbire i polifenoli presenti nei fondi del caffè.

I polifenoli sono sostanze naturali con spiccate caratteristiche antiossidanti (molto pù alta di numerose sostanze sintetiche), molto utilizzati nella cosmetica (antinvecchiamento) e nelle diete alimentari. Il processo prevede anche il recupero sia dell’acqua che dell’etanolo che vengono poi ricircolati all’interno del procedimento in modo da ridurre al minimo i consumi e gli scarti da smaltire. Quello che resta, un residuo solido può essere utilizzato come letto adsorbente per la rimozione di metalli pensati dall’acqua come Cadmio, Mercurio, Cromo, ecc. Oppure, avendo un potere calorifico molto elevato (superiore anche al legno), può essere facilemente trasformato in pellets o bricchette per alimentare stufe, caldaie o caminetti.

Insomma, un procedimento che prevede l’utilizzazione di sostanze naturali quali acqua ed etanolo per etrarre ancora una sostanza naturale, i polifenoli, e per fornire un utile supporto alla rimozione di sostanze pericolose come i metalli pesanti o, in alternativa, per fornire un ottimo combustibile per il riscaldamento urbano. Oserei dire un processo autosostenibile, non trovate?

Mentre oggi festeggiamo il "casatiello day", ieri si celebrava la giornata mondiale dell'acqua. Ecco le impressioni.

Acqua. Foto by FlickrIl 40% deella popolazione mondiale è soggetta a rischi sanitari, un miliardo di persone non ha accesso all’acqua potabile e circa 30 paesi nelmondo fronteggiano una carenza delle risorse idriche. Queste le prime cifre fornite dalla giornata mondiale dell’acqua celebrata ieri in tutto il mondo. Mentre oggi si festeggia la Pasqua, ieri si celebrava la risolsa naturale per eccelenza: l’acqua. Oltre ad una vera carenza natuale una delle principali cause di questi numeri ci interessa molto da vicino, si tratta di una reaale e problematica carenza strutturale.

Il problema sono le reti idriche, che sono capaci di sorecare anche l’ottanta percento dell’acqua potabile che viene erogata. Se si considera che il fabbisogno idrico mondiale è di 54,3 miliardi di metri cubi all’anno è facile immaginare i numeri dello spreco generato dal pessimo stato delle reti di distribuzione. Inoltre, a fronte di questo fabbisogno, le risorse annue vengono stimate intorno ai 53 miliardi di metri cubi I(circa un miliardo in meno del fabbisogno).

Oltre alle difficoltà di approviggionamento che spesso di troviamo ad affrontare si pone l’attenzione anche sulla assoluta mancanza di servizi igienici per la maggiorparte delle popolazioni del sud del mondo. “Basterebbero piccoli accorgimenti per ridurre di molto i contagi di malattie come la dissenteria” ha affermato  Margaret Chan, direttore dell’Oms. ”Scarsi servizi igienici – si legge nel messaggio del segretario generale dell’Onu, Ban Ki Moon – combinati con l’assenza di acqua potabile sicura e igiene inadeguata contribuiscono alle terribili perdite di vite umane”.

Riportiamo un piccolo riassunto dei consumi idrici italiani (fonte ansa.)

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    • CONSUMI: Il consumo d’acqua nelle abitazioni e nelle città, spiega il Dossier Acque Wwf del 2007, incide soltanto per il 10% sul totale. In Italia all’agricoltura viene attribuito un 46% dei consumi, alle industrie manifatturiere il 17%, alla produzione idroelettrica il 19% e per le forniture pubbliche il 18%. L’innevamento toglie 90 milioni di metri cubi d’acqua l’anno;
    • SPRECHI: in alcuni Ambiti Territoriali Ottimali (ATO), riferisce il dossier Wwf, le perdite sono superiori al 55% (una perdita fisiologica è intorno ai 7-15%), con il caso limite dell’ATO di Avezzano in Abruzzo dove le perdite ufficiali sono pari al 77% dell’acqua immessa nelle reti;
    • I RECORD IN ITALIA: secondo il rapporto di Legambiente “Ecosistema urbano 2007” il 90% dei comuni consuma tra i 100 e i 250 litri per abitante al giorno, mentre cinque città consumano oltre 300 litri. Milano, con un consumo per abitante di circa 395 litri di acqua al giorno per abitante, registra il valore pù alto d’Italia; a seguire troviamo Lecce (354 litri), Ragusa (335 litri), Frosinone (312 litri) e Padova (308 litri).
    • ACQUA RUBATA: stime prudenti del Dossier Wwf indicano in circa 1,5 milioni di pozzi illegali, soprattutto nel centro sud. (ANSA).

 Vogliamo ora introdurre un concetto molto importante per la determinazione corretta del consumo di acqua a livello globale: l’Indice di Acqua Virtuale.

In pratica definisce il consumo di acqua al quale è soggetta la produzione di un determinato alimento. Il primo ad introdurre il concetto di acqua virtuale è stato è il professor John Anthony Allan dal King’s College dell’Università di Londra in Gran Bretagna consentendogli di vincere gli award del World Water Council.

Infatti, non basta considerare l’effettivo consumo di acqua che si ha per farsi la doccia oppure per bere, ma bisogna anche considerare quanta acqua è stata consumata per produrre la fettina di carne che mangiamo a pranzo. Per fare un esempio, l’indice di acqua virtuale del grano è 1000 perché mille sono i litri di acqua che si consumano per produrrne un chilogrammo. Per la carne i numeri sono molto pù alri, si stima infatti che per produrre un chilo di carne si consumi almeno 5000 litri di acqua (si arriva anche a 10000 litri). Come si nota, l’indice di acqua virtuale è uno strumento molto importante per determinare l’effettivo contributo di una popolazione al consumo di acqua.

Vi auguriamo una buona Pasqua.

EcoCamp, a Bari la (non) conferenza sui temi ambientali.

Comunicato stampa

EcoCampSabato 29 marzo, presso l’incubatore di impresa Believing Cube a Conversano, dalle 10:00 alle 17:00 si svolgerà ecoCamp,
EcoCamp è una (non) conferenza, un evento in cui il contenuto delle sessioni verrà deciso e proposto dai partecipanti il giorno stesso.
In ecoCamp si parlerà di tematiche legate all’ambiente, l’ecologia, lo sviluppo sostenibile e il consumo critico.
L’evento è stato proposto da Carmen Boscolo e da Julius D. Solaris, e prevede la partecipazione a numero chiuso di 100 persone. Per parteciparvi, basta iscriversi gratuitamente sul sito ufficiale.
L’icontro prevede varie sessioni di discussione che avranno luogo nelle diverse sale riunioni messe a disposizione dall’incubatore Believing.
I partecipanti promuoveranno e suggeriranno gli argomenti di discussione e parteciperanno attivamente alla creazione di un documento chiamato “ecoCamp@World”. Questo documento sarà poi disponibile (per partecipanti e non) sul sito ufficiale della manifestazione.
Chiunque potrà prendere la parola per proporre un argomento, discutere, essere d’accordo o dissentire tutto in uno spirito collaborativo e con la decisione di voler realizzare un progetto.
Tutte le informazioni necessarie le potete trovare in questo post riassuntivo del blog ecocamp news.
Noi ci saremo.. e tu?

Biùtiful Cauntri, finalmente sono riuscito a vederlo.

Stare seduto su una portrona, chiuso in una piccola sala di un piccolo cinema napoletano, al buio, mentre su uno schermo bianco a pochi metri da me scorrono le immagini della morte della mia terra è una strana senzazione. Strana perché senti nel tuo animo un brivido strano, come se a piangere non fossero i tuoi occhi ma la tua anima nascosta nel buio. La voce familiare di Raffele Del Giudice, che racconta le sue quotidiane avventure, mi porta alla mente i primi ricordi di questa emergenza, di questo tumore terreno. Mi fa ricordare quando da piccolo sentivo della discaria di Luca (Luca Avolio, abitava proprio difronte casa mia), la cosiddetta “Al.Ma. Ecologia”. sentivo le voci del popolo che parlavano dei loschi affari che si facevano in quella cava. Mia zia, che vive a Villaricca 2 (una frazione di Villaricca), ci abitava proprio accanto. Quando andavamo a casa sua, il soffitto era cosparso di mosche e la puzza si impregnava nei capelli. Dovevamo farci il bagno eppena tornavamo a casa.

Ricordo anche la vicenda di Tamburino e dei suoi bidoni, guardacaso proprio ritrovati a pochi metri dalla discarica di Villaricca 2. Sono cresciuto con le strade piene di sacchetti, piene di rifiuti che la gente del posto sentiva autorizzata a buttare per terra, come se niente fosse. Quando ho capito che chi butta un pezzo di carta in strada può essere multato, beh, mi sono meravigliato. In quel periodo ritornavo a casa con le tasche piene di carta straccia, il pacchetto di sigarette accartocciato (ahimè, fumavo), il fazzoletto di carta usato, ecc. Avevo le tasche piene perché per strada non c’erano i cestini. Mancava tutto, anche la coscienza di segnalare il disservizio, semplicemente perché il servizio non lo avevamo mai avuto.

Biutifùl Cauntri ci racconta così come eravamo, solo che con il tempo il malessere è cresciuto, si è amplificato: l’abbiamo compreso. Ora è lecito ed è sacrosanto farlo comprendere al mondo intero. Chi giudica questo capolavoro (perché lo è, credetemi!) affermando che fa “cattiva pubblicità alla Campania” vuole forse negare che la Campania sia effettivamente quella che si vede nel film? Spero proprio di no.

Oltre alla mia terra (il giuglianese), nel film si vede un’altra realtà incredibilemente malata: Acerra e le sue pecore. Massimo rispetto alle famiglie che vivono e lavorano nei campi, insieme ai propri figli e a quel che resta dei propri greggi. A quanto pare, delle migliaia di pecore della famiglia Cannavacciulo, ormai non ne sopravvive pù nessuna e con loro è stato incenerito anche l’unico strumento che ci permetteva di leggere lo stato di salute della nostra terra.

Due frasi mi piace raccogliere tra le centinaia che in Bùtiful Cauntri si sentono. La prima è di Raffaele, quando in riva al Lago Patria, osservando la bellezza della natura che ancora sopravvive dice, commosso e commuovendo: “questa è la mia terra, ragazzi. A parte tutto… questa è la mia terra”. La seconda la dice il capofamiglia dei pastori di Acerra: “Dopo che le avete soppresse tutte – si riferisce alle pecore – sopprimete anche la popolazione”.

Il film, magistralmente diretto, si chiude su una scena che ricordo fin da bambino: il volo dell’angelo di Giugliano. Per quanto possa essere definita una ricorrenza assurda, fa parte delle nostre tradizioni, proprio come la corsa dei tori è tradizione a Pamplona. La poesia recitata dalla bambina alla Madonna e le immagini di distruzione della nostra terra fanno commuovere dentro e fuori. Stiamo morendo, e tutto il mondo lo deve sapere.

Idrogeno dagli scarti alimentari. All'Environment Park di Torino entra in funzione l'unico impianto europeo che produce idrogeno dalla biomassa.

Noi mangiamo e loro producono H2, questa è la realtà che si vive a Torino. Unico in Europa, l’impianto dell’Enviromental Park della capitale piemontese permette la produzione del preziosissimo gas trasformando gli scarti di lavorazione di formaggio, latte, salumi e avanzi della cena. Il processo sfrutta la naturale e semplicissima fermentazione operata da batteria anaerobici che metabilizzando la sostanza organica presente negli scarti producono idrogeno che potrà essere utilizzato a piacimento. I batteri, autori di un così pregiato lavoro, provendono dai fanghi di depurazione del Consorzio Po Sangone.

Barbara La Licata, membro dello staff che ha realizzato l’impianto, afferma che “all’interno del reattore si avvia un processo di fermentazione al buio in condizioni anaerobiche, cioè in assenza di ossigeno, perché i microrganismi che producono idrogeno vivono in ambiente privo di ossigeno. Sono le condizioni ideali per la loro vita e moltiplicazione. Si cibano ad esempio di saccarosio o di biomasse che noi formiamo e fermentando producono idrogeno oltre a una serie di altri composti”.

L’obbiettivo dell’Enviromental Park ce lo spiega il presidente Bernardo Ruggieri. “Con questo sistema possiamo arrivare allo sfruttamento dell’ottanta per cento del potenziale energetico delle biomasse”.   

L’impianto è finanziato, in parte, dal Ministero della Ricerca Scrintifica ed è unico al mondo se si esclude una apparecchiatura simile in Giappone. E, considerando che le biomasse si trovano in ogni dove, quest’impianto potrebbe essere distribuito su tutto il territorio nazionale e mondiale. Si potrebbe così avere un duplice effetto positivo: contribuire al miglioramento del processi depurativi e produrre energia pulita.

“Siamo in grado di trattare qualsiasi tipo di biomassa, dal legno agli scarti alimentari e soprattutto – precisa Ruggeri – possiamo valorizzarla, producendo idrogeno, metano, bioalcool e biodiesel”.
Il futuro – ancora in là nel tempo – è quello di vedere accanto alle raffinerie di petrolio “gli impianti di biorefining – dice Ruggeri – cioè impianti in grado di ricavare energia pulita dalle biomasse”.

Per maggiori informazioni: envipark.

Migliorato dall’inglese Darren Crowdy il teorema di Schwarz-Christoffel. Potrà essere applicato a forme molto complesse.

Dopo circa 150 anni dalla formulazione del teorema di Schwarz-Christoffel, Darren Crowdy, dirigente del Dipartimento di Matematica Applicata all’Imperial College di Londra, è riuscito a trovare una soluzione che ne permette un uso più completo. L’oggetto del rompicapo risolto dal matematico inglese sono le mappe conformi, tema molto importante della geometria moderna. Di solito, le mappe conformi vengono utilizzati nell’ambito di ricerche che fanno riferimento a sistemi molto complessi i quali, grazie all’equazione di Schwarz-Christoffel, possono essere semplificati.

In pratica, il teorema permette di trasformare un sistema geometrico complesso in un altro meno complesso mappando la superficie originale in una isomorfica. In sostanza trasforma una superficie complessa in una circolare. Nulla di più utile ai ricercatori che hanno cioè la possibilità di studiare sistemi molto complessi riducendoli a sistemi relativamente semplici e comprensibili. L’utilità del teorema sta anche nel fatto che successivamente alle analisi analitiche (come verificare se vi sono punti singolari, zone a maggiore densità, punti con particolari proprietà matematiche) si possono poi riportare i risultati sulla figura originaria.

L’equazione di Schwarz-Christoffel fu elaborata dai due matematici Elwin Bruno Christoffel e Hermann Amandus Schwarz indipendentemente l’uno dall’altro nel 1860 e, da allora, è stata utilizzata da ingegneri e architetti per i calcoli di solidità e stabilità delle strutture edili. Finora però l’equazione non poteva essere applicata quando il progetto in questione prevedeva forme molto irregolari. Il nuovo teorema, riproposto dal matematico inglese, consente invece di superare questo limite e, quindi, di lavorare su una gamma più ampia di oggetti. Matematicamente parlando, le ipotesi sono state indebolite e dunque il teorema è applicabile a un maggior numero di forme. La soluzione sarà pubblicata su Mathematical Proceedings of the Cambridge Philosophical Society.

fonte: http://www.galileonet.it/

Gravia: quando la gravità fa luce. Un concentrato di design e tecnologia realizzato dallo statunitense Clay Moulton.

Gravia la lampada a gravità.Come al solito, purtroppo :-), le idee pù innovative e pù belle arrivano quandi si uniscono tecnologia ed architettura. Clay Moulton, a completamento di un Master in Scienza dell’Architettura, ha pensato bene di creare Gravia, una lampada che non solo fosse bella ma che fosse anche utile. Inoltre, proprio grazie a Gravia, il brillante Multon si è anche piazzato al secondo posto della Greener Gadget Design Competition di New York.

Per chi ama l’energia rinnovabile, Gravia è una lampada che sfrutta la sola forza di gravità. Niente corrente dalla rete elettrica, quindi, solo movimento trasformato in luce. Alta poco pù di un metro, è una colonna di Acrilico che utilizza 10 potenti LED i quali vengono attivati alla lenta caduta di una massa collegata ad un rotore. Garantisce quattro ore di luce per una potenza di 40W.

Secondo Moulton, Gravia garantirebbe luce per 200 anni, se utilizzata otto ore al giorno per tutto l’anno.

Per maggiori informazioni: Core77

Inquinamento da nitrati? Anche gli scarichi civili tra i colpevoli.

Uno studio messo a punto dall’Arpat ha messo in luce gli effetti che gli scarichi civili possono avere sull’inquinamento da nitrati. Una delle principali cause per questo spiacevole fenomeno è l’agricoltura, nello specifico la concimazione. Grazie ad un innovativo sistema di monitoraggio, messo a punto in Italia, è possibile approfondire le conoscenze in questo campo e cercare di migliorare i processi depurativi per limitare questi fenomeni di inquinamento.

Il sistema utilizza inizialmente si basava sulla tecnica Ipsoa (Indice di Pericolo da Nitrati di Origine Agricola) con la Vulnerabilità degli acquiferi realizzata con la metodologia SINTACS, metodo parametrico a punteggi e pesi. Dall’attività di monitoraggio, che ha visto il campionamento in numerosi pozzi della pianura costiera tra Castiglioncello e San Vincenzo (in Toscana), è risultato un fattore di rischio derivante dall’inquinamento da nitrati agricoli abbastanza altro. L’attività dell’Arpat non si è fermata al solo aspetto derivante dall’agricoltura ma ha messo a punto un sistema innovativo, l’Ipnoc che è la valutazione del pericolo da nitrati di origine civile. Il sistema prevede sia le perdite che si hanno nei condotti fognari che gli scarichi non allacciati alla rete. Per la realizzazione del metodo è stato fondamentale il contributo di ASA, che ha fornito in forma digitale tutti i dati sui sistemi fognari, permettendo così l’applicazione di un GIS e la valutazione del pericolo per unità areali di un ettaro.

Ipnoc tiene conto della vulnerabilità degli acquiferi e del fatto che le infiltrazioni fognarie non avvengono in superficie ma ad una profondità che va dal metro ai due metri. Questo aumenta considerevolemente la vulnerabilità degli acquiferi perché si perde l’effetto depurativo del suolo. Nonostante la dimostrazione che dove ci sono scarichi fognari non allacciati ci sia comunque un rischio elevato di inquinamento da nitrati, si ha che l’effetto agricolo è cinque volte quello civile.

per maggiori informazioni: http://www.arpat.toscana.it/news/2008/025-08-risidr.pdf

"Il Girone delle Polveri Sottili, Viaggio nel mondo delle Nanoparticelle tra inquinamento, patologie e interessi finanziari". Il nuovo libro di Stefano Montanari.

Lo abbiamo appena letto sul blog dell’autore, è uscito il suo primo volume sul tema che egli stesso è stato in grado di introdurre nelle nostre coscienze già qualche tempo fa. Citiamo testualmente:

Esce oggi il mio libro “Il Girone delle Polveri Sottili” edito da Macro.

Non ho idea di come lo si possa definire: un po’ la storia della scoperta, un po’ la divulgazione di ciò che la scoperta significa, un po’ i problemi che questa scoperta ha innescato a tutti i livelli, un po’ lo scoperchiare qualche pentola non propriamente appetitosa. Io non mi sono annoiato a scriverlo e spero che non si annoierà chi avrà la pazienza di leggerlo. Una cosa è certa: chi lo leggerà non mi tempesterà pù con le stesse dieci domande.

Stringato e serio nel definire la propria scoperta uno “scoperchiare qualche pentola non appetitosa”. Forse, il nostro Farmacista, ha fatto anche di pù, ha iniziato un percorso formativo ed informativo che ci sta portando verso nuove tecnologie. Tutto nasce da una scoperta e, così come per la questione diossina campana, il mondo accademico sembra ignorare questo importante segnale.

Il nostro corpo assorbe, dall’aria che respiriamo così come dai cibi che ingeriamo, diverse tipologie di elementi, minuscole polveri che, riconosciute come estranee dal corpo, provocano reazioni infiammatorie importanti, talvolta origine di gravi patologie.

Copertina del libero di Stefano Montanari 

Per maggiori informazioni: http://www.macrolibrarsi.it/libri/__il_girone_delle_polveri.php

Vita da astronauti nell'universo radioattivo. Dalla Federico II uno studio su come proteggersi dalle radiazioni.

Uno studio del Prof. Giancarlo Giannella, dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, dal titolo “Frammentazione di ioni pesanti in adroterapia e radioprotezione nello spazio”, introduce il concetto di radioprotezione a favore di chi è maggiormente esposto alle radiazioni del cosmo. Lo spunto ci viene da un bell’articolo appena letto su ricercaitaliana.it.

La principale sorgente della radiazione di alta energia sono i raggi cosmici galattici, ma importanti contributi provengono anche dal vento solare (Fonte: ESA) Nell’articolo si fa riferimento ai rischi connessi alle radiazioni solari, ai quali sono esposti gli astronauti e per i quali, solo ultimamente, si sta tendando di approcciare una qualche forma protettiva. Sembra assurdo ma gli astronauti, così come i calzolai o i meccanici, hanno anche loro la malattia “professionale”, si tratta della cataratta, dovuta alla sovraesposizione agli ioni pesanti di alta energia presenti nella radiazione cosmica galattica. Il problema non si pone tanto quando si è in missione in orbita terrestre bassa (iss) ma quando si è in missione interplanetaria (Luna, Marte, ecc.).

L’obbiettivo dello studio del Prof. Giancarlo Giannella, noto anche come “Prin” è quello di cercare del modelli per la simulazione della frammentazione nucleare. Anche la Nasa è interessata al progetto di ricerca napoletano. L’interesse, comunque, non è solo spaziale. Infatti, una delle principali applicazioni dei fasci con ioni accelerati, si ha anche in campo medico nella terapia del cancro o adroterapia. Con questa metodologia, gli ioni pesanti così pericolosi nello spazio vengono utilizzati per sterilizzare tumori con qualche vantaggio rispetto alla radioterapia tradizionale con elettroni e raggi X. I due campi di ricerca hanno molto in comune.

Per maggiori informazioni: “Frammentazione di ioni pesanti in adroterapia e radioprotezione nello spazio”

"L'aria che respiriamo non è né di destra né di sinistra", con queste parole inizia l'interessante dibattito promosso dall'IISE.

Si comincia con una breve introduzione richiamando un evento che quattro anni fa, proprio nel Palazzo Palumbo di Giugliano (sede del convegno e sede dell’iise), vide per la prima volta la presentazione di uno studio sugli effetti che i rifiuti hanno sulla salute umana. Quattro anni sono passati senza che ci sia stata chiarezza su questi aspetti. “L’aria che respiriamo non è né di destra né di sinistra” conclude il relatore prima di introdurre il video di Pino Faiello, il riferimento è alla classe politica che troppo spesso si tira indietro davanti a responsabilità oggettive e sacrosante.

Il video di Faiello è significativo ma non manifesta nulla di nuovo. Ci si ritrova, come sempre ultimamente, a vedere le immagini della nostra terra, le nostre discariche abbandonate, la nostra valle delle Piramidi. Fa effetto, comunque, ascoltare la voce dei contadini, delle persone che nascendo in quella terra hanno assaporato la natura e la fertilità di quei luoghi per poi viverne l’insensato annientamento. Si potano gli alberi a pochi metri dalle “balle”, si guardano le piante secche e non ci si crede. Come può una terra che era il polmone di Napoli, diventarela pattumiera d’Italia. “L’acqua di questa terra l’abbiamo sempre bevuta senza paura – urla un contadino con le mani consumate dalla fatica, ed aggiunge – questa che vedete è una vera bomba atomica”. Il video, pieno di effetti psichedelici e di luci contrastanti, viene accompagnato da strani suoni, una scelta del giovane regista che vuole sicuramente accompagnare l’assurdità ed il contrasto che vive la nostra terra in questa lunga odissea chiamata “emergenza rifiuti”.

Il primo a parlare (e l’unico che riusciamo a sentire, visti i tempi lunghissimi del convegno) è il colonnello Gianpiero Angeli, ex ufficiale dell’esercito e ora parte dell’assise di Palazzo Marigliano. Il suo non è un contributo tecnico, né tantomeno istituzionale. Angeli è semplicemente un cittadino che per questioni personali ha iniziato un percorso informativo che, grazie ad internet, l’ha portato ad essere uno dei maggiori esperti della nostra emergenza e dei suoi lati bui.

Si parte dall’attuale disposizione delle discariche sul nostro territorio e la prima cosa che ci balza alla vista è che la maggiorparte dei siti di conferimento dei rifiuti, abusivi e non, si trovano in corrispondenza delle zone agricole di Napoli e Caserta, mentra il salernitano viene lasciato quasi completamente libero. Come a voler sottolineare dei confini territoriali e lo stretto legame che c’è tra alcuni contadini e le attivita ecomafiose. Basti pensare che nel 2001, Napoli e Caserta erano già sature. Un’altro aspetto molto interessante è l’assenza assoluta di qualsiasi bonifica. L’opera dello stato e delle istituzioni direttamente interessate, quando le cose vanno bene, si ferma alla semplice messa in sicurezza. In pratica, si recinta la zone (alla men peggio) per poi lasciarla abbandonata a se stessa in attesa di chissà quale miracolo.

Segnaliamo che nella sala è presenta anche una giornalista di Bruxelles venuta per intervistare Raffaele Del Giudice e la signora Bruna Gambardella, una delle persone intossicate dalla diossina.

Uno dei mali maggiori di tutta questa vicenda, afferma il colonnello, è che ci sono persone che ancora oggi affermano che chi vive in questa terra, a contatto perenne con le discariche abusive, non ha nessun problema di salute. Non c’è nessuna correlazione tra la pessima e criminale gestione dei rifiuti e le malattie tumorali delle quali ci si ammala frequentemente. All’intervento del colonnello, si aggiunge anche quello dell’oncologo Marfella che reputa criminale la volotà di chiudere le bocche alle persone che vogliono denunciare la propria malattia. Come è criminale non dare eco a notizie molto significative, come la notizia che l’Asl Ce2 ha bloccato la produzione di latte perché contaminato, riportata in sole tre righe da Repubblica.

Si fa anche riferimento al caso emblematico delle pecore del signor Canavacciulo, che ha visto l’annientamento del proprio gregge. Migliaia di pecore abbattute perché inquinate dalla diossina è lo stesso allevatore è malato di tumore. Ormai di pecore non ce ne sono pù nella zona di Acerra, dove prima c’erano numerosi pascoli ora ci sono numerosi casi sospetti di tumore. “È strano – afferma il dott. Marfella – come sia possibile non raccogliere questo segnale”. E si, perché le pecore, essendo animali che oltre a mangiare l’erba mangiano anche una certa percentuale di terreno, sono i primi soggetti indicatori di quanto possa essere malsana la natura di quei pascoli. Ormai di pecore non ce ne sono pù e con esse è stato abbattuto anche uno dei maggiori strumenti di monitoraggio. “Ricompriamo le pecore agli allevatori – conclude Marfella – almeno così riusciremo a capire se la situazione peggiora o meno”.

L’analisi del colonnello Angeli, si conclude con i metalli pesanti e le PCB che, in seguito a misurazioni che ha fatto a sue spese, sono anche pù presenti delle diossine. Dalle analisi, risulta una presenza di PCB molto elevata nell’organismo di alcuni individui che vivono nelle zone interessante dal maggiore inquinamento. Pensate che la legge impone l’abbattimento degli animali che superano una valore di PCB di 1 microgrammo/kg, secondo questa logica, parte di quelle persone dovrebbe essere abbattuta.

In pratica, conclude il dott. Marfella, basterebbe fare le analisi ad un campione di almeno 200 individui e, considerando che queste analisi costano circa 1500 euro, servirebbero solo 300mila euro per dare un forte segnale alle persone che si ostinano a dire che nella nostra terra non si muore per i rifiuti.