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Articoli e Posts del blog di InAmbienTe – Il portale degli studenti di ingegneria.

Moduli abitativi di legno per le emergenze post catastrofe: confortevoli, facili da montare e riutilizzabili. Da Torino a Palermo la ricerca propone sistemi per la gestione delle emergenze.

Non vogliamo occuparci della catastrofe in modo retorico, come si sta facendo a pù riprese nei vai telegiornali o nelle varie trasmissioni televisive di inchiesta, vogliamo introdurre un interessante progetto di ricerca tutto italiano che potrebbe rendere pù agevole il ritorno alla normalità in situazioni del genere.

L’obbiettivo dei ricercatori del Diset (Dipartimento di Ingegneria dei Sistemi Edilizi e Territoriali di Torino) è quello di realizzare dei prototipi di abitazioni di emergenza da utilizzare proprio in seguito ai terremoti. In pratica si punta alla realizzazione di moduli abitativi di legno facili da trasportare e da installare e molto pù confortevoli delle tende. L’utilità di queste casette lignee è molteplice a partire dal miglior confort abitativo a finire ad una pù sostenibile risposta psicologica della popolazione. Oltre alla facilità del trasporto sarà semplice anche il montaggio, infatti i moduli verranno forniti di manuale di emergenza e cd-rom con immagini in 3D.

“Stiamo studiando sistemi costruttivi stratificati a secco, in una settimana si possono costruire moduli da 25 a 40 mq – dice il Professor Carlo Ostoreto, del DISET– il tutto partendo dal principio che per una comunità traumatizzata sia molto importante da un punto di vista psicologico essere subito coinvolta nel processo partecipativo di ricostruzione delle proprie abitazioni”.

L’unico deterrente nell’utilizzo di questi moduli abitativi è il prezzo, infatti una casetta di legno di questo tipo costa circa 20mila euro, molto di pù di una tenda ma di sicuro è una soluzione pù a lungo termine.

“Sei mesi è il tempo di permanenza ideale in un alloggio temporaneo ma sappiamo che per ricostruire una città ci vogliono tempi pù lunghi, a seconda anche di come è stata colpita l’area (nel caso dell’Abruzzo in modo molto grave) – ha spiegato Alberto Giacardi ricercatore del DISET alla redazion di wired italia – questa è un’abitazione ben diversa, soprattutto se si considera che i tempi di reazione ad una emergenza abitativa sono di 5-6 anni, e stare in una tenda può dinvetare un problema”.

“Di sicuro ha costi maggiori – ammette Giacardi – ma il vantaggio è che anche quando l’emergenza abitativa finisce può essere traformata in una nuova casa permanente, addossando ad esempio strutture murarie su questo stesso modulo, che può essere facilmente inglobato in sul territorio, oppore essere smontato in modo molto pratico”.

A Palermo, l’architetto Natale Salamone, sta sviluppando un sistema molto simile al modulo abitativo ligneo del Diset, ma con il vantaggio di essere smontabile e riutilizzabile fino a 100 volte. L’obbiettivo è sempre lo stesso: quello di rendere un maggior confort alle persone colpite dal terremoto.

“Teniamo conto anche della “sostenibilità psicologica” degli abitanti, dice Giacardi che ha sviluppato il CD rom multimedia per costruire queste abitazioni prefabbricate. Questo strumento, ci dice lui, potrebbe magari essere usato dalla protezione civile per migliorare l’organizzazione dell’emergenza abitativa. Si tratta in pratica di un software che si può far girare anche su un netbook (economico e facile da usare) per vedere modelli tridimensionali della soluzione abitativa che potrebbe essere pù consona (considerati nuclei fino a 12 persone) con tutti i dettagli in 3D su come montare il modulo.

“Lasciare le persone su una branda non è il modo migliore per aiutarli, – conclude Giacardi – la chiave per superare le situazioni di emergenza è creare spirito di gruppo e coinvolgere le persone attivamente nel processo di ricostruzione”.

Fonte: wired.it

La speranza del nuovo presidente che vuole riposizionare al suo posto la scienza. Sarà fatto?

Quando improvvisamente vieni spinto su di un nuovo binario, beh…, l’equilibrio è difficile da raggiungere, soprattutto se eventi imprevedibili condizionano il tuo locomotore. Ma, nonostante tutto, bisogna pure trovare il tempo per le vecchie e consilidate passioni… ed eccomi qua!

Mentre io provo a ripartire con questo mio bel sito, dall’altra parte del mondo, il primo presidente americano di colore comincia un’avventura che ha già cambiato ognuno di noi. Capisco che il parallelo è un po’ forzato ma va a pennello con l’argomento di questo nuovo post: l’economia, l’ambiente e le fonti rinnovabili.

Che i presidenti americani siano bravi oratori, su questo non ci piove (se solo i nostri politici avessero anche solo il 10% delle capacità di comunicazione dei politici americani, saremmo sicuramente un paese pù civile), ma quanto i discorsi servano a convincere la gente e basta, questo non ci è dato sapere. È facile e fa tendenza parlare di ambiente, di energie rinnovabili, di solate e di tutto quello che è buono e che fa bene alla collettività, ma il difficile è rendere reale ciò che la propaganda promette. Proprio su questi temi voglio sensibilizzare i miei cari amici e lettori.

«Ci servirà riposizionare la scienza al suo giusto posto, e dobbiamo chiedere alla tecnologica di lavorare per aumentare la qualità dell´assistenza sanitaria e abbassare i costi. Noi sfrutteremo il sole e il vento e il suolo per nutrire le nostre macchine e far funzionare le nostre fabbriche. E noi trasformeremo le nostre scuole e college e le università per soddisfare le esigenze di una nuova era. Tutto questo lo possiamo fare. E tutto questo lo faremo».

Queste le semplici parole di Obama, che se andiamo ad analizzare sarebbero da tatuare sulla schiena di ogni essere umano. Basta partire dalla prima proposizione: ci servirà riposizionare la scienza al suo giusto posto. Detta da un cittadino che vive nella patria della ricerca e dello sviluppo in ambito scientifico ci fa capire quanto il nostro paese, se non l’Europa intera, sia indietro. Sia chiaro, io non sono filo-americano, spesso il loro modo di fare non mi piace e non lo condivido, ma come nazione e come popolo c’è molto da imparare da loro. Mettere la scienza al giusto posto è cosa buona è giusta, basti pensare che si era pù legati alla scienza nel rinascimento o nell’illuminismo che oggi, ed è paradossale visto che l’unico obbiettivo sembra quello di avere il cellulare pù tecnologico invece che pù efficiente per noi e per l’ambiente.

Quello che Obama dice nella seconda proposizione, e cioè che dobbiamo chiedere alla tecnologica di lavorare per aumentare la qualità dell´assistenza sanitaria e abbassare i costi, forse ha dell’icredibile, almeno lo ha per me. Avere una visione così aperta dello sviluppo e non pensare alla tecnologia come sola espressione del progresso è davvero l’inizio di un nuovo percorso sociale. In pratica, vuole dire: tecnologia migliore uguale cittadini meglio assistiti. Lavorare per migliorare la vita e non per vendere pù cellulari o pocket-pc o chissà cos’altro.

Noi sfrutteremo il sole e il vento e il suolo per nutrire le nostre macchine e far funzionare le nostre fabbriche, questa, la terza proposizione, è forse la pù banale e la pù inflazionata ma è, senza dubbio, la formula futura della sopravvivenza. Sfruttare la natura per rendere naturale il processo evolutivo. Il sole è una fonte prorompente di energia e disperderlo è davvero stupido, così come il vento e le innumerevoli proprietà energetiche della terra. Catturare l’energia che invece andrebbe persa per convertirla in utilità e sviluppo è l’equazione cardine della società eco-sostenibile.

La quarta proposizione è quella che ho gradito di pù: noi trasformeremo le nostre scuole e college e le università per soddisfare le esigenze di una nuova era. Le nostre università stanno combattendo per la sopravvivenza, per restare a galla, le università pù antiche del mondo vivono l’agonia della distruzione mentre Obama si impegna a trasformale le sue in strumenti efficiente per la nuova era. Avere un sistema di istruzione efficiente e funzionale, che tenga conto di quanto il mondo e chi ci vive siano cambiati è l’unico modo per avere, domani, scienziati e cittadini pronti a vivere il presente. E credo proprio che da noi, questo, non lo hanno capito.

Tutto questo lo possiamo fare. E non è l’unico a pensarlo, perché sono convinto che anche da noi tutte queste semplici proposizioni possano essere messe in pratica con profitti molto superiori a quelli degli americani, ma, come sappiamo, siamo inadeguati al cambiamento, così come lo sono i nostri politici.

E tutto questo lo faremo. Questo è l’unico punto che mi preoccupa. Infatti, ritornando alla frase di apertura di questo mio post, saper orare è un conto ma mettere in pratica ciò che si è detto è tutt’altra cosa. Almeno la speranza e lo slancio delle belle parole ci sono ma c’è anche il dovere e l’impegno di rendere reale un sogno che può davvero cambiare il mondo. Lo sviluppo è, per definizione, crescita, e quando si cresce bisogna anche imparare nuove cose… beh… Obama ce ne ha insegnata qualcuna, ma ora bisogna imparare a… fare.

P.s. Ringrazio Edoardo per lo slancio che mi ha dato nel ripartire.

Il Premio Nobel per la Fisica snobba clamorosamente l'Italia. Cabibbo nemmeno menzionato.

La notizia lascia davvero l’amaro in bocca, e la ragione è molto semplice: il fisico italiano che ha dato origine alla ricerca che ha vinto il prestigioso premio non viene nemmeno mensionato dal comitato che ha assegnato il Nobel. A vincere è stata la Matrice Cabibbo-Kobayachi-Maskawa (Ckm), la cui prima formulazione, nel 1963, si deve allo scienziato italiano Nicola Cabibbo. Ad essere premiati, invece, sono stati solo i due prosecutori della ricerca, gli Giapponesi Makoto Kobayashi e Toshihide Maskawa.

Nicola CabibboGli effetti che la matrice sta avendo sulla fisica moderna sono molto importanti, questo perché descrive il modo in cui i mattoni della materia, i quark, si mescolano per andare a formare le particelle. In pratica la matrice Ckm è stata ed è ancora il riferimento per comprendere anche l’esistenza dell’asimmetria, ossia la cosiddetta violazione di simmetria Cp (la violazione di una simmetria quasi esatta delle leggi di natura sotto l’effetto dello scambio tra particelle e le corrispondenti antiparticelle). Grazie a queste ricerche è anche stato possibile studiare una delle quattro forze fondamentali della natura, l’interazione debole. Capire quest’ultima significa poter studiare un fenomeno importante come la reazione di fusione nucleare che avviene all’interno del Sole e delle altre stelle, o le reazioni che avvengono all’interno delle centrali nucleari.

La notizia ha sconcertato numerosi fisici italiani, tra i quali Roberto Petronzio, presidente dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn). “Sono lieto che il premio Nobel sia stato attribuito a questo settore della fisica che sta avendo sempre pù attenzione da tutto il mondo e dal quale ci aspettiamo fondamentali scoperte che aumenteranno la nostra comprensione sull’Universo – ha affermato Petronzio -. Tuttavia, non posso nascondere che questa particolare attribuzione mi riempie di amarezza: Kobayashi e Mascawa hanno come unico merito la generalizzazione, per altro semplice, di un’idea centrale la cui paternità è da attribuire al fisico italiano Nicola Cabibbo che, in modo autonomo e pionieristico, ha compreso il meccanismo del fenomeno del mescolamento dei quark, poi facilmente generalizzato dai due fisici premiati».

Affermazioni altrettanto forti arrivano da Giorgio Parisi, docente di Fisica Teoretica all’Università di Roma “La Sapienza”, il quale ha espressamente definito “un errore” l’assegnazione del Nobel ai due fisici giapponesi. “La cosa naturale – ha aggiunto – sarebbe stato darlo a Nambu per aver proposto la “carica di colore” nella cromodinamica quantistica e a Nicola Cabibbo perché il lavoro di Kobayashi e Maskawa è una generalizzazione abbastanza semplice dell’idea assolutamente nuova del 1963 di Cabibbo nella quale descriveva per la prima volta le forze nucleari che sono alla base delle interazioni deboli».

In prarica quella formula nasce da Cabibbo, successivamente, prima Iliopoulos, Glashow e Maiani e poi Kobayashi e Maskawa hanno aggiunto qualcosa, una formula, quindi, che ha visto molto edizioni ma che ha un padre indiscusso: Cabibbo. È davvero assurdo che ad essere premiato non sia stato il creatore ma solo due degli sviluppatori. Come ha aggiunto Parisi, “Il Nobel andava diviso anche con Cabibbo o, addirittura, andava assegnato solo a Cabibbo”.

E cosa dice il nostro geniale e gentile fisico? ufficialmente ha detto di non voler rilasciare dichiarazioni, ma le persone che lo conoscono dicono che è profondamente amareggiato, e come non esserlo! Già lo scorso anno, a pochi giorni dall’assegnazione del Nobel per la fisica 2007, circolavano con insistenza nell’ambiente scientifico fra Tokyo e Chicago voci che davano per sicuro il Nobel a Cabibbo, Kobayashi e Maskawa. Tutti, insomma, erano convinti non soltanto che le ricerche inaugurate da Cabibbo sarebbero state premiate, ma che il premio Nobel sarebbe stato condiviso dai tre ricercatori. È poi accaduto che il Nobel 2007 è stato assegnato a ricerche di tipo sperimentale e applicativo. Quest’anno sarebbe quindi stata la volta della fisica teorica. Il campo di ricerca premiato è quello atteso, a detta di molti manca però uno dei protagonisti.

Fonte: Corriere.it

Catturiamo l'anidride carbonica direttamente dall'aria, ora si può!

Facciamo rimbalzare un articolo segnalatoci nel forum da un nostro utente che vede un nuovo sistema per la lotta all’effetto serra: la cattura della CO2. L’impianto, per ora un prototipo, è stato progettato e realizzato nell’università di Calgary dal prof. David Keith, il suo funzionamento è semplice ed efficacie (almeno così sembra). L’aria, aspirata attraverso una turbina, viene bombardata da particelle di idrossido di sodio (NaOH) che cattura la CO2 permettendone lo smaltimento.  In pratica si utilizza un letto di NaOH o di Ca(OH)2 che cattura l’anidride formando composti tipo Na2CO3 che poi vengono rigenerati, in questo modo si recupera la CO<sub>2</sub> che può essere compressa in serbatoi e utilizzata in diversi modi.

L’impianto sembra interessante e, se la ricerca va a buon fine, permetterebbe la realizzazione di piccole torri cattura CO2 da installare sui tetti delle nostre abitazioni. Comuqnue, mi sorgono non pochi dubbi sull’utilizzo di un tale impianti, in primo luogo sull’effettiva capacità di rimozione dell’anidride dall’aria dove, sappiamo benissimo avere una concentrazione bassissima e, quindi, difficile da catturare; in secondo luogo mi chiedo quanto vantaggioso possa essere sottrarre una componente dall’aria in modo così diffuso (sui tetti delle case o, comunque, all’aperto). Come si fa a definire la giusta soglia di rimozione, il livello ottimale, vista la difficoltà di monitoraggio? Inoltre, e questo mi rende ancora pù perplesso, questo tipo di impianti potrebbe invogliare ancora di pù nel puntare sull’energia non rinnovabile di origine fossile e rallentare, quindi, lo sviluppo delle rinnovabili.

Insomma, a me non viene molto da cantare vittoria, e a voi? Per maggiori informazioni vi rimando alla pubblicazione disponibile on line.

Microparticelle e Nanoparticelle al centro della puntata di Superquark. Prezioso il lavoro degli studenti di Ingegneria di Napoli.

Frequentare un laboratorio di chimica e fare ricerca è un’esperienza bella, che consiglio a chiunque mi chiede della tesi e di cosa fare. È stato un piacere, quindi, vedere che nella puntata di Superquark del 28 Agosto scorso sia stato fatto un servizio proprio nel Laboratorio di Chimica della Facoltà di Ingegneria partenopea. Al centro del srvizio una ricerca del professor D’Anna sull’efficienza della combustione e sui lati nascosti relativi alle emissioni di micro e nano particelle.

Vi invito a dare un’occhiata al filmato (che trovate sul sito della Rai a questo indirizzo). La ricerca e le immegini del filmato sono molto interessanti e molto significative, visto il periodo incerto e di transizione che stiamo vivendo in Campania riguardante il dibatti sugli inceneritori e sugli effetti negativi della combustione. In pratica, dagli studi fatti dal Prof. D’Anna, tutto è funzione delle condizioni in cui si sviluppa il processo di combustione. Un esempio molto interessante è osservare il colore della fiamma che, quando ci si trova in condizioni ideali (quantità di ossigeno a sufficienza e combustione completa) è azzurro, quando invece ci si trova in carenza di ossigeno la fiamma si colore di arancione. Ciò sta ad indicare una cattiva rezione di combustione con formazione di particelle che vengono rilasciate nell’ambiente circostanze. Si pensi all’effetto negativo che si può avere all’interno di una cucina.

Nella seconda parte del servizio, ci si sposta al centro motori del c.n.r. sempre di Napoli.

Buona visione.

"Nessuno è in grado di aiutare davvero un altro se quest'ultimo non aiuta se stesso per primo". Le colpe della borghesia napoletana.

C’è un interessante e pungente articolo di Angelo Panebianco sul Corriere della Sera, dal titolo “Se la società civile scendesse in piazza”che mi ha fatto rifettere molto. Di seguito riporto alcuni interessasnti considerazione del giornalista che mettono l’accento su uno dei mali che ci affligge e che ha contribuito molto a determinare l’assurda situazione nella quale stiamo vivendo.

Da quindici anni, o quanti ne sono passati da quando dura il problema dei rifiuti, afflitta da quegli antichi difetti acutamente individuati da La Capria, la società civile napoletana, quell’ambiente borghese fatto di professionisti, professori, imprenditori, giornalisti, magistrati, è stato silente, e quindi complice, degli errori inanellati dalla classe politica. Quella società civile non può fingere di non avere responsabilità possedendo essa le risorse culturali ed economiche che avrebbero potuto metterla in grado di esercitare un’influenza positiva, se solo lo avesse voluto.

Come dare torto a Panebianco. E la cosa che maggiormente mi fa riflettere, e con la quale sono decisamente d’accordo, è quando si pone l’accento sulla volontà: “se solo avesse voluto”. Spesso si sentono sermoni ad opera di personalità di spicco e, in teoria, rispettabili ma raramente si nota una presa di posizione, uno schierarsi. Sembra sempre che non ci si sbilanci, forse perché anche la borghesia ha le mani sporche di munnezza e ciò impedisce a chi dovrebbe indignarsi di farlo apertamente: meglio una posizione neutra.

Panebianco conclude con una semplice ma condivisibile considerazione:

In quasi tutto il Sud, non solo a Napoli, è da sempre radicata l’idea che tocchi agli altri, al Nord ricco oppure allo Stato, «risarcire» il Sud, risolvere i problemi della società meridionale. Ma è una tragica illusione. Gli «altri», si tratti dello Stato o di qualunque altra entità, anche ammesso (e non concesso) che lo vogliano, non potrebbero comunque riuscirci. Nessuno è in grado di aiutare davvero un altro se quest’ultimo non aiuta se stesso per primo.

Quasi a voler dimostrare che la nostra ormai inarrestabile decandenza sia figlia unica di quell’assistenzialismo voluto fin dal dopo guerra, che ci ha reso subordinati inconsciamente alla forza sociale ed economica di un nord da sempre pù attivo e vivo di noi. Ci sentiamo figli prediletti dello stato decentrato verso le realtà vive ed industrializzate del nord e, quasi, pretendiamo di spartire la loro ricchezza e la loro civiltà come se fosse un nostro sacrosanto diritto.

Noi, in realtà, siamo una zavorra che sta trascinando l’Italia intera a fondo e, agli occhi attenti dell’Europa, siamo quanto di pù inefficiante si possa avere. Mi sento un abitante del terzo mondo… perché noi questo siamo: il terzo mondo dell’Europa.

Italia mia, morirai fuori dall'Europa.

Quanta frustrazione mi viene quando guardo l’Europa e poi rivedo l’Italia. Ma cosa siamo diventati? Cosa stiamo diventando? E soprattutto, dove vogliamo arrivare? L’evoluzione socio culturale del nostro paese ha dimostrato che evolversi non significa ncessariamente migliorarsi, anzi. Eravamo un popolo di mercanti, il primo nel mondo civilizzato ad aver compreso l’importanza del commercio e dell’organizzazione, ora sembriamo un popolo di pupazzetti, con una classe politica che ha totalmente dimenticato per chi dovrebbe governare.

L’europa cresce, o alomeno cerca di farlo con forza e volontà, migliorando e migliorandosi in ogni campo, dando una forte opportunità ai giovani di poter contribuire all’evoluzione positiva delle nazioni, in Italia un giovane deve superare una serie infinita di paletti, proprio come una corsa ad ostacoli che non ha regole e non ha un limite. Se ti vuoi laureare devi sottostare a regole accademiche figlie di un medioevo che ormai (e per fortuna) il mondo intero si è lasciato alle spalle. Non importa che capacità hai, non contano le tue idee né tantomeno la tua propositività, avrai una possibilità solo se conosci qualcuno. Esci dalle quattro mura dell’università carico di speranza ma poi ti scontri con il mondo del lavoro e comprendi che non potrai dimostrare quanto vali, dovrai abbassare la testa e fare come ti viene chiesto. L’industria italiana, soprattutto al sud, è spesso centralizzata: uno comanda (il capo) e il resto delle persone deve ubbidire, se hai intenzione di proporre un nuovo processo, magari una variante al prodotto ti scontri contro l’invidia e contro il mercato. Non si può fare innovazione quando per vendere sei costretto a risparmiare sull’acciaio!

Insomma, per non farla lunga, vi dimostro che stiamo davvero indietro e che rischiamo di morire fuori dall’Europa. Date una occhiata a questo servizio di Piero Angela, vi renderete conto che per crescere c’è una unica soluzione: andare via dall’Italia.

Napoli. Crolla un palazzo, le colpe di un'amministrazione distratta e disinteressata.

Una foto del crollo - AnsaApro il giornale e leggo di un crollo, purtroppo capita spesso, una bombola del gas tenuta male, un tentato suicidio, lavori di ristrutturazione gestiti male, ecc. Ma quando leggo le ragioni del crollo mi viene il sangue alla testa. Un palazzo pericolante fin dal 1980, anno cruciale per la storia partenopea, alcuni lavori di somma urgenza (giusto qualche puntellamento qua e là) e poi solo alcune ordinanze che, a detta dell’assessore all’edilizia, Felice Laudadio, ne proibivano la frequentazione, quando era dovere del comune provvedere all’abbattimento ed alla messa in sicurezza definitiva nel pù breve tempo possibile.

In realtà, quell’edificio era tutt’altro che disabitato, ogni notte, una squadra di operai dell’est rigorosamente in nero, si adoperavano per fare lavori di ristrutturazione con chissà quale criterio ed i responsabili comunali non ne sapevano nulla. Il comune non si è nemmeno meravigliato quando i vecchi dodici proprietari hanno ceduto le proprie quote ad un singolo individuo, pregiudicato e già ricercato. Insomma, miopia pura o addirittura totale incompetenza?

Sono grazie a Dio ieri pomeriggio non ci ha rimesso la pelle nessuno. Se fosse passato un pedone non avrebbe avuto scampo, inoltre, nel crollo è stato coinvolto anche il palazzo difronte e, per fortuna, non ha coinvolto nessuno degli occupanti. Per non parlare del basso della famiglia di filippini completamente sigillato, la fortuna ha voluto che non fossero in casa. Insomma, una serie di coincidenze miracolose che hanno evitato la tragedia ma che lasciano comunque un interrogativo inquietante: chi sono costoro che ci amministrano e che dovrebbero assicurarci sicurezza nelle nostre quattro mura?

Federico II Napoli: è scontro tra docenti e studenti sull'aumento delle tasse.

Ci è appena arrivata una email da parte di Marco Race (assingegneria) su un tema che sta creando non poche tensioni nel mondo universitario partenopeo. Per discutere e sensibilizzare i responsabili, lunedì 14 alle 9 è stato fissato un incontro davanti all’aula Pessina per protestare contro l’aumento delle tasse.

Di seguito il testo integrale della mail.

Scontro in ateneo tra studenti e docenti sull’aumento delle tasse. In senato accademico lunedì 14 luglio c’è la votazione su due proposte avanzate una dai docenti e i presidi, l’altra dai rappresentanti degli studenti in seno al consiglio di ateneo: non c’è ancora una mediazione!

Cari amici e colleghi di studio, quello che ci troviamo ad affrontare è un momento molto delicato per la storia universitaria della Federico II, è infatti in discussione il cambiamento del modello su cui si basa il pagamento delle tasse universitarie, che non sarà pù l’ICE ma l’ISEE. Questo significa che nel computo per la determinazione delle tasse non si terrà conto pù del netto (ICE) ma del lordo (ISEE) ed inoltre si terrà conto del possesso di beni immobili per un valore catastale superiore ai 51650 €.

La commissione di professori che si è occupata di questo tema ha proposto un modello per il passaggio della contribuzione basata sull’ICE a quella basata su ISEE che prevede l’aumento del 18% delle vecchie fasce ICE. Questa correzione del 18% esaminata da una commissione di studenti e dal consiglio di Ateneo è risultata non sufficiente a garantire che nel passaggio da ICE a ISEE non ci sarebbero stati cambiamenti di fasce. Pertanto il Consiglio di Ateneo, tra le varie proposte, ha votato favorevolmente all’unanimità la proposta dell’ASSI e della Confederazione degli Studenti di “lordizzare” almeno del 45% le vecchie fasce ICE.

Questo documento verrà discusso lunedì 14 Luglio2008 in Senato Accademico insieme alla proposta fatta dalla commissione di professori che è già stata bocciata dal Consiglio di Ateneo. Purtroppo in tale assise gli studenti sono in numero nettamente inferiore rispetto ai professori e la nostra proposta rischia di essere bocciata. Inoltre, dopo che il documento votato dal Consiglio degli studenti di Ateneo è stato ratificato dagli Organi Collegiali, il Rettore non ha richiesto alla commissione di studenti che si stava occupando della questione nessun confronto. Seppur consci dei tagli operati in finanziaria e delle difficoltà a cui tutte le Facoltà pubbliche italiane andranno incontro, riteniamo che un confronto aperto e sincero sia sempre il miglior modo per affrontare insieme (rettore, presidi, professori e studenti) i problemi.

Invitiamo pertanto tutti gli studenti che hanno a cuore il proprio futuro finanziario di venire lunedì 14 Luglio alle ore 9.00 davanti all’aula Pessina nella sede centrale dell’università alCorso Umberto prima che inizi il senato accademico, per sostenere le nostre, e le vostre, ragioni

ASSI-ASSOCIAZIONE STUDENTI DI INGEGNERIA
Per ulteriori info contattare: infoassi@email.it
indirizzo hotmail: assingegneria@hotmail.it
www.assingegneria.it

Zona Asi Giugliano-Qualiano. Impianti non utilizzati, rifiuti speciali e roghi continui.

ASI. Il termine ASI sta per Area di Sviluppo Industriale ed identifica le aree, messe a disposizione dai comuni, per consentire lo sviluppo di attività produttive in ambienti idonei e attrezzati. In sostanza, i piani regolatori delle zone ASI prevedono una serie di infrastrutture e di servizi che hanno lo scopo di agevolare l’installazione di industrie.

Risulta chiaro che questo tipo di insediamenti, numerosissimi in tutta Italia, hanno lo scopo di invogliare gli imprenditori ad investire. Si costruiscono le infrastrutture, le strade, gli impianti idraulici, l’impianto di depurazione, eventuali impianti in rete di vapore, ecc.

L’ASI di Giugliano-Qualiano. Per chi non lo sapesse anche nelle tormentate terre di Qualiano e Giugliano, salite alla ribalta per l’incessante emergenza rifiuti, esiste una zona ASI. Giusto per capire come è realizzata ci siamo fatti un giro attraverso l’insediamento produttivo e quello che abbiamo visto ha dell’incredibile.

L’impianto di depurazione. Uno dei maggiori servizi realizzati nella zona Asi di Giugliano-Qualiano è un modernissimo impianto di depurazione, entrato in funzione qualche anno fa e per soli sette giorni. La ragione? La popolazione si è lamentata degli odori molesti. Odori che, quando si avvia il ciclo di depurazione sono frequentissimi per la situazione non stazionaria delle vasche (soprattutto per i processi di sedimentazione), e che nel giro di qualche giorno si riducono notevolmente (fino ad annullarsi) previa la corretta gestione. Purtroppo chi gestiva l’impianto non ha ritenuto opportuno insistere nella tenuta del ciclo ed ha preferito chiudere le pompe ed i cancelli, magari pressati da interessi politici, e lasciare inattivo un impianto che potrebbe ridurre di molto l’inquinamento del litorale giuglianese.

Le foto. Giusto per dare un’idea dello stato in cui l’impianto è tenuto, vi mostriamo alcune foto scattate a ridosso della recizione.

Digestore anaerobico.

Impianto di Digestione Anaerobica.

Serbatoio Biogas

Serbatioio del Biogas.

Vasca di disinfezione.

Vasca di disinfezione.

Il lezzo. Per chi non lo sapesse, nella zona ASI si trova anche l’impianto di trattamento dei rifiuti di Giugliano, impianto che dovrebbe produrre CDR di ottima qualità che invece produce balle di rifiuti. Nella foto ve ne mostriamo alcune accatastate tranquillamente a due passi dalle aziende produttive che ne subiscono gli stomachevoli miasmi.

Balle CDR

Balle accatastate a Giugliano (Zona ASI).

Gli incessanti roghi. Quando si attraversano le strade della zona Asi non si può non rimanere colpiti dalla puzza e da uno strano prurito alla gola e non solo per la presenza del CDR e delle Balle, ma soprattutto per la pessima condizione nella quale si trova l’area tutta. In pratica, in ogni angolo ed in ogni piazzale sono presenti cumuli di rifiuti, molto spesso speciali, tossici e nocivi che vengono incendiati tranquillamente di giorno e senza nessun timore. In questo video vi mostriamo la fase finale di un rogo.

Insomma, quello che abbiamo trovato nella zona ASI ha davvero dell’incredibile. Impianti in disuso, strade piene di rifiuti speciali, roghi in ogni angolo. Per non parlare dei continui furti di fili elettrici della rete telefonica a servizio dell’insediamento che lasciano, almeno una volta al mese, le aziende isolate dal resto del mondo. Insomma, una situazione davvero insostenibile. Non è questo il modo di incentivare gli investimenti nella nostra terra.

Walter Ganapini, l'uomo che ha salvato Milano dai rifiuti ci prova con Napoli. Ma lo ascoltano? Io, intanto, sono sconcertato e confuso.

Prendo spunto da un post che ho appena letto su ingeambiente, per approfondire un tema molto importante: perché se le alternative ci sono, queste non vengono mai prese in considerazione?

Il filmato che vi propongo è di una intervista fatta da Matteo Incerti a Walter Ganapini, assessore all’ambiente della regione Campania. Prima di continuare nella vostra lettura, ascotate l’intervista e sconcertavi con abbondanza.

Chi è costui? Ganapini non è un semplice tecnico, è stato presidente di Greepeace e dell’Agenzia Nazionale per la Protezione dell’Ambiente. Laureato in chimica, già docente nelle Università di Venezia, Udine e Milano, è membro onorario del Comitato Scientifico dell’Agenzia Europea dell’Ambiente. Esponente di spicco dell’ambientalismo, è autore di diversi libri in materia: l’ultimo è “Ambiente made in Italy”. Se molti si chiedono come mai a Milano non hanno il nostro stesso problema, forse non sanno che proprio Ganapini, nel 1995, in qualità di Assessore all’Ambiente, dotò il capoluogo lombardo di un efficiente sistema di smaltimento dei rifiuti.

Prima domanda: perché fare commissario il medico Bertolaso, persona a mio parere rispettabilissima ma pur sempre non ferratissimo, e non l’esperto ed apprezzato scienziato Ganapini?

Le ragioni. In una intervista apparsa sul Manifesto il 6 Gennaio di quest’anno, Ganapini pone l’accento sulla pessima gestione dei rifiuti nazionale e fa riferimento agli ultimi tre governi, che avrebbero favorito i traffici illeciti della malavita prendendo decisioni al quanto discutibili: impregilo, che vince una assurda gara d’appalto; il commissariato che si ostina a stoccare i rifiuti su terreni privati i cui costi lievitano magicamente giusto pochi giorni prima di essere individuati; la progettazione e realizzazione di inceneritori con tecnologie obsolete e con tempi biblici; la realizzazione di piani per la raccolta differenziata mai fatti partire; ecc. Insomma, quanto di peggio si poteva fare.

Le soluzioni. Sempre nella stessa intervista, Ganapini prova anche a dare delle indicazioni per riuscire a risollevarsi. Una tra tutte, la possibilità di inviare tutte le ecoballe in Germania che ne ha assicurato lo stoccaggio definitivo nel proprio sottosuolo senza che ciò comprometti l’ambiente. cerca anche di proporre soluzioni per il futuro, riponendo le speranze sulla raccolta differenziata, da portare al 70%, sul compostaggio e sul recupero energetico senza l’utilizzazione degli inceneritori, piuttosto utilizzando cementifici o centrali elettriche. In pratica, invece di realizzare un impianto per bruciare rifiuti, si sfruttano impianti già esistenti, così si risparmia anche sul consumo di combustibili fossili che questi impianti utilizzano per produrre il calore necessario al loro funzionamento.

Seconda domanda: perché nessuno dei firmatari del decreto salva emergenza ha ritenuto opportuno ascoltare il parere di uno stimatissimo scienziato, che ha portato all’eccellenza la provincia di Milano?

Terza domanda: Veniamo al filmato, ma è mai possibile che deve arrivare uno da Reggio Emilia, per scoprire che in Campania esiste una discarica bella e pronta che se utilizzata avrebbe evitato questa emergenza? Che poi una discarica non è proprio così difficile da vedere. Per non parlare delle numerose apparecchiature, costate milioni di euro e mai utilizzate. Ma come si fa ad essere così superficiali e cosi ciecamente stupidi?

Concludo: ammetto di essere sconcertato e confuso. Dove si trova la verità? Chi dobbiamo seguire? Il governo, sovrano ed istituzionale ma profondamente deficiente su temi essenziali, o la gente onesta come Ganapini o i numerosi manifestanti attivi e propositivi, che cerca di porre rimedio a tanta incompetenza?

Vi segnalo anche quest’altro video, sempre realizzato dagli amici di Beppe Grillo di Napoli.