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Mezzo miliardo di persone vive alle pendici di vulcani attivi, la Campania è la regione europea più esposta al rischio vulcanico.

Fino a qualche anno fa, da casa mia riuscivo a vedere distintamente uno tra i vulcani pù affascinanti della terra: il Vesuvio. Con in tempo, haimé, visto il proliferare delle costruzioni che ci sono state nella zona tra Villaricca e Giugliano in Campania, un bel po’ di edifici mi impediscono di osservare questo nostro gigante buono. Ma quanta gente si trova proprio intorno al nostro amato vulcano? E in che rapporto siamo rispetto alle altre comunità che vivono alle pendici di questi mostri della natura? La risposta l’ho trovata sul sito Ricarca Italiana, portale della ricerca gestito e promosso dal Ministero dell’Università e della Ricerca.

La popolazione mondiale che vive alle pendici di vulcani attivi si aggira intorno al mezzo miliardo di persone, non male direi. Molti di questi si trovano proprio in Europa, ad esempio alle pendici del vulcano Soufriere in Francia oppure del vulcano Teide in Spagna o le 75.000 persone che vivono ai piedi del vulcano Sete Citades nelle isole Azzorre. Ma qual è la situazione italiana? Ci sono gli esempi dell’Etna, dove le numerose ed affascinanti eruzioni attirano molti turisti, e del vulcano Stromboli. Ma pochi di voi sapranno (io non lo sapevo, ma lo si poteva immaginare) che la regione europea pù esposta al pericolo derivato da una eruzione è quella del vesuviano, sia per l’elevata densità abitativi che si ha sia per l’elevata pericolosità del Vesuvio.

Per noi che lo vediamo tutti i giorni, per la gente che vede il Vesuvio come emblema della città e parte integrante del comune vivere partenopeo, immaginarlo come un pericolo o come un nemico è davvero difficile. Basati solo ricordare, però, che nel 79 d.C., una sua eruzione è stata capace di radere al suolo città come Pompei, Ercolano e Stabia, oggi densamente abitate. Non utlime le eruzioni del 1631, con le sue 4.000 vittime e quella del 1944 che ha, di fatto, tappato il suo cratere ma non ha certo annullato la sua attività. In pratica, oggi, il Vesuvio fa finta di essere morto, dorme di un sonno profondo ma non eterno.

Valutare scientificamente il rischio vulcanico in zone densamente popolate è sicuramente un impegno importante per i ricercatori, ma anche per le regioni e le nazioni interessate. Poter calcolare il rischio per la popolazione, prevedere in tempo le eruzioni, saper fronteggiare eventuali emergenze, è divenuta una priorità per tutelare la sicurezza dei cittadini e dell’ambiente circostante.

A questo fine, nove partner Europei, che includono Istituti di Ricerca, Università, Osservatori Vulcanologici e Imprese di cinque Paesi (Italia, Gran Bretagna, Spagna, Francia e Portogallo), hanno dato vita al Consorzio EXPLORIS, un progetto triennale finanziato dall’Unione Europea, che combina competenze di diverse discipline. Esperti di Geologia, Fisica, Matematica, Informatica, Ingegneria, Architettura, Medicina e Analisi del Rischio si sono riuniti in questo progetto, che rappresenta un’opportunità unica per accrescere le capacità Europee di valutazione del rischio vulcanico.
Per il Vesuvio – su cui è stata prodotta anche un’interessante simulazione tridimensionale dell’eruzione – gli studi di EXPLORIS porteranno, una volta conclusi, un progresso nello sviluppo di strumenti e metodologie per pianificare le emergenze e ridurre i rischi di catastrofi, agevolando così l’importante lavoro del Governo e della Protezione Civile Nazionale e Regionale. Ma a beneficiare di questi nuovi metodi e strumenti saranno anche gli altri Paesi del mondo in cui ci sono vulcani attivi. EXPLORIS mira quindi a rappresentare una piattaforma internazionale e multidisciplinare in grado di garantire supporto e consulenza alle decisioni che le autorità preposte devono prendere per una efficace pianificazione territoriale e gestione dell’emergenza.

Noi ci auguriamo che il progetto di ricerca possa davvero essere utile ai tanti cittadini che condividono le notti con il nostro gigante buono. Peccato, però, non averci pensato prima.